Politica

Così è affondato sarkozy l’africano

Un anno fa il grande annuncio: un’Europa con un baricentro più a sud. Ma il no della Merkel e i dollari degli arabi hanno fatto naufragare il piano

di Joshua Massarenti

Sapeva che non sarebbe stato facile, ma mai avrebbe immaginato che la partita diventasse così difficile. Per Nicolas Sarkozy, l?Unione del Mediterraneo rischia di rimanere un sogno infranto. A poco più di un mese di distanza dal Summit che doveva sancirne la nascita ufficiale, la volontà del presidente francese di rilanciare un processo di Barcellona ormai moribondo si scontra da un lato con i timori di una Germania convinta che gli interessi geostrategici dell?Unione europea si giocano a Est e non a Sud di Bruxelles, dall?altro con le ambizioni più folli di un esercito di sceicchi del Golfo arabo orientati a fare del Maghreb il loro nuovo eldorado capitalistico.

Correva l?anno 2007. In piena campagna elettorale, l?allora candidato di centrodestra Nicolas Sarkozy annunciava la sua intenzione di fondare un?Unione mediterranea, un progetto chiamato a sconfiggere la povertà attraverso programmi di cooperazione tra le due rive del Mare Nostrum su settori strategici come l?acqua, l?energia, l?ambiente e i trasporti. Sotto l?influenza del suo superconsigliere, l?euroscettico Henri Guaino, Sarkò si convince che il nuovo partenariato tra i Paesi del bacino mediterraneo avrebbe consentito a Bruxelles di offrire alla Turchia una valida alternativa alla sua discussa adesione all?Ue. Il 20 dicembre 2007, questa volta in veste di presidente della Repubblica, Sarkozy lanciava assieme a Romano Prodi e José Luis Zapatero un appello in cui chiede ai capi di Stato dell?Unione europea e dei Paesi arabi (più Israele) di partecipare a un Summit da tenersi nel luglio 2008 durante la presidenza di turno francese dell?Ue. Purtroppo l?Eliseo non aveva fatto i conti con il peggiore rivale che gli potesse capitare: Berlino. Sotto l?impulso della cancelliere tedesca Angela Merkel, la diplomazia tedesca mette in moto a Bruxelles un?attività lobbistica devastante che incassa una prima, importante vittoria il 26 maggio scorso durante un incontro tra i ministri degli Esteri europei. Sotto lo sguardo sbalordito di Bernard Kouchner, Varsavia e Stoccolma annunciano la nascita di un ?nuovo partenariato orientale? dell?Ue che mette in scacco lo spirito della ?politica di vicinato europeo? (Pve). Nota per offrire ai Paesi orientali e meridionali dell?Ue gli stessi parametri di adesione allo spazio europeo, la Pve, rivolta a Paesi come l?Algeria, l?Armenia, la Bielorussia, l?Egitto, Israele, la Moldavia, il Marocco, l?Ucraina o i Territori palestinesi, rischia di rimanere intrappolata dal progetto polacco-svedese. Per il ministro degli Esteri, Radoslaw Sikorski, «in Polonia facciamo una chiara distinzione tra il fatto che a Sud abbiamo dei vicini dell?Europa, mentre a Est abbiamo dei vicini europei». Non a caso, l?attacco sferrato da Polonia e Svezia coincide con la decisione presa dagli Stati membri dell?Ue di riservare al Maghreb circa il 70% dei fondi Pve previsti tra il 2007 e il 2013, ovvero 12 miliardi di euro.

Una goccia se si pensa alla pioggia di petrodollari che sta per abbattersi sulle rive meridionali del Mediterraneo. In un dossier dal titolo inequivocabile – «Golfo. Opa sul Maghreb» – il settimanale panafricano Jeune Afrique rivela i progetti di investimenti faraonici che i Paesi del Golfo arabo stanno effettuando in Algeria, Marocco e Tunisia. Tra gli accordi già siglati e le buone intenzioni, si parla in tutto di oltre 160 miliardi di dollari di investimenti da qui al 2023: 50 miliardi per l?Algeria, altri per la Tunisia e 60 per il Marocco. Scrive Jeune Afrique: «I governi dei Paesi del Maghreb non esitano ad accogliere in pompa magna gli investitori che gestiscono la rendita petrolifera dei Paesi del Medioriente. Non passa una settimana senza l?annuncio di un investimento degli emirati, saudita o kuwaitiano».


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