Economia

Cosa è successo quando i paesi ricchi hanno cancellato il debito dell’Africa

Vi ricordate della campagna “Drop the Debt”? Dei braccialetti “Make poverty history?” Di Bono Vox sul palco del Live8 che invoca l’eliminazione del debito dei paesi in via di sviluppo? Cosa è successo da allora?

di Donata Columbro

Succedeva tra la fine degli anni 90 e il 2005 – data del Live8 -, quando i paesi industrializzati decisero che per aiutare le economie dei paesi in via di sviluppo a sollevarsi, azzerare il debito estero era il primo, necessario, passo da fare. Con il sostegno dei movimenti sociali e dalla società civile, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno avviato l’Iniziativa per la cancellazione del debito dei Paesi più poveri e indebitati (“Heavily Indebted Poor Countries”, HIPC), adottata dai paesi G7 nel 1996 al vertice di Lione, poi “rafforzata” dal G7/G8 nel 1999. A quel tempo il debito dei paesi più poveri superava le esportazioni del 200-250 per cento ed era oltre il 280 per cento delle spese pubbliche.

Dal 2000 al 2006 sono stati cancellati 100 miliardi di debiti e nei 26 paesi africani che hanno beneficiato della HIpc e della Mdri (Multilateral Debt Relief Initiative), nuova iniziativa adottata dal G8 nel vertice di Gleneagles nel giugno 2005, il debito pubblico sul pil è sceso dal 104 per cento al 27 per cento, per poi risalire al 34 per cento nel 2011, mantenendosi comunque a livelli minori di molti paesi della zona euro. Dei trentasei paesi arrivati al “decision point”, ovvero alla fase finale della cancellazione, così è cambiata la situazione dal punto di vista del debito/pil:

Durante la crisi sono i paesi europei, ma anche gli Stati Uniti, a veder aumentato il loro debito, nel tentativo di abbassare la spesa pubblica e al tempo stesso spingere la crescita economica, una situazione sperimentata anche negli anni novanta dai paesi africani. Secondo un rapporto di McKinsey l’incidenza del debito sul pil mondiale è passata dal 270% al 286% tra il 2007 e il 2014. Nel grafico la situazione del pil in diversi paesi del mondo tra il 2006 e il 2014.

I paesi africani come Senegal e Uganda partono da bassi debiti grazie alla cancellazione e alle misure intraprese per evitare ulteriori indebitamenti, anche se, avverte uno studio del 2010, un basso debito pubblico porta di solito a far aumentare il debito domestico con emissione di obbligazioni sul mercato interno.

La cancellazione di tutti i debiti dei paesi poveri nel 2000 è stata l’obiettivo di una coalizione internazionale britannica denominata Jubilée 2000.

Oggi a chiedere un nuovo approccio al debito greco sono economisti come Joseph Stiglitz, Paul Krugman (due premi Nobel) e l’economista francese Thomas Piketty, secondo cui il voto negativo del popolo greco al referendum può “contribuire a far ripartire non soltanto il proprio paese ma tutto lo sviluppo europeo”.

E l’Africa può imparare dalla crisi greca ed europea? Grieve Chelwa, ricercatore in economia all’università di Cape Town, intervistato dal blog Africa is a country, ricorda che “l’economia greca si è contratta del 25 per cento da quando la Troika ha cominciato a intervenire nel 2010” e la stessa “pillola dell’austerità” è stata somministrata per lungo tempo in molte parti dell’Africa a partire dagli anni 70 e fino agli anni 90. “Solo il cielo sa l’entità dei rottami che ci sono rimasti”, aggiunge Chelwa.

E c’è chi, come il professore liberiano Robtel Neajai Pailey, vede nel premier greco Alexis Tspras un nuovo Thomas Sankara: “Bisogna agitare i popoli contro i poteri. Lo schiavo merita le proprie catene se non prende la decisione di lottare per liberarsi. Dove il fossato che divide il popolo dal governo è intollerabile, là il popolo deve lottare per colmare il passato e diventare padrone del proprio destino”. Sembra piazza Syntagma ad Atene, qualche giorno fa, invece è Ouagadougou, Burkina Faso, 1987.

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