Cultura

Cose di questo mondo, la vita senza retorica

Recensione del film "Cose di questo mondo" di Michael Winterbottom.

di Giuseppe Frangi

Avevamo conosciuto il talento di Michael Winterbottom in occasione di un film aspro, plumbeo, indimenticabile: Butterfly kiss. Lo avevamo ritrovato un po? stanco in Jude, film fosco. Poi avevamo assistito a una svolta sociale, che sembrò un po? artificiosa, troppo programmata. Sono arrivati Go now e Benvenuti a Sarajevo, pellicole deludenti, soprattutto la seconda. Ma il talento c?era e non poteva essere smarrito per sempre. La domanda semmai era questa: davvero il talento di Winterbottom può applicarsi a un genere di cinema diverso da quello violentemente esistenziale dei suoi esordi? Ora possiamo rispondere di sì. Grazie a Cose di questo mondo, Orso d?oro a Berlini, film bellissimo, film all?osso e senza fronzoli, che racconta, quasi senza interferire, il lungo viaggio di Enayat, giovane, e Jamal, ancora più giovane e orfano, dall?Afghanistan sino a Londra. È come una lunga soggettiva, realizzata con amore e professionalità, sul destino di profughi: la scelta di distribuire il film senza doppiaggio ma con i soli sottotitoli, aiuta in questa immedesimazione. Il caos del mondo ci viene incontro, anche sotto forma sonora. E alla fine è difficile restare neutrali, non sentire lo sdegno sotto la pelle. Rinunciando alle prediche, Winterbottom ha dunque riscoperto se stesso…


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