Volontariato
Così hanno affondato la mia Argentina
Buenos Aires: rapporto su un Paese allo sbando. Intervista esclusiva a Carlos Luis Custer, economista argentino
di Paolo Manzo
Buenos Aires, luglio
Paese delle contraddizioni per eccellenza quest?Argentina d?inizio millennio. Nettamente sulla vetta del mondo, quest?anno, per la produzione di grano pro capite, ma che vede, ogni giorno, oltre 40 figli suoi con meno di 5 anni morire. Di fame. Certo, in Africa i bambini denutriti che non sopravvivono sono molti, moltissimi di più. Ma non hanno a disposizione il granaio del mondo, quella Pampa húmeda che garantisce anche due raccolti l?anno. Né hanno l?abbondanza di bovini che qui, a differenza che nella vecchia Europa, scorrazzano liberi e indisturbati. Loro sì felici.
Un «Paese di pazzi», come scriveva tra il serio e il faceto quel grande argentino di Borges, il porteño che amava la sua Baires, la patria degli psicologi. E degli psichiatri, a detta sua. Ma nell?Argentina d?oggi si corre il rischio di perderla sul serio, la ragione.
Condizioni sopportabili…
«Gli Usa stanno spingendo molto perché s?impongano condizioni durissime all?Argentina e il segretario del Tesoro Usa, Paul O?Neill è stato chiaro in proposito: continueremo a tenerli stretti fino a condizioni sopportabili?». In un bar di Avenida Rivadavia, a un passo dal Congreso de la República dov?è stato per un paio d?anni anche deputato, esordisce così Carlos Luis Custer. Sorseggiando un Gancia con soda y hielo, cercando d?analizzare il fosco panorama del suo Paese. Custer è uno che capisce d?economia e di mondo, e che ha parecchie idee. E chiare. Una rarità da queste parti, in questi giorni.
Fuori fa freddo, è inverno, e l?aria del Sur ti penetra le ossa. «Adesso bisogna capire cosa intendano loro per condizioni sopportabili. Perché uno non si rende conto di cosa sia il Paese se resta qui. In centro. Io vivo a Quilmes, la patria della birra più famosa del Paese. Provi lei ad attraversare in auto le periferie di Buenos Aires. Se vuole l?accompagno. Ci passo tutte le sere».
Non posso, devo partire, rientrare in Italia, anche se con la morte nel cuore, perché io qui ci vivrei, gli dico. «Bene, allora le spiego. È un?enorme tragedia e, io che ho conosciuto parecchi Paesi di Africa e Asia, India compresa, posso dirle di conoscere miseria, povertà e marginalità. Ebbene, oggi la periferia di Buenos Aires non si differenzia per niente dal Burkina Faso. O da Bombay. È una tragedia reale, non virtuale. Ho reso l?idea?».
Vita: Sì, ha reso l?idea. La cosa ridicola è che lo stesso Fmi che adesso vede Buenos Aires come il fumo negli occhi, a fine 98 portò in trionfo Carlos Menem alla sua riunione di Washington. Per esporlo al mondo come l?alunno modello tra i politici dei Paesi ?emergenti?. E allora, se le vostre politiche erano le migliori sino a tre anni fa?
Aggrotta la fronte Carlos Custer, che è sì una persona importante da queste parti ma che, nonostante ciò, è stato costretto a mandare in Europa una figlia perché «da otto mesi qui non trovava uno straccio di lavoro».
Carlos Luis Custer: Con la cura dell?Fmi e del “buon alunno” Menem, all?Argentina è successo come alla mucca che, a forza di mungerla, morì. Ci hanno tolto più latte di quanto ne potessimo produrre. Certo. Adesso gli Stati Uniti ci sanzionano, le banche straniere chiudono e se ne vanno perché gli si è abbassata la produttività. Ma credo che i motivi di crisi e le eventuali formule per uscirne, siano legati a fattori esogeni assai rilevanti.
Vita: Cosa intende per fattore esogeno?
Custer: Lei ha visto cosa sta accadendo in Brasile con Lula? La sola eventualità che vinca le elezioni con il suo Pt, il Partito dei lavoratori, fa sì che Merryl Lynch e tutti gli istituti di rating facciano impennare il rischio Paese del Brasile, gli aumentino l?onere del debito, togliendo qualche +, pontifichino che i capitali dovrebbero andare sul mercato di Santiago, perché più sicuro di quello paulista…
Vita: Quindi la finanza come strumento per fare pressioni politiche?
Custer: Guardi, George Soros lo ha descritto molto bene qualche giorno fa. Gli hanno chiesto del Brasile e del ?pericolo-Lula?. Serafico, lui, ha risposto così: Io non ho problemi, perché in Brasile non votano i brasiliani. Chi vota sul serio sono gli statunitensi. A seguire una marea di polemiche, ma George ha solo detto la verità, e gli Usa già lo stanno facendo oggi, a quattro mesi dalle elezioni. Destabilizzando con la finanza il Paese del samba.
Vita: È questo contesto internazionale avverso che è difficile da affrontare, per Paesi come l?Argentina. Sono questi i fattori esogeni cui lei fa riferimento. Ma, in Argentina, oltre alla finanziarizzazione denunciata anche dal Papa, c?è qualcosa di molto grave, che pesa come una spada di Damocle: il debito estero. Vero señor Custer?
Custer: Adesso dobbiamo pagare nove miliardi di dollari Usa d?interesse sul debito. Ciò che noi stiamo mendicando al Fondo, in realtà è un?operazione contabile. A noi non resterà nulla. Li useremo tutti per pagare gli interessi passivi.
Vita: E il protezionismo commerciale?
Custer: Altro fattore che ci pregiudica. L?Argentina ha liberalizzato tutta la sua economia, con un?ingenuità straordinaria, ma gli Usa alzano barriere commerciali sempre più elevate. Pensi alle Bill Farms, che aumentano il protezionismo agricolo, o ai dazi per l?acciaio made in Usa.
Vita: E l?Unione Europea?
Custer: Fa suppergiù la stessa politica. Gliel?ho detto a Prodi a Vallombrosa: il 49% del bilancio comunitario è destinato al protezionismo di beni che Sudamerica e Terzo mondo potrebbero vendere alla Ue.
Vita: Con Bruxelles va davvero così male?
Custer: Il nostro obiettivo è una relazione un po? più paritaria, per questo stiamo negoziando, ma non è facile a causa della Pac, la Politica agricola comune.
Vita: Prodi che le ha detto quando gli ha posto davanti le sue istanze?
Custer: Che, per la Ue, il Mercosur, è una questione strategica. Però capisco che non sarà la priorità assoluta. La prima è l?ampliamento dell?Unione. Poi i vicini più prossimi, il Mediterraneo. Terzo punto, in ordine d?importanza, è l?Africa. Il Mercosur per la Ue appare solo al quarto posto sul piano strategico. Ma bisogna riconoscere che Bruxelles sta facendo molti sforzi e le negoziazioni vanno avanti.
Vita: Quali le prospettive per il Mercosur?
Custer: Nostro obiettivo è rafforzarlo, nonostante la crisi. E inserire come priorità le relazioni con l?Europa. Oggi in America Latina siamo nella stessa situazione di crisi istituzionale della Cee negli anni Sessanta. Gli Usa spingono per Alca, un?area di libero scambio assimilabile all?Efta, e usano il Cile come usarono in passato la Gran Bretagna, per bloccare l?integrazione.
Vita: Ci sarebbero due assi orizzontali da sviluppare: la Ue da un lato, nel sogno che un mondo multipolare sia più giusto e ragionevole di uno unipolare. Il Cile dall?altro, per lo sbocco sul Pacifico?
Custer: Già, se il Mercosur affermasse le sue relazioni con la Comunità andina e se si migliorasse il trattato con la Ue, lei capisce che potremmo negoziare con gli Usa in migliori condizioni. Ma gli Usa non vogliono che ciò accada. Washington pensa che il Mercosur pregiudichi la sua sicurezza. Continueremo a lottare ma è molto difficile. È di nuovo la politica di Kissinger: bloccare gli accordi regionali, impedire che ci siano unioni regionali, per poi negoziare, gli Usa da soli, con Brasile, Argentina, Cile. Isolandoli.
Vita: Perché così c?è una potenza dominante e una inferiore…
Custer: Esattamente. è una politica irresponsabile quella del governo repubblicano di George W. Bush.
Vita: Ma, oltre al contesto internazionale, l?Argentina ha molte debolezze interne. Ne vogliamo parlare?
Custer: Certo. Qui ci sono almeno tre grossi problemi endogeni che devono essere risolti con assoluta urgenza.
Vita: Quali?
Custer: In primis, il comportamento etico, sociale e culturale. È molto difficile capire il motivo per cui gli argentini hanno abbandonato certi codici. Bisognerebbe capire perché si sono persi quei legami di solidarietà, di responsabilità, che un tempo erano la forza di questo Paese.
Vita: Quindi una crisi di valori morali?
Custer: Sì, e di questo credo siano responsabili gli argentini. E nessun altro al di fuori degli argentini può risolvere questa crisi. Qui si deve fare uno sforzo collettivo per recuperare una scala di valori minimi – lo dice quasi urlando, per sottolineare il punto della questione – nella politica, nel pubblico impiego, nell?imprenditoria, nel settore commerciale, nella finanza, nella vita del sindacato. So che è uno sforzo molto difficile perché la domanda è: chi vigila affinché tutti i settori siano sottoposti a questa moralizzazione?
È sera, fa freddo e da fuori un rumore inconfondibile nell?Argentina del nuovo (sic) millennio: caserolazo di fronte al Congreso. Da Rivadavia si sente. Nitido. È la manifestazione di protesta numero 40, o giù di lì, nella zona, dopo un po? ci si fa l?abitudine.
Vita: E la seconda causa della crisi?
Custer: Il mondo politico, che ha divorziato dal sociale. Perciò s?è creata una struttura che con la società non ha più nulla a che vedere. Una classe politica ogni giorno più assente, che gira su se stessa, in funzione dei suoi interessi privati. Non c?è nessuna relazione tra mandatario e mandante. C?è bisogno di una grande riforma politica in Argentina.
Vita: Ma non ha colpe il modello economico neoliberale, che ha dominato per dieci anni con Menem e che è stato prolungato per altri due anni con l?Alianza?
Custer: Claro que si. È la terza causa interna della crisi, forse la principale. Un modello di concentrazione della ricchezza iniquo. Ma lei si rende conto che in Argentina i ricchi quest?anno sono aumentati del 6%, contro un calo del Pil nel primo trimestre 2002 del 16,3%?.
Vita: Un modello d?esportazione della ricchezza del Paese, se si tiene presente che la ricchezza degli argentini ricchi, fuori dal Paese, è pari al debito estero di Baires.
Custer: Ci sono tra i 115 e i 120 miliardi di dollari di miei compatrioti fuori dal Paese. E i settori strategici sono stati svenduti a stranieri. Maria Julia Alsogaray, che oggi è sotto processo, ha venduto Entel, la principale società energetica dell?Argentina, a cinque miliardi di dollari. Ma quell?impresa ne valeva 20. C?è gente che ha fatto fortune… siderali.
Mantenendosi la differenza come coima, la tangente. È furioso Carlos Luis Custer.
Custer: Tutti hanno fatto affari. Chi ha comperato a prezzo stracciato, e chi ha venduto in nome dello Stato, tenendosi commissioni enormi.
Per non interromperlo non gli svelo che l?Italia di ieri assomiglia, molto, all?Argentina di oggi. Si vede che sono ?figli nostri?, hanno gli stessi vizi.
Vita: Torniamo al modello neoliberista, per anni ricetta magica di Cavallo & co.
Custer: I dirigenti delle filiali delle imprese straniere dovevano aumentare la produttività. Non interessava lo sviluppo del Paese, né una distribuzione equa.
Vita: Ma l?Argentina non è stata negli anni recenti un Paese povero: tra il 1992 e il 1996, il Pil del Paese era cresciuto a un ritmo medio del 7% annuale…
Custer: Vero. Abbiamo avuto indici di crescita del Pil tra i più elevati al mondo. Però, nello stesso periodo, sono aumentate disoccupazione, povertà ed emarginazione. C?è stato un tasso d?espulsione dal lavoro d?interi settori della popolazione.
Vita: Ma com?è stato possibile?
Custer: Il 92% dell?economia locale dipendeva dal mercato interno. Usando come strumento la produttività neoliberista, la domanda interna è stata distrutta. Oggi ci sono 18 milioni di poveri su una popolazione di 35 milioni di abitanti e un tasso di disoccupazione, non ufficiale, che supera il 40%. Hanno ucciso la gallina dalle uova d?oro, distruggendo il mercato interno, hanno impiccato i consumatori.
Vita: Un?equazione facile: un mercato interno che traina l?economia e, tramite flessibilità del lavoro, ristrutturazioni, aggiustamenti e produttività selvaggia, si uccide l?origine della ricchezza.
Custer: Che era poi la capacità degli Argentini di consumare. E se a ciò aggiunge la concentrazione della ricchezza, il deflusso dei capitali e della produzione, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Credo che quello neoliberista sia un modello deleterio, corrotto nella forma, infame nei contenuti. Senza preoccupazione alcuna, non solo per una giustizia sociale, ma neanche per un qualsiasi progetto di sviluppo.
Vita: È arrabbiato oggi Carlos Custer?
Custer: Sì, perché il modello neoliberale non ha distrutto solo l?economia ma anche molti valori. Ha imposto una subcultura del successo, dell?avere tutto e subito senza sforzo, del si salvi chi può, della competitività. Tutti questi pseudovalori del neoliberismo ad oltranza, del capitalismo selvaggio, l?Argentina li ha vissuti. E, purtroppo, restano.
Chi è
Carlos Luis Custer è stato segretario generale della Confederazione mondiale del lavoro dal 1990 al 1996. Attualmente ricopre numerose cariche: è segretario esecutivo del Ministero per lo sviluppo sociale, vicepresidente della Fundación Promoción humana, membro del Foro consultivo economico-sociale del Mercosur, segretario delle relazioni internazionali dell?Associazione dei lavoratori dello Stato, nominato dal Papa membro del Consiglio pontificio Justitia et pax, esponente di spicco della Cta (importante sindacato argentino), fa anche parte dell?associazione internazionale per l?insegnamento delle dottrine sociali. Collabora con il Movimento cristiano lavoratori (MCL), attivo con un patronato che aiuta gli italo-argentini a Buenos Aires e provincia, il Sias.
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