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Così abbiamo messo in mare la nave della Chiesa per salvare i migranti

Dialogo con Mons. Gian Carlo Perego: «Per tre giorni la barca a vela Migrantes ha affiancato la nave “Mare Jonio” dell’associazione Mediterranea Saving Humans», dice il presidente di Fondazione Migrantes. «L’obiettivo di questo viaggio era conoscere e comprendere meglio ciò che avviene nel Mare Nostrum e come funzionano i soccorsi in mare. Troppa disinformazione caratterizza ancora l’azione dell’ong, che sono dei “samaritani in mare” come ha detto il Papa e non dei “criminali” come qualcuno afferma e scrive»

di Anna Spena

La barca a vela Migrantes è salpata dal porto di Trapani il 24 agosto e per tre giorni ha affiancato la nave “Mare Jonio” dell’Associazione Mediterranea Saving Humans. L’esperienza è stata promossa dalla Migrantes di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola in collaborazione con la Fondazione Migrantes.

Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) dell’Onu, dal 1° gennaio al 17 agosto scorso, sono morte o risultano disperse nel Mediterraneo Centrale oltre mille persone, mentre quasi 14mila sono state catturate in mare e riportate in Libia, Paese peraltro dichiarato “non sicuro” dall’Onu.

«L’obiettivo di questo viaggio era conoscere e comprendere meglio ciò che avviene nel Mare Nostrum, così da poter avere maggiore consapevolezza e cognizione in vista di una documentazione completa e di una testimonianza autentica. Non si è trattato di una barca della Conferenza Episcopale Italiana, ma del supporto della Fondazione Migrantes all’iniziativa di una Chiesa locale, quella di Fano, per favorire una migliore informazione sul fenomeno migratorio, scevra da pregiudizi e polarizzazioni», spiega Mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Fondazione Migrantes.

La nave Migrantes è salpata da Trapani il 24 agosto e per tre giorni ha affiancato la nave “Mare Jonio” dell’Associazione Mediterranea Saving Humans. Com’è nata l’iniziativa e che costi ha avuto?

L’iniziativa di affiancare la nave “Mare Jonio” dell’Associazione Mediterranea durante una missione di soccorso è nata dalla proposta della Migrantes di Fano. Lo scopo specifico della missione era quello di affiancare alla Mare Ionio una barca a vela per conoscere direttamente, monitorare e documentare la realtà dei soccorsi in mare di una delle 20 ong che operano soccorsi nel Mediterraneo, per poi informare le Chiese in Italia e l’opinione pubblica. Troppa disinformazione caratterizza ancora l’azione dell’ong, che sono dei “samaritani in mare” come ha detto il Papa e non dei “criminali”come qualcuno afferma e scrive. Il costo della missione è stato di 17mila euro, condivisi dalla Fondazione Migrantes e dalla Migrantes di Fano. 

Quante persone facevano parte dell’equipaggio?

Complessivamente l’equipaggio era formato da 14 persone, tra cui 2 direttori di Migrantes diocesane, alcuni giornalisti dei media vaticani e due sckipper. 

“Respingere i migranti è un peccato grave”, aveva dichiarato Papa Francesco. Eppure perché secondo lei abbiamo lasciato che il Mediterraneo diventasse un cimitero?

Sono tante le ragioni. Le più gravi sono culturali e ideologiche che non affrontano la realtà delle migrazioni, le loro storie. Per una “cultura dell’indifferenza” o “una cultura dello scarto”,  come ha ricordato Papa Francesco, si preferisce non fare posto nelle nostre città- sempre più disabitate, sempre più anziane e senza bambini – ad altre persone che sperano una vita migliore. Sono ragioni culturali e ideologiche che possono anche segnare la coscienza cristiana: in questo caso il Papa ricorda ai cristiani che lasciar morire in mare le persone è un peccato grave. Il termine “speranza” è quello che emerge soprattutto dalle storie dei migranti salvati in mare o arrivati via terra, in fuga da guerre, cambiamenti climatici, miseria e sfruttamento. Questa cultura dell’indifferenza e dello scarto genera paura, rifiuto, discriminazioni respingimenti e ora, con i vergognosi campi in Albania, anche non accogliere sul nostro territorio le persone in fuga, pensando che tenendo lontano le persone – attraverso gli accordi con la Turchia, la Libia e la Tunisia – si possa governare il fenomeno migratorio e salvaguardare il nostro Paese: una pura illusione e anche una mancanza di intelligenza politica.

L’obiettivo dell’iniziativa era quello di raccogliere dati e informazioni sull’azione di monitoraggio, ricerca e soccorso dei migranti nel Mediterraneo. A quali conclusioni siete arrivati?

Intanto, i nostri direttori diocesani hanno fatto un’esperienza significativa di vedere le modalità di tre salvataggi per complessive 182 persone. Hanno visto i volti, le persone e non solo conosciuto dei numeri: uomini e donne, minori anche non accompagnati, famiglie, di religione cristiana e islamica, in particolare. Hanno documentato con foto e con un diario la navigazione e il soccorso e tutto il materiale raccolto diventerà strumento per una divulgazione dell’esperienza diretta, per incontri Migrantes, per pubblicazioni di articoli  sulle nostre riviste e sui media cattolici e un report finale, che diffonderemo in tutte le Chiese in Italia. La Fondazione Migrantes, nata nel 1987, e il cui statuto è stato rivisto e approvato dalla Cei nel 2012,  ha tra i suoi compiti istituzionali “accompagnare e sostenere le Chiese particolari nella conoscenza” del fenomeno migratorio e nella “cura pastorale” dei migranti (art.1) che avviene attraverso  quattro aree di impegno: “l’Area informazione e stampa; l’Area ricerca e documentazione; l’ Area formazione; l’Area coordinamento e progettazione pastorale” (art.5), che riguardano tutti i volti della mobilità umana, in particolare: gli immigrati stranieri; i migranti interni italiani; i rifugiati, i profughi, gli apolidi e i richiedenti asilo; gli emigrati italiani; la gente dello spettacolo viaggiante; i Rom, Sinti e nomadi” (art.3). Su questi temi importante è il lavoro della Fondazione Migrantes in ambito culturale e divulgativo sui temi migratori, soprattutto con i tre Rapporti annuali: il rapporto immigrazione, il Rapporto italiani nel mondo, il Rapporto sul diritto d’asilo, ma anche con il finanziamento di borse di studio, di ricerche e di due collane di Studi e due riviste: Migranti press e Sevizio migranti, oltre alla newsletter quotidiana Migrantes online. 

La nave Migrantes è nata dalla volontà di una Chiesa locale, quella di Fano, con il supporto della Fondazione Migrantes. Ci saranno altre iniziative di questo tipo?

Anzitutto valuteremo questa iniziativa, anche nella Cemi (Commissione episcopale per le migrazioni) e nel Consiglio amministrativo della Migrantes, organo decisionale della Fondazione, dopo che avremo raccolto e diffuso tutta la documentazione e i riscontri di tutte le nostre Migrantes diocesane. Vedremo anche l’evolversi della situazione nel Mediterraneo, soprattutto dei morti in mare e se ci sarà un impegno europeo. Non escludo a priori missioni promosse da altre Migrantes diocesane e regionali, con il sostegno della Fondazione Migrantes.  

Credit foto Fondazione Migrantes

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