Rapporti, riviste scientifiche, manuali di settore? No (o almeno non troppo). Forse sono letti più da chi queste imprese le vuol conoscere ponendosi da un punto di vista esterno. Le ultime segnalazioni di chi ci sta dentro sono davvero fuori ambito, quasi si voglia cercare ispirazione (e magari anche qualche conferma) in contesti diversi da quelli specialistici. Inoltre hanno a che fare con la dimensione spaziale, quasi che il mantra del “territorio” e della “comunità” che un buon imprenditore sociale ripete almeno quaranta volte al giorno debba essere riempito di senso e forse anche di nuove pratiche. E’ il caso, ad esempio, del libro di Paolo Cottino sullo sviluppo di competenze nei contesti ad elevata sperimentalità e incertezza che caratterizzano l’azione “pubblica”, soprattutto in ambito urbano. Oppure il lavoro di un gruppo di designer e architetti, tra i quali Ezio Manzini del Politecnico di Milano, che si occupa di innovazione sociale e sostenibilità nella vita quotidiana, realizzando studi su comunità creative e servizi collaborativi, con tanto di osservatorio sul welfare attivo (che fatto da loro, chissà perché, suona molto meglio di quanto sperimentato nell’ambito delle politiche sociali canoniche). Se si guarda infine agli acquisti recenti di prestigiosi esponenti della comunità scientifica attratti dall’ultima fatica di Giampaolo Fabris sulle nuove forme di consumo di beni relazionali nelle società post crescita, pronostico letture davvero stimolanti.
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