Non profit

Così il non profit diventa globale

Julien Lob-Levyt guida un’associazione che riunisce Onu, ong e industrie private con un patrimonio di 3 mld di dollari. I governi di mezzo mondo fanno a gara per contenderselo. Ecco perché

di Riccardo Bagnato

Difficile chiamarle organizzazioni non governative. Qualcuno potrebbe provare con ?intra-sovra-para governative?, anche se loro si definiscono più semplicemente ?partnership fra pubblico e privato?. Sono le nuove forme di associazione come Gavi Alliance o il Global Fund. Un mix fra governi, organizzazioni internazionali e realtà filantropiche da cui nasce, come per incanto, un nuovo modello di non profit globale. Con tanti saluti al buon vecchio caro terzo settore. Le sigle della nuova frontiera si contano sulle dita di una mano. Ma contano, eccome se contano: budget che superano quelli di organizzazioni internazionali, Onu compresa, investimenti miliardari, operazioni su scala mondiale, efficienza ed efficacia tra i principali criteri di sviluppo e gestione. I committenti? Di certo non mancano. I governi di tutto il mondo le chiamano per risolvere problemi a cui da soli non riescono a far fronte. Come è successo recentemente in Cina, dove, grazie all?intervento della Gavi, sono stati vaccinati oltre 11 milioni di bambini contro l?epatite B. Ma chi sono davvero queste nuove realtà, capaci di cotanto successo, guardate con qualche sospetto dalle tradizionali ong e praticamente sconosciute all?opinione pubblica? Ne abbiamo parlato con Julian Lob-Levyt, segretario generale della Gavi Alliance: una vita spesa prima a Londra (a capo del dipartimento per la cooperazione internazionale), poi a New York (rappresentante del governo britannico presso il Global Fund contro la Tbc, l?Aids e la malaria, nonché consigliere presso l?Unaids), ma anche in molti paesi in via di sviluppo (consigliere della Commissione europea per la salute in Zimbabwe, così come per Oms in Cambogia). Oggi, a 49 anni, vive a Ginevra e guida un impero umanitario finanziato da oltre dieci governi, dalla Fondazione Bill & Melinda Gates, ma anche da Banca mondiale, Oms, ong, centri di ricerche, industrie di vaccini e Unicef. Vita: Sembra si siano riuniti i pesi massimi della solidarietà mondiale nella vostra organizzazione. Come è nata l?idea? Julian Lob-Levyt: Alla fine degli anni 90, durante un incontro organizzato dalla Fondazione Rockfeller presso il Centro studi e conferenze di Bellagio, c?è stato un primo momento di riflessione che ha portato al lancio di Gavi nel 2000 a Davos, in occasione dell?annuale incontro del World Economic Forum. Ci si è resi conto che i vari programmi di immunizzazione previsti dalle Nazioni Unite stavano perdendo il sostegno politico e finanziario. D?altra parte i costi in alcuni casi erano insostenibili, altre volte discriminatori. Chi si poteva permettere i vaccini li otteneva, gli altri no. Vita: Ed è così che la Fondazione Bill & Melinda Gates ha deciso di finanziare quasi il 50% dei budget della Gavi? Parliamo di un miliardo e 500 milioni su circa 3 miliardi e 300 milioni di dollari? Lob-Levyt: Sì, ma tenga conto che questo vale per gli anni passati: nei piani da qui a 5-10 anni il peso di contributi pubblici e di altri privati sarà maggiore. Vita: Oltre a una ricca dote, la fondazione più famosa al mondo ha portato con sé un approccio più manageriale nella gestione dei progetti, diverso dalle classiche non profit… Lob-Levyt: Fra i nostri criteri, oltre alla trasparenza, c?è infatti quello di misurare l?impatto di ogni dollaro che viene speso e quindi l?efficienza del progetto. Vita: Intende dire che le altre organizzazioni non profit non lo fanno? Lob-Levyt: No, ma il loro atteggiamento è quello per cui, «visto che facciamo qualcosa di buono, certe cose possono essere fatte in maniera meno attenta». Vita: Voi invece come fate? Lob-Levyt: Innanzitutto non sviluppiamo i progetti, sono gli stessi governi che ci presentano i loro e noi li finanziamo nella misura in cui ci appaiono efficaci. Ad esempio, in Cina è stato il governo locale a presentare il piano di immunizzazione a cui noi abbiamo in seguito concesso il credito. Vita: Quindi chi ha scelto di garantire il vaccino in una regione piuttosto che in un?altra è stato il governo cinese? Lob-Levyt: Sì, anche se in realtà il governo cinese ha collaborato attivamente con il board della Gavi in cui sono presenti anche organizzazioni come Unicef e Oms, proprio per evitare eventuali distorsioni. Vita: Come fate a verificare i risultati? Lob-Levyt: Abbiamo diversi metodi. Da una parte stiliamo i nostri report insieme a Unicef e Oms. Ma facciamo anche ?audit?, cioè test di controllo sul territorio. Infine, per incentivare il successo delle operazioni abbiamo previsto un ?reward?, un premio minimo di 20 dollari per ogni bambino che viene vaccinato. Vita: Ci spieghi meglio? Lob-Levyt: è chiaro che un migliore livello di salute permette un tenore di vita più elevato, ma è valido anche il contrario. In questo senso l?incentivo che diamo per ogni bambino vaccinato non solo aumenta la probabilità di riuscita del programma, ma aumenta il tenore di vita della popolazione e quindi concorre al miglioramento della salute pubblica. Vita: Quindi c?è bisogno di molti investimenti, cioè di molti più soldi di quanti non siano quelli necessari alla copertura dei costi. Qual è il tornaconto della Gavi e dei suoi membri? Penso alla Fondazione Bill & Melinda Gates, ma anche alle industrie che producono vaccini e che fanno parte della Gavi. Lob-Levyt: I nostri investimenti aprono possibilità di mercato che altrimenti non potrebbero essere esplorate dalle singole industrie. I programmi di immunizzazioni sono molto complessi e delicati, una singola industria non può sostenere i costi necessari per portarli avanti. I nostri interventi favoriscono di fatto la crescita di un?economia, a cui si associa una crescita del tenore di vita e quindi di salute. Piuttosto, la domanda che ci si deve porre è se questo tipo di progetti fanno aumentare o diminuire il prezzo dei vaccini. Vita: La risposta quale è? Lob-Levyt: Troppo presto per dirlo, ma dai primi dati direi che possiamo essere soddisfatti.


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