Non profit
Così Arcobaleno continua a donare
Le polemiche sui ritardi non fermano i volontari e la loro opera umanitaria. Dei 900 container, 600 andranno nei Balcaniil resto in Turchia. E già i primi carichi sono giunti a destinazione
Giornalisti più pericolosi del caldo torrido che arroventa i container e ladruncoli liberi di girarci intorno. A creare confusione sulle banchine del porto di Bari sono più le conseguenze del finto scandalo sugli aiuti umanitari che i container rimasti al di qua del canale d?Otranto, dieci giorni dopo l?inizio dei lavori di smaltimento degli aiuti umanitari da parte di Protezione Civile, Missione Arcobaleno, Cesvi, Asvi e Intersos.
Possibile? «Sì, e purtroppo anche prevedibile», spiega Stefano Piziali del Cesvi, che da una settimana a Bari esamina il contenuto dei cassoni di aiuti umanitari e ne organizza la spedizione nei Balcani. «Ai primi accenni di scandalo, verso la fine di agosto, l?esercito che presidiava i container se l?è data a gambe lasciando il porto senza un controllo adeguato e non si trova più un esperto disposto a certificare il buono o cattivo stato della merce contenuta nei container. Ma a parte questi inconvenienti, il lavoro di smaltimento procede benissimo». Tutti i 900 container che una settimana fa si trovavano sparpagliati per il porto sono stati riuniti e divisi per genere. 300 casse d?acqua, materassi, taniche e carta partiranno presto per la Turchia e per i rimanenti 600 container le tre ong hanno fissato precisi criteri di esame e di invio nei Balcani. A cominciare dai Paesi che per primi beneficeranno degli aiuti: Kosovo e Montenegro, per cui il 15 settembre sono partiti sei semirimorchi, circa 15 container. «D?ora in avanti», spiega Nino Sergi di InterSos, «partiranno da 5 a 10 semirimorchi a settimana, ciascuno accompagnato da una distinta di carico indicante il numero di pacchi trasportati e la loro natura». Ferree, inoltre, le regole di esame e selezione del materiale: banditi acqua, latte, omogeneizzati e pappine in polvere per l?infanzia, alimenti conservati in contenitori non ermetici e tutti i beni che scadono nel 1999. E se il materiale igienico sanitario non presenta alcun rischio, tutti i pacchi alimentari vanno aperti, suddivisi per gruppo merceologico e inviati solo se non presentano alcuna traccia di umidità o deperimento. «Assolutamente vietato», precisa Piziali, «è inviare nei Balcani vestiti usati che non siano stati ?fumigati?. Ossia disinfettati una volta caricati sui camion».
A Bari, insomma, le ong non hanno lasciato niente al caso. «Dimostrando una professionalità nella gestione dell?emergenza umanitaria», commenta il presidente del Volontariato italiano per lo sviluppo Antonio Raimondi, «che ha permesso di fare della Missione Arcobaleno un vero ponte tra Italia e Balcani che dovrebbe finalmente convincere il governo a trattare la società civile come una forza importante del Sistema Paese». E soprattutto della sua parte che si occupa di proteggere i cittadini, hanno ribadito durante la Conferenza nazionale della protezione civile svoltasi il 12 settembre ad Assisi le Misericordie D?Italia. «Preoccupate», ha dichiarato Enrico Luchi, «che la trasformazione della Protezione civile in un?Agenzia dipendente dal ministero dell?Interno releghi il volontariato a un ruolo subalterno». A poco più di tre mesi dall?essenziale contributo dato dalla società civile in Kosovo.
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