Famiglia

Cosa insegna la mamma di Baltimora

di Benedetta Verrini

Toya Graham, la mamma di Baltimora che ha preso a schiaffoni il proprio figlio manifestante (e a dire il vero, il look del ragazzo -e forse anche le intenzioni- non erano proprio pacifiche) continua ad agitare i miei pensieri.

C’è una parte di me che ha esultato selvaggiamente di fronte alla scena. “Sei un mito”, mi sono detta. Gagliarda Toya, madre single di sei figli (5 sono femmine, lui è il solo maschio, anche questo la dice lunga), ha tirato fuori l’istinto che c’è in tutte noi: quello della leonessa. Io ti ho messo al mondo, ti ho dato una cosa che non puoi rovinare in modo così stupido. Tu non hai idea di chi sono io, di cosa farei per te. Tu non sai che il prezzo della tua felicità, ogni giorno, è il mio lavoro, il mio impegno, la mia resistenza. E mentre io resisto, tu fai lo scemo?!

Ma qui finisce anche il delirio materno. Perché l’altra parte, la parte razionale, mi racconta un’altra storia. Toya Graham era sotto pressione, certo. E voleva togliere un figlio dal pericolo. Però lo ha anche annientato. Lo ha reso bambino, incapace d’intendere e volere davanti all’intero pianeta. Ha denigrato la sua scelta, forse la prima scelta pubblica, civile e politica. Si riprenderà mai, questo ragazzo, dalla vergogna con cui adesso deve convivere? Non era più giusto esprimergli il proprio disaccordo e poi lasciarlo andare? Non è così che poi, assumendosi la responsabilità delle proprie azioni, anche dolorosamente, i nostri figli diventano davvero uomini?

Il prezzo è alto, è il dolore di accettare il distacco, di misurare la distanza che c’è tra quello che avevi sperato che fossero e quello che sono diventati. Rispettare le scelte dei figli è, credo, una delle sfide più difficili per i genitori: ci divide una voragine di esperienze, belle e brutte, di cose che noi sappiamo o crediamo di sapere. Ma quello strappo è forse anche l’ultimo dono, il più grande, che offre un senso al nostro essere.

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