Famiglia

Cosa cova nei Balcani

Nonostante il trattato di pace, troppe questioni sono ancora aperte. Le prospettive al termine delle missioni di Onu e Unione europea non sono ancora delineate.

di Paolo Manzo

A dieci anni dalla firma degli Accordi di Dayton tra il presidente serbo Milosevic, il croato Tudjman e il bosniaco Izetbegovic, molte delle questioni che quel trattato di pace si proponeva di risolvere sono irrisolte e rappresentano una minaccia per la stabilità dei Balcani. La persistenza al potere di parecchi partiti nazionalisti che non vedono di buon occhio una Bosnia-Erzegovina multietnica parte da una visione totalmente opposta a quella che aveva ispirato gli Accordi di pace del 1995. Un ragionamento analogo può essere fatto per il Kosovo, dove l?irredentismo, il separatismo e la continua instabilità politica dello Stato albanese hanno creato un vuoto politico, giuridico e soprattutto di sicurezza che rischia di essere colmato dalle mafie e dai traffici illeciti. Per questo, ogni iniziativa volta a superare i problemi che attanagliano i Balcani è, oggi più che mai, importante, per non dire decisiva. Anche alla luce del fatto che la missione dell?Onu in Kosovo (Minuk) e quella della Ue in Bosnia (l?Eupm, la prima sotto la guida di Bruxelles) non potranno durare in eterno. Fatte queste premesse, il Seminario internazionale di studi organizzato a Verona (1-3 aprile) dal Movimento cristiano lavoratori, Unione europea e area balcanica, oggi è attuale più che mai. Perché parte dal presupposto che «a prescindere dall?etnia e dal credo, la pace e la stabilità dell?Europa sudorientale devono essere difese e promosse per garantire la dignità e l?inviolabilità della persona umana, in modo da passare da una riluttante tolleranza degli uni nei confronti degli altri a una relazione basata sul pieno rispetto», spiega a Vita il presidente di Mcl, Carlo Costalli. Che sottolinea i due obiettivi principali affinché, nel prossimo futuro, i Balcani possano tornare a essere un?area di tolleranza, interculturalità e stabilità: «in primis, il superamento degli Accordi di Dayton, come indicato recentemente dalla Conferenza episcopale bosniaca; in secundis, l?inizio immediato delle trattative da parte di Bruxelles con Zagabria, per facilitarne l?ingresso nell?Unione europea». Tra gli ospiti di Verona, oltre al vice-presidente del Consiglio, Marco Follini e al professor Vittorio Emanuele Parsi, spicca la figura di Franjo Komarica, vescovo di Banja Luka nonché presidente della Conferenza episcopale della Bosnia ed Erzegovina. ?Un vescovo di frontiera?, come lo definiscono in molti. E a ragion veduta, se è vero che anche le comunità musulmane e ortodosse lo avevano proposto lo scorso anno per il Nobel per la pace perché, durante la guerra nell?ex Jugoslavia il presule si oppose con forza e a rischio della sua vita alla pulizia etnica portata avanti dalle milizie irregolari dei serbo-bosniaci, maggioranza in quel di Banja Luka. Sul numero 2 di communitas-Là dove tutto é iniziato Il nuovo numero di Communitas, il mensile diretto da Aldo Bonomi, uscirà sabato 9 aprile. Il n. 2 della rivista sarà dedicato alla Crisi dell?umanitario, come recita il titolo, ovvero alla difficoltà o all?impossibilità «del mettersi in mezzo ai tempi della guerra e della globalizzazione», come scrive Aldo Bonomi nell?editoriale. Un?intera sezione della rivista sarà dedicata ai Balcani. Emblematico il titolo della sezione: Là dove tutto è iniziato. Cioè là dove all?inizio degli anni 90 sono esplose tutte le contraddizioni che il mondo dell?umanitario non ha ancora risolto: dal conflitto tra etnie e nazioni immaginate all?ambiguità di guerre che da allora si connotano come etiche. Tra gli interventi quelli di Erri De Luca, Michele Nardelli, Pedrag Matvejevic.


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