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Cosa succede in Vietnam?

Il paese fa oltre 3mila adozioni l'anno. Ma ad Hanoi denunciano: falsificati i certificati dei bambini

di Benedetta Verrini

Sono 125 i minori arrivati in Italia a scopo di adozione dal Vietnam nei primi sei mesi del 2009. Nel 2008, anno in cui si è registrato un vero boom d’ingressi, sono stati in tutto 313, quasi l’8% del totale di tutte le adozioni concluse in un anno. Fa impressione l’età media degli adottati, la più bassa mai registrata: 0,8 anni, che significa bambini di pochi mesi immediatamente immessi nel circuito dell’adozione internazionale.

Dal paese del Sud-Est Asiatico in queste ore giungono notizie preoccupanti sul fronte della regolarità dei procedimenti adottivi. Un’agenzia Ansa-France Presse di due giorni fa ha riportato che sei vietnamiti, tra cui due direttori di centri di adozione che lavorano principalmente con l’Italia, sono stati condannati oggi in Vietnam a pene dai due ai quattro anni e mezzo di reclusione, al termine di uno scandalo di falsificazione di documenti per fare adottare piu’ di 250 neonati. Il procedimento giudiziario è stato celebrato al tribunale di Nam Dinh, un centinaio di chilometri a sud di Hanoi.

I sei, fra i quali anche medici e infermieri, sono stati riconosciuti colpevoli d’abuso di potere nell’esercizio della loro missione’. Altre dieci persone sono state condannate a pene dai 15 ai 18 mesi di reclusione con la condizionale.
I due direttori dei centri di adozione di Nam Dinh, Truc Ninh e Y Yen, avevano montato dei falsi dossier d’abbandono per fare adottare 266 bimbi vietnamiti da stranieri tra il 2005 e il 2008. I paesi che piu’ hanno adottato questi bambini sono la Francia, l’Italia e gli Stati Uniti.

Nell’estate dell’anno scorso il caso era divampato grazie alla stampa vietnamita. Lo scandalo si era accresciuto di un rapporto sconvolgente da parte degli Stati Uniti che denunciavano casi di truffa e di abbandono fraudolento. Gli Usa hanno annullato nel settembre 2008 ogni adozione in Vietnam.

Interpellata da Vita sulla notizia, la vicepresidente Cai Daniela Bacchetta ha chiarito la situazione dell’Italia: “Il numero di adozioni tra il 2005 e il 2008 dal Vietnam all’Italia è stato di gran lunga inferiore a quello di Francia e Stati Uniti”, spiega. “In quel periodo erano presenti due enti italiani nella provincia [dei quali non fa il nome n.d.r.] che di fronte al sospetto di irregolarità si sono immediatamente ritirati”, aggiunge la Bacchetta. “Nel 2008 sono giunti pochi bambini dalla provicia di Nam Dinh, nel 2009 nessuno. Vorrei tranquillizzare le coppie: gli enti italiani lavorano sul Vietnam con estrema attenzione, le loro attività devono essere accreditate dalle autorità locali provincia per provincia e le pratiche, inutile dirlo, vengono verificate una per una”.

“Abbiamo lavorato in quella provincia solo per un breve periodo e, per quanto ci riguarda, non abbiamo potuto constatare alcuna irregolarità”, ha detto a Vita la presidente del Naaa, Ingrid Maccanti. “Ci siamo ritirati perché da quella provincia non giungevano proposte di abbinamento”. Interpellata su cosa pensa del “caso Vietnam”, la Maccanti parla di prevenzione legata alla politica dei costi: “Sarebbe importante che tutti gli enti, italiani e stranieri, osservassero una politica omogenea dei costi. Se tutti facessero fronte comune, nessuno applicherebbe tariffe tanto più alte da alterare il sistema e richiedere somme che non si giustificano rispetto ai costi standard della pratica all’estero”.

Estremamente soddisfatti delle condanne e del giro di vite attuato dalle autorità vietnamite è il Ciai, che oltre un anno fa aveva sollevato la sua preoccupazione sullo stato delle procedure nel paese. “E’ questo un ottimo indicatore della volontà delle autorità vietnamite di porre fine alle pratiche illecite nel campo dell’adozione internazionale” ha detto Graziella Teti, responsabile del settore adozioni internazionali del CIAI. “Abbiamo più volte denunciato, in diverse sedi italiane e internazionali, la grave situazione vietnamita –continua Teti- e per questo apprezziamo veramente molto questo segnale di fermezza e ci congratuliamo con le autorità locali”.

“E’ vero, le autorità locali hanno iniziato a fare controlli molto stringenti e questo è importante”, commenta Cristina Nespoli, di Enzo B. Che esprime una posizione molto realistica: “Mi ha impressionato questo caso perché in un paese che fa oltre 3mila adozioni l’anno mi riesce difficile immaginare che sia necessario arrivare a falsificare documenti, c’è un tale tasso di abbandono… “. Ed è proprio l’abbandono ad avere ancora dimensioni considerevoli ed essere all’apice del problema, “in un quadro legislativo che contrasta ancora poco il fenomeno delle giovani che abbandonano i loro bambini”.

Ma è il quadro generale della situazione vietnamita a sollevare non poche domande. A cominciare dalla denuncia internazionale fatta dagli Stati Uniti. “L’anno scorso si è conclusa l’intesa che Washington aveva con Hanoi”, spiega la Nespoli. “Dal momento che il Vietnam sta cercando di adeguarsi alla Convenzione Aja e non accetta più singole coppie straniere per l’adozione, ma vuole soltanto enti, ha estromesso gli americani dall’adozione”.

La denuncia internazionale è stata dunque un atto strumentale? “Non posso contestarne la buona fede”, risponde Nespoli, “Ma posso dire che l’adozione internazionale è citata persino nella Piattaforma di Obama. Per loro il Vietnam è strategico, così come lo è il Guatemala. Perciò sono certa che lavoreranno per ricucire questo rapporto che al Vietnam comunque conviene: l’apporto economico della presenza americana sul welfare è strategico. In questa schermaglia, in ogni caso, direi che i diritti di donne e bambini c’entrano poco”.

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