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Così è possibile il cambiamento
E' consentito trasformare una società di capitali in un ente non lucrativo (di Salvo Pettinato e Antonio Cuonzo).
Volevo sapere quali sono i passi da fare per cambiare, passando da associazione a cooperativa sociale onlus. In particolare, tra le domande per le quali ho bisogno di risposte, mi chiedo se posso lasciare lo stesso nome. E poi, devo rifare da capo i conti bancari? Cambiare la partita Iva? Insomma, credo si capisca che non so come devo muovermi e soprattutto che passi devo fare per affrontare questo cambiamento.
Eleonora (email)
È sempre stato possibile, in quanto previsto dalla legge, trasformare una società di capitali, o di persone, in una forma giuridica differente, ma comunque interna all?ambito delle società.
Precedenti giurisprudenziali avevano con il tempo addirittura ammesso, premettendo l?esistenza di un vuoto normativo, anche la cosiddetta trasformazione eterogenea, cioè quella nella quale un soggetto societario si trasforma in un soggetto associativo, a patto però che fosse rispettata la logica di fondo che vuole la continuità dell?oggetto sociale (per esempio cfr Tribunale di Napoli, 11 febbraio 1998).
Ora, in seguito alla riforma societaria, la trasformazione eterogenea, ?da? e ?in? società di capitali, ha trovato spazio nel Codice civile e si appresta a diventare, oltre che uno strumento utile per l?evoluzione commerciale o non commerciale di un soggetto giuridico, anche la chiara soluzione ai problemi finora incontrati dagli operatori del Terzo settore in relazione ai casi di cosiddetta ?perdita della qualifica fiscale?.
Le norme contenute nel dlgs 17 gennaio 2003, n. 6, hanno di fatto aperto il Codice civile a tale nuova fattispecie inserendo due articoli, l?art. 2500-septies e l?art. 2500-octies, i quali disciplinano espressamente la trasformazione eterogenea.
I due articoli citati, infatti, consentono, e lo fanno a chiare lettere, di trasformare (e non più estinguere il soggetto originario dopo aver conferito a un nuovo soggetto il patrimonio dando luogo a una pseudo-trasformazione) sia una società di capitali in un ente non lucrativo quale un?associazione, una fondazione o una cooperativa, sia un?associazione, una fondazione o un consorzio in società di capitali, il tutto attraverso uno specifico procedimento di trasformazione regolamentata, la quale si differenzia dalla ?normale? trasformazione solo per aspetti inerenti le maggiori tutele necessarie (sono, infatti, richiesti specifici quorum deliberativi e il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata).
Fin qui tutto chiaro. Ma che succede se ci interessa trasformarci magari passando da un soggetto associativo a un altro soggetto non profit come una fondazione o una cooperativa sociale?
Succede che nulla è cambiato e che bisogna operare così come si è operato in passato, ricorrendo alla finzione per cui la trasformazione era compiuta attraverso la creazione di un nuovo soggetto e la devoluzione a esso del patrimonio detenuto dal soggetto originario il quale era destinato a scomparire.
Non di vera e propria trasformazione allora si parla ma di estinzione di un soggetto e della contestuale nascita di altro soggetto. Momenti che, in virtù di particolari regimi fiscali adottati dall?ente, potrebbero anche creare qualche perplessità operativa.
Per esempio, ci si chiede se un soggetto che abbia operato come cooperativa sociale possa in tal maniera trasformarsi in un soggetto, sia pure non profit e con lo stesso fine sociale, ma con minori vincoli al patrimonio associativo.
Ci sembra possibile ritenere che nulla in quel caso ostacolerebbe la pseudo-trasformazione se non i vincoli di mutualità cui le cooperative sociali devono sottostare.
Del pari pacifica ci sembra la pseudo-trasformazione che vedrebbe il passaggio da un soggetto associazione a un soggetto cooperativa sociale: quest?ultima sarebbe sicuramente una forma giuridica che comporta più limitati ?margini di manovra? e quindi tutelerebbe maggiormente la funzione sociale dell?ente.
Una cosa sembra chiara anche alla luce della riforma societaria e cioè l?importanza centrale che gli statuti continuano ad avere nella regolamentazione della vita degli enti non commerciali. Una semplice clausola statutaria potrebbe vietare, direttamente, qualsiasi trasformazione e, indirettamente, qualsiasi pseudo-trasformazione attraverso la regolamentazione di una destinazione specifica del patrimonio.
Salvo Pettinato
Antonio Cuonzo
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