Cultura

Così guarirò il Kosovo

Cinquantanove anni, "doctor French"ha la fama di combattente, ostinato negli ideali,e litigioso con i collaboratori.

di Gaela Bernini

Bernard Kouchner, nominato responsabile Onu per il Kosovo, ha fama di essere intransigente, impaziente e provocatorio. Insomma, una persona difficile, un uomo con cui è arduo lavorare. Ma allo stesso tempo Kouchner è noto per i suoi ideali forti e per il coraggio e la capacità di innovazione di cui ha già lasciato traccia nel panorama mondiale dell’intervento umanitario. Chissà quali di queste caratteristiche sono state determinanti nella scelta fatta da Kofi Annan, segretario generale dell’Onu, in qualità di proconsole civile per il nuovo protettorato. Annan cercava qualcuno con «buon senso politico, un leader e un manager, che fosse anche un buon negoziatore» e Kouchner è risultato essere il primo della lista. Così, dopo la nomina alle Nazioni Unite, il 7 luglio il presidente francese Jacques Chirac ha firmato il decreto che lo solleva dalle funzioni di ministro della Sanità.

Il suo motto: testimoniare e curare
Il passaggio dal mondo delle organizzazioni non governative e dell’intervento d’emergenza al governo francese fino alla recentissima responsabilità nella comunità internazionale è stato graduale ma anche ricco di colpi di scena che hanno riempito le colonne dei giornali d’oltralpe e non solo. Bernard Kouchner, medico di 59 anni, noto in tutto il mondo come doctor French, è un infaticabile combattente del diritto umanitario. Nasce come volontario di Croce Rossa ed è subito delegato del Comitato Internazionale in Biafra durante la guerra alla fine degli Anni ’60. Ciò che vede e vive gli fanno concludere che la Croce Rossa è un movimento incapace di offrire una risposta umanitaria adeguata ai bisogni, a causa del Principio di Neutralità di Croce Rossa che impedisce a qualsiasi suo membro di intervenire denunciando le condizioni di vita rilevate nella località assistita. Eppure è proprio questo principio che ha sempre permesso alla Croce Rossa di essere presente in Paesi con le più diverse realtà politiche, religiose o etniche. Ma al dottor Bernard, o doctor French come è stato soprannominato in questi giorni, questo principio non va, così abbandonata la Croce Rossa, nel 1971, insieme con altri medici francesi fonda l’organizzazione non governativa Médicins sans Frontières (Msf), che nasce enfatizzando il diritto (o come dice Kouchner “l’obbligo”) dell’ingerenza umanitaria, di testimonianza e denuncia quando la dignità umana si trova in pericolo. Il suo motto è testimoniare e curare (“temoigner et soigner”): tutto è lecito per evitare che un disastro umanitario imminente si manifesti. Spesso Kouchner si trova a citare la frase che Nelson Mandela gli disse una volta: «grazie per aver interferito in cose che non ti riguardavano». L’immagine che Msf sviluppa negli anni è di spericolatezza, rapidità di intervento e avventura. Tra le altre ong, l’organizzazione si guadagna spesso la nomea di opportunista, rompiscatole e anche inesperta.
Ma quando Msf comincia a soffrire di dissidi interni, la forte rivalità tra Msf Francia e Msf Belgio e scandali legati alla raccolta fondi poco trasparente, Kouchner la lascia e nel 1980 fonda Médicins du Monde, un’organizzazione non governativa simile a Msf ma meno avventuriera e sfrontata. Médicins du monde sembra essere molto legata alla Chiesa francese, in particolare per la raccolta fondi.
Passando da un’organizzazione umanitaria all’altra e grazie anche alla grande visibilità raggiunta per le denunce spesso urlate, Kouchner approda al governo francese prima come ministro agli Affari umanitari, all’inizio degli anni ’90, e poi come ministro alla Sanità con l’attuale governo Jospin. L’essere sempre stato un uomo che ha fatto parlare di sé, sia nel bene che nel male, gli ha giovato in tutti questi cambiamenti. Sebbene sia stato anche accusato di essere ossessionato dai media, resta comunque il più popolare uomo politico nel suo Paese. Forse a ciò ha anche contributo il suo matrimonio con Christine Ockrent, famosa editrice di riviste, e il suo phisique du rôle.

Con Sartre in Vietnam
Mediatico, ottimo comunicatore ed agitatore ha svolto campagne in tutto il mondo, alcune di queste sono passate alla storia come quella fatta con Jean Paul Sartre in Vietnam e quando, nel ’92, da ministro per gli Affari umanitari fece fotografare con un sacco di riso sulle spalle su una spiaggia somala. Le prime dichiarazione di Kouchner alla nomina Onu sono state di volontà di dialogo con tutte le forze presenti nel Kosovo ma con priorità immediata alla soddisfazione dei bisogni essenziali e di sicurezza, ritenendo quest’ultima il primo passo verso la riconciliazione. Ha già fatto scalpore la sua prima intervista in cui ha dichiarato che la sua prima iniziativa sarà una “Scuola di polizia”. Con il passare degli anni pare che la sua intolleranza si sia trasformata in paziente abilità politica, affinata anche dalla sua permanenza a Strasburgo come eurodeputato prima di assumere la carica di ministro della Sanità; ma gestire 3.000 poliziotti dell’Onu e tutte le agenzie umanitarie presenti sul campo non sarà compito facile neppure per un decisionista come il doctor French.

Parlerò con tutti, ma con Milosevic no

Atteso a Pristina in queste ore Bernard Kouchner, nelle interviste alla stampa francese, ha così delineato le linee del suo intervento: «La popolazione kosovara si aspetta dall’Onu un’autorità capace di regolare il lento ritorno alla vita. Per questo occorrerà reclutare e formare una polizia kosovara ed è questo un compito particolarmente difficile. Garantito un minimo di sicurezza, bisognerà poi ripristinare il sistema sanitario ed educativo, e un sistema di comunicazioni e di trasporto». A proposito della difficile convivenza tra la comunità serba e quella albanese Kouchner ha detto: «Kofi Annan mi ha nominato perché l’amministrazione non sia espressione di questa o quella etnia, ma sia per tutti gli abitanti del Kosovo. Certo, dopo secoli di tensione, dieci anni senza autonomia, tre mesi di guerra, la scoperta delle fosse comuni, non si può domandare che le tensioni spariscano per miracolo. Ma noi dobbiamo far sì di garantire la convivenza di diverse comunità». Sulle possibilità di dover intrattenere rapporti con Milosevic, Kouchner ha sfoderato la sua nota intransigenza: «Per ristabilire l’ordine nelle strade di Pristina, per far funzionare l’ospedale, non c’è bisogno di avere contatti con Milosevic. Se per ripristinare la distribuzione dell’elettricità dovrò aver rapporti con il governo serbo, lo farò, ma per aiutare i cittadini del Kosovo non per aiutare i suoi dirigenti».

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