Cultura
Così il vostro denaro è un guodagno per tutti.
Le grandi banche si sono accorte come la solidarietà può essere occasione di business .
Con slogan del tipo “Conti perché non sei solo un conto”, oppure “Rivolgiti alla tua amica banca” o ancora “Se entro qui conto io”, le grandi banche mirano ormai con decisione a interloquire innanzi tutto con la “persona” prima ancora che con il risparmiatore, il correntista, l’investitore o altro.
Dare un volto più umano al denaro: sembra essere diventato questo l’obiettivo primario che si prefiggono i grandi istituti. Quasi puntassero a fare anche il “mestiere” delle banche minori, a base mutualistica, casse rurali, artigianali e simili per le quali un economista di vaglia come Marco Vitale pronosticava qualche settimana fa su “Vita” (n. 44) con la sua consueta franchezza un futuro davvero roseo: «Queste forme che molti credono superate vivranno un grande rilancio in quanto rese necessarie dall’assetto demenziale dei nuovi gruppi bancari. E saranno favorite dalle nuove tecnologie che renderanno sempre più superflue ed anzi dannose le grandi filiali, i marmi, i velluti, i pennacchi e tutto quanto fa felici i nostri banchieri al termine di una lunga giornata di lavoro durante la quale hanno cospirato contro l’umanità». Ma se anche i cosiddetti santuari della finanza cercano in qualche modo di andare incontro alle esigenze del cittadino “semplice”, gestiscono fondi socialmente responsabili, si ispirano agli ideali che hanno reso il mondo del credito cooperativo un polmone finanziario insostituibile (vedi, per esempio, l’esperienza dei conti correnti delle casse rurali trentine attivati un paio d’anni fa per sostenere progetti di cooperazione sociale), insomma, se per certi versi aspirano a “copiare” il lavoro che svolgono egregiamente realtà come per esempio la Banca popolare etica (43 miliardi di raccolta in 8 mesi, 26 miliardi erogati, 86 progetti di utilità sociale finanziati), allora sorge spontanea la domanda: dove si gioca oggi la scommessa dell’etica nella finanza? «Innanzi tutto non nelle quisquiglie come possono a volte rivelarsi alcuni conti definiti impropriamente etici», esordisce Giovanni Acquati, presidente di Mag 2 finance. «Oggi siamo ad una svolta per la finanza etica nel nostro Paese. Essa è un prodotto mirato, specifico per soggetti quali le associazioni, le organizzazioni di volontariato, gli enti non profit che altrimenti non avrebbero altro modo per approvvigionarsi finanziariamente. La parola chiave della finanza etica, dal mio punto di vista, risiede nella motivazione del risparmiatore che fa un uso mirato, consapevole, trasparente del proprio denaro. La scommessa dell’etica in campo finanziario, allora», prosegue Acquati, «sta nel mantenimento di una profonda coerenza con questo principio di partecipazione del risparmiatore. Guai se una simile coerenza dovesse venir meno. Il resto è solo operatività finanziaria».
Di diverso avviso, invece, è Felice Scalvini, amministratore delegato di Cosis S.p.A.: «Io darei un’interpretazione meno ideologica dell’aggettivo etico abbinato alla finanza. Secondo me la questione principale è un’altra: c’è un settore economico in crescita come quello delle imprese sociali che ha bisogno di strumenti finanziari appositi. Così come lo sviluppo dell’industria si è avvalso del sostegno dei vari crediti industriali o quello dell’agricoltura del credito agrario, allo stesso modo il mondo dell’impresa sociale ha bisogno di istituti finanziari “dedicati” che conoscano profondamente il Terzo settore. E ciò significa, per esempio, individuare forme inedite di garanzie da richiedere per erogare un prestito, come accaduto con l’Arci alla quale abbiamo accordato tempo fa un finanziamento di un miliardo e mezzo, peraltro già del tutto rientrato, chiedendo come garanzia una quota parte del tesseramento dei soci. L’Arci conta oltre un milione di soci e fino a quel momento nessuno aveva pensato che il tesseramento annuale potesse rivelarsi qualcosa di “bancabile”. O ancora», aggiunge Scalvini, «abbiamo finanziato con microcrediti di non più di 5 milioni a persona i soci di alcune cooperative sociali affinché partecipassero alla sottoscrizione dell’aumento di capitale delle loro cooperative, chiedendo come garanzia una modesta trattenuta mensile sulla busta paga. Col risultato che così facendo abbiamo coinvolto maggiormente i soci nell’attività della cooperativa, sono aumentate di valore le quote di capitale detenute, si è messa la cooperativa in condizione di essere più forte contrattualmente anche con le banche cosiddette tradizionali, il tutto prevedendo forme di restituzione del prestito assolutamente alla portata». Angelo Abbondio, presidente della società di gestione del risparmio Symphonia (2.400 miliardi di patrimonio gestito) dal suo canto si sofferma sulla valenza etica che può assumere una specifica destinazione dei profitti conseguiti attraverso un’attività decisamente profit come la sua: «Gli utili di Symphonia, la cui maggioranza del capitale è detenuta da un’organizzazione non profit, la Fondazione “Umano progresso”, va a finanziare progetti di solidarietà all’estero e in Italia. All’estero, opera in Brasile direttamente in collaborazione con l’Avsi per realizzare progetti a favore dell’infanzia. In Italia, invece, sostiene iniziative come il Banco alimentare, l’associazione San Martino, l’associazione “La strada”. Io credo che anche in ambiti professionali apparentemente orientati solo alla massimizzazione dei profitti stia maturando una forte consapevolezza dei significati etici del denaro». E in tema di fondi etici, conviene acquistare questi prodotti finanziari? «Sicuramente sì, per almeno una duplice ragione», risponde Laura Febbraro, responsabile del Sistema etico del Sanpaolo- Imi, «la prima, perché il risparmiatore ha consapevolezza di dove vanno a finire i propri soldi dato il rigoroso sistema di certificazione etica cui sottoponiamo le nostre scelte d’investimento. L’altra ragione è, come dimostrano i risultati, che le performance non hanno nulla da invidiare a quelle dei fondi tradizionali».
Esperienze e opinioni diverse dunque, e una comune convinzione: la scommessa dell’etica in campo finanziario sono in tanti, seppur a vario titolo, a volerla giocare. E di questo, il mondo della solidarietà, non può che esserne lieto.
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