Cosa rende civile una società?

"Dobbiamo unirci per porre fine alle sofferenze in modo da poter affermare, in quanto società civile, che non resteremo a guardare mentre milioni di persone rifugiate e sfollate nel mondo soffrono nei campi profughi, o sono costrette a intraprendere viaggi pericolosi invece di avere la possibilità di ricorrere a vie sicure e legali per spostarsi"

di Regina Catrambone

È una domanda cruciale, per rispondere alla quale è necessario prendere in considerazione aspetti che coinvolgono religione, filosofia e politica. Oppure, si può semplicemente volgere lo sguardo verso il mare, e scorgere persone vulnerabili in fuga da violenza, povertà o disastri naturali, che mettono a rischio la propria vita nel tentativo di raggiungere una terra più sicura.

Si può scegliere se andare a soccorrerle, o lasciarle annegare tra le onde.

La terribile pandemia di Covid-19 ci ricorda che sono le persone fragili, i poveri, gli anziani, i malati e gli emarginati, a pagare il prezzo più alto di ogni crisi. Per capire, dunque, se una società può considerarsi civile occorre porsi la seguente domanda: è in grado, questa società, di adempiere ai suoi doveri di carattere morale e civile attraverso azioni concrete volte ad aiutare coloro che ne hanno maggiormente bisogno? Il ruolo della società civile è quello di rispondere alle necessità degli ‘ultimi’. Se si riscontra una mancanza di empatia nel modo in cui un governo o uno Stato agiscono nei confronti dei più bisognosi, allora la società civile deve impegnarsi affinché questo vuoto venga colmato. Non occorre fare analisi complesse o possedere un titolo di studio per capire che è giusto aiutare chi cade a rialzarsi. Sappiamo che è la cosa giusta da fare.

Questa forma di etica, di civilizzazione, travalica i confini nazionali. Le società civili non possono ignorare la crudeltà o l’ingiustizia solo perché avvengono in aree lontane. Il principio di prossimità perderebbe significato se tutti riconoscessimo di essere “vicini di casa”, ospiti su di un piccolo pianeta che è parte di un universo sconfinato.Tutto questo oggi è "più vero" che mai. Se da un lato la tecnologia connessa a Internet viene criticata perché favorirebbe l’incitamento all’odio e la diffusione di sentimenti divisivi, d’altro canto questa stessa tecnologia offre enormi opportunità di superare le barriere temporali e le distanze, rendendoci tutti più vicini.

La maggior parte dei conflitti potrebbe essere evitata attraverso un dialogo costruttivo. La tecnologia può aiutare la società civile a ricoprire il legittimo ruolo che le compete. La politica, la burocrazia e l’istruzione svolgono un compito importante, ma da soli non sono in grado trovare soluzioni per risolvere le sofferenze del mondo. La società civile e il mondo degli affari possono unire le proprie forze, con empatia e senso di imprenditorialità, per trovare soluzioni alle più gravi crisi mondiali.

Una società civile è quella nella quale individui con diverse competenze e provenienti da diversi Paesi lavorano insieme per il fine più grande: il bene dell’umanità intera. Nel 2020 si sente ancora parlare di “crisi migratoria”. La realtà è che non si tratta di una crisi migratoria, ma di una crisi di umanità.

Occorre cambiare prospettiva, abbandonare questa condizione di indifferenza.

Dobbiamo unirci per porre fine alle sofferenze in modo da poter affermare, in quanto società civile, che non resteremo a guardare mentre milioni di persone rifugiate e sfollate nel mondo soffrono nei campi profughi, o sono costrette a intraprendere viaggi pericolosi invece di avere la possibilità di ricorrere a vie sicure e legali per spostarsi. Una società civile non accetta l’inerzia e non liquida le questioni come “troppo complesse da risolvere”. Invece di concentrarci sulle divisioni dobbiamo essere guidati dal buonsenso.

Una società civile incoraggia chi propone approcci innovativi per risolvere vecchi problemi, senza perpetuare soluzioni che in passato non hanno funzionato.Oggi assistiamo alla sofferenza di milioni di persona, il nostro pianeta è in pericolo e un virus letale ha colpito l’umanità: è giunto il momento di abbandonare l’egoismo e i nazionalismi e di unire le forze per risolvere i problemi. Non è possibile raggiungere un vero progresso se la nostra attenzione verte esclusivamente sull’interesse personale.

Una società civile deve avere il coraggio di dire: «Non importa quanto grandi siano le sfide, lo sforzo necessario o i rischi connessi, ovunque vediamo la sofferenza dobbiamo intervenire per ridurla». A volte questo richiede sacrifici, ma i benefici che la società ne trarrà coinvolgeranno tutti noi e le generazioni a venire. Le azioni di oggi vivranno a lungo, anche dopo che avremo lasciato questa preziosa terra.

*Regina Catrambone, co-fondatrice e direttrice di Moas

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