Welfare

Così ho creato la cucina “dentro”

«L’idea di fondo», afferma Pietro Parente, «è stata quella di creare occupazione all’interno del carcere, posti di lavoro veri»

di Redazione

Nome:Pietro Parente Età:36 Cooperativa:Ecosol Cooperatore dal:1994 Attività prevalente: Sono responsabile sviluppo delle coop B in Kairos e in Ecosol. Sono coordinatore dei progetti nel carcere ex Vallette di Torino Aspettative per il futuro:Ho sempre lavorato nel settore e continuerò Una cucina di idee e di speranze. È la mensa della casa circondariale Lorusso e Cotugno (ex Le Vallette) di Torino: 1.200 pasti al giorno, pranzo e cena, preparati da 12 detenuti (più 2 cuochi esterni) tutti regolarmente assunti e stipendiati da Ecosol, la cooperativa sociale di tipo B del consorzio Kairos che aderisce a Cgm. A dirigere le attività del progetto, partito un anno fa in via sperimentale anche in altre cinque carceri italiane, c?è Pietro Parente, 36 anni e dal 1994 nell?universo delle coop sociali, da quando entrò come educatore in Crescere Insieme. A lui spetta il coordinamento delle operazioni e della selezione dei dipendenti e, soprattutto, nelle vesti di responsabile sviluppo delle cooperative sociali di tipo B, l?incarico di sfornare nuove idee. «I contributi del welfare», spiega Parente, «si assottigliano ogni giorno di più. Le gare sono tutte al ribasso e le chance delle coop sociali si riducono al lumicino. Quindi non ci resta che ingegnarci e puntare al privato diventando, per utilizzare un termine caro al profit, sempre più competitivi». Non è stato facile inserirsi in un mondo così particolare come una prigione, fatto di gerarchie, di logiche interne in cui disuguaglianze e soprusi toccavano anche la gestione della mensa. Prima che arrivasse Ecosol, il servizio era scadente perché il privilegio di un posto in cucina andava ai più anziani e a chi contava di più. «L?idea di fondo», continua, «è stata quella di creare occupazione all?interno del carcere, posti di lavoro veri. Ossia dare vita a opportunità formative, esperienze dirette sul campo. Buona parte dei nostri dipendenti sono stranieri e non hanno mai avuto a che fare con il mondo del lavoro. E certo non è tempo perso. Grazie a queste attività le tensioni all?interno della prigioni diminuiscono a vista d?occhio». Il futuro è fuori. «E ora la mensa funziona», assicura Parente, «e garantisce ottimi piatti». Il che non è cosa da poco. Per chi ci lavora è un fatto di gratificazione e una progressiva acquisizione di competenze. «Un giorno, scontata la pena, il detenuto potrà continuare la sua attività con noi». Inoltre l?alimentazione è un elemento di estrema importanza per tutti i reclusi. Ora in pentola bollono diversi progetti. Come quello di occuparsi del catering o di mense al di fuori dal carcere. «Sarebbe un bel passo in avanti guadagnare un contratto sul mercato. Ci consentirebbe di crescere e di assumere più persone e di far crescere la loro autostima ». Il progetto della cucina si inserisce in una strategia più complessa: alle ex Vallette esiste anche una torrefazione equo solidale, Pausa Caffè, sempre nell?orbita di Kairos, che sta offrendo una visibilità diversa e positiva del microcosmo carcerario. Sfide.Il futuro della coop? «Le sfide sono tante. A cominciare da un confronto con risorse sempre più scarse. Per svilupparci occorre una maggiore capitalizzazione delle coop e anche maggiore specializzazione dei soci-lavoratori. Un tempo bastava una sorta di bassa manovalanza. Oggi per sopravvivere serve uno scatto in avanti». E poi aggiunge: «Così come servono strategie per mantenere vivo l?entusiasmo di chi lavora nelle coop sociali. Bisogna mettere in moto strategie di economia di scala come quelle sulla pensione integrativa già avviate da Cooperlavoro».


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