Non profit
«Così andiamo a casa degli Hikikomori per aiutare loro e i genitori»
A Torino il progetto “Nove ¾” di Gruppo Abele supporta e sostiene i giovani hikikomori. Un educatore a domicilio aiuta i ragazzi a ritrovare la fiducia, e supporta i genitori che non trovavano risposta alla chiusura e all’isolamento dei loro figli. «Spesso il disagio si manifesta tra la terza media e il biennio delle superiori. Fondamentale lavorare con le scuole», spiega Milena Primavera, responsabile del servizio
Nel giugno del 2020, Gruppo Abele ha lanciato il progetto Nove ¾, rivolto ai cosiddetti hikikomori, termine giapponese che indica i ragazzi che trascorrono la giornata chiusi in casa tra smartphone e computer. Il progetto si è fatto finora carico di una cinquantina di giovani, fra ragazzi e ragazze le cui famiglie non trovavano risposta alla chiusura e all’isolamento dei loro figli.
Per loro si è attivato un affiancamento a domicilio, con la possibilità di frequentare un centro laboratoriale dedicato, dove si svolgono attività individuali o in piccolo gruppo con “maestri di mestiere” a partire dagli interessi espressi dai ragazzi. Ai genitori è offerto, in parallelo, un sostegno psicologico volto ad acquisire maggiori strumenti per gestire le difficoltà dei figli. Una prima sperimentazione, in rete con il sistema scolastico e i servizi socio-sanitari, per tentare di accompagnare i ragazzi isolati dal mondo a un diverso progetto di vita.
«Il progetto Nove ¾ – racconta Milena Primavera, responsabile del servizio– è nato nel giugno 2020 per offrire sostegno ai giovani in condizione di ritiro sociale dai 15 ai 25 anni di età; ha come obiettivo principale quello di creare alternative esperienziali reali, conciliate ed equilibrate con quelle virtuali, che possano indebolire i vissuti di vergogna, inadeguatezza e incapacità rafforzando la consapevolezza dei propri interessi e delle competenze possedute, per aumentare l’autostima e la fiducia in se stessi; e come ulteriori effetti anche quelli di un ritorno graduale alla socialità e di ripresa dello studio, ripensando gli obiettivi del proprio percorso di vita».
L’esordio tra la terza media e il biennio delle superiori
«La maggioranza dei giovani da noi supportati – spiega Primavera – ha avuto l’esordio della propria fuga dal mondo tra la fine della scuola secondaria di I grado e i primi anni del II grado; altri nel passaggio tra le scuole superiori e il mondo dell’università. 35 sono i ragazzi, mentre 14 le ragazze e 1 non binario. La metà di loro sono prossimi ai 18 anni, ma ci sono anche tre giovani adulti di 30 anni».
Tendenzialmente la richiesta di aiuto viene avanzata dai genitori. «Solitamente dal momento dell’abbandono scolastico in seguito alle numerose assenze da scuola», chiarisce l’esperta. «Alcune famiglie ci contattano dopo molti mesi di ritiro sociale per tentare un ulteriore intervento oltre a quelli del servizio pubblico o di privati, o dopo una prima attesa basata sulla speranza che la condizione di ritiro possa esaurirsi spontaneamente».
«L’esigenza primaria riportata è spesso quella di trovare una soluzione alle problematiche legate alle dipendenze da internet e da dispositivi», aggiunge Primavera. «Risulta piuttosto prioritario aiutare i genitori ad affrontare il problema da una prospettiva differente, sradicando la credenza che la causa del malessere del figlio sia riconducibile alla dipendenza da internet, mostrando loro quanto quel mondo fatto anche di relazioni online possa salvaguardare da un isolamento totale più pericoloso e quanto possa permettere di cimentarsi ancora in interessi, relazioni ed emozioni condivise virtualmente». Altre richieste di contatto arrivano dai Servizi Territoriali Socio-Sanitari con i quali risulta essenziale il lavoro in rete, mettendo in campo diverse professionalità, con l’intento di migliorare la qualità della vita dell’intero nucleo famigliare.
Cosa prevede il servizio Nove ¾
«A seguito della prima segnalazione e richiesta di aiuto da parte di famigliari o dei Servizi socio-sanitari, viene approfondita la conoscenza della situazione del ragazzo, della famiglia e del contesto ambientale in cui vivono attraverso colloqui periodici con i genitori per valutare insieme la fase delicata del primo avvicinamento relazionale», chiarisce Primavera. «L’avvicinamento dell’educatore al ragazzo avviene in contesto domiciliare e ha come finalità il creare una relazione di fiducia; quello dell’educativa domiciliare è l’intervento principale, più complesso, e richiede spesso molto tempo, anche in base alle caratteristiche del ritiro e al tipo di aggancio relazionale che si riesce ad instaurare, e talvolta si inizia da ancora più lontano, partendo da semplici contatti telefonici o via messaggistica».
Maestri d’arte per un fare condiviso
Dopo questa prima fase di conoscenza, qualora il ragazzo fosse disposto e interessato, il passo successivo riguarda un possibile accesso ad attività laboratoriali. «Vengono proposte delle attività individuali e/o in piccolo gruppo, quali ad esempio arte, cucina, giardinaggio e orticoltura, falegnameria, ciclofficina, musica, pet therapy, ippoterapia e uscite fuori porta, presso il Centro Nove 3/4 o in esterna, con conduzione da parte degli operatori o di consulenti esterni “maestri di mestiere”. I laboratori, basati sullo stare insieme attraverso il fare condiviso senza giudizio, sono pensati a partire degli interessi e dalle inclinazioni espresse dai ragazzi e hanno come scopo primario quello di favorire nuove esperienze e di riscoprire risorse e competenze; questa condivisione in ambiente protetto attiva, come effetto conseguente, anche la risperimentazione di sè nella socialità con i pari».
Anche lo spostamento dalla propria casa al Centro costituisce un obiettivo da raggiungere nel tempo. La progettualità individuale potrebbe non richiedere la partecipazione alle attività del Centro Laboratoriale ma avere finalità diverse in base alle necessità del singolo, quali ad esempio i soli obiettivi di reinserimento scolastico o lavorativo. «Il percorso di ciascuno deve avvenire in modo graduale, seguendo i tempi, le motivazioni e gli interessi del singolo ragazzo».
La collaborazione con le scuole
Il lavoro in rete con i Servizi pubblici e privati, quali la NPI, Servizi di psicologia e psichiatria, Servizi Sociali, Associazioni e Scuole presenti sul territorio di Torino e provincia è fondamentale per mantenere maggiormente saldi gli agganci con le famiglie. «Noi ci occupiamo di mantenere i contatti della rete di supporto o di crearne di nuovi per consentire un migliore sostegno sia al nucleo famigliare che al singolo ragazzo».
Le scuole, inoltre, hanno il compito nodale di permettere il conseguimento degli obiettivi di studio attraverso la stesura e la realizzazione di progetti personalizzati: «Il lavoro con loro ha la finalità di pianificare il reinserimento e il percorso scolastico che tenga conto della complessità della situazione di ritiro del ragazzo».
Un supporto anche per i genitori
«In qualunque situazione, sia che il ragazzo accetti di essere avvicinato sia che lo rifiuti, è determinante l’aggancio e la disponibilità dei genitori in un loro percorso di sostegno, con l’obiettivo di renderli consapevoli delle proprie modalità comportamentali e comunicative in modo da accrescere la comprensione di ciò che nel sistema famiglia può essere disfunzionale o attivatore di conflittualità e malessere». Per questo motivo, in parallelo al percorso dei ragazzi, il progetto prevede il sostegno alla genitorialità da parte degli psicologi del Servizio di Accoglienza del Gruppo Abele: «I genitori possono essere seguiti, per tutto il periodo necessario, individualmente, come coppia o come intero nucleo famigliare». Sono stati attivati anche dei percorsi individuali di sostegno psicologico per i ragazzi del progetto, quando non seguiti da altri servizi pubblici o privati.
Ogni percorso è individualizzato e può prevedere, qualora si ritenga necessario, e in accordo con i Servizi e la famiglia, un inserimento graduale di autonomia nella progettualità residenziale del Cohousing giovanile “Via delle Orfane 15” del Gruppo Abele, adiacente alla struttura del Centro Laboratoriale.
Le tre illustrazioni sono generate ad hoc con il programma di Intelligenza artificiale, DALL-E
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