Non profit
Così il sogno di Nemoè diventato realtà.In tempi da record
L'esperienza/2 Al via il centro per le malattie neuromuscolari
di Redazione

Le pareti sono blu cobalto e giallo sole. La linea di separazione è un’onda che corre lungo il corridoio. Ti aspetti di vederlo saltar fuori da un momento all’altro Nemo, il pesciolino dalla pinna atrofica del cartone animato. E invece no. Perché Nemo è un acrostico che fa il verso al pesce ma in realtà sta per NEuroMuscolar Omnicentre, centro multidisciplinare per le patologie neuromuscolari. Distrofie muscolari, sclerosi laterale amiotrofica, atrofie muscolari (come quella del pesce, appunto). Si tratta del primo centro clinico ad alta specializzazione sorto in Italia per queste malattie, ed è stato inaugurato il 30 novembre a Milano, presso l’ospedale Niguarda. Aprirà i battenti ai malati dal 1° gennaio 2008.
Venti posti letto più quattro in day hospital, tutti accreditati presso il sistema sanitario nazionale, un’utenza prevista di 500 pazienti l’anno (o “degenti malati”, come li chiamano qua), un primario nuovo di zecca, Massimo Corbo (il primo esperto d’Italia in malattie neuromuscolari a diventare primario nella sua specialità) coadiuvato dalla dottoressa Nadia Cellotto, aiuto corresponsabile, e dalla dottoressa Gabriella Rossi, psicologo. Un budget annuale di 1,8 milioni di euro. Il Centro clinico Nemo è nato dall’azione filantropica di una giovanissima fondazione meneghina, la Fondazione Serena. I suoi partner sono Fondazione Telethon, Uildm – Unione italiana lotta alla distrofia muscolare, Aisla – Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica e Azienda ospedaliera Niguarda.
Mario Melazzini, presidente di Aisla e direttore scientifico del centro, è entrato nel progetto in corsa, nel 2005. «Ho notato che c’era molta ricerca clinica sulla distrofia muscolare e poca sulla Sla. Eppure per entrambe le patologie c’è poco a livello di farmaci e moltissimo a livello di supporto tecnico. È stato così che ho incontrato Fontana. Ed è stato naturale unire le forze: una cosa rarissima tra le associazioni. Qui sarà tutto diverso perché il datore di lavoro è lo stesso malato: certo che perseguiremo il margine come elemento di efficacia, ma nessuno mai guarderà all’erogazione di servizi con le logiche della produzione». A livello di aiuto concreto, la fondazione ha già un’altra idea: ha presentato un progetto alla Regione Lombardia per farsi carico di individuare le circa 360 persone che hanno diritto ai comunicatori vocali (quelli per cui la Turco ha stanziato 10 milioni di euro, di cui 1,7 per la Lombardia). Si tratta di stabilire i criteri di priorità, individuare lo strumento più adatto per ciascuna persona, seguirle nel tempo, farsi garante della corretta ed equa distribuzione dei macchinari tra i malati.
Il logo del centro clinico è un cerchio con dentro un uomo stilizzato. Quel che viene in mente è l’uomo vitruviano di Leonardo, modello di perfezione. Alla faccia di quella gamba più corta, che a toccare la circonferenza non ci arriva.
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