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Cosa ci dice della Cecenia e della Russia l’aggressione a Elena Milashina

Il nuovo, impudente attentato alla vita di giornalisti e attivisti per i diritti umani e la strana condanna delle autorità russe, mettono in luce la progressiva perdita del controllo da parte dello Stato sulle strutture paramilitari, le forze dell'ordine e i servizi speciali

di Alexander Bayanov

In Cecenia si è verificata l’ennesima aggressione ai danni di una giornalista della Novaya Gazeta, questa volta Elena Milashina (in cover le lesioni sulla sua schiena) e l'avvocato per i diritti umani Aleksandr Nemov, che si stavano recando al processo contro la madre degli attivisti per i diritti umani ceceni, i fratelli Yangulbaev. La loro madre, Zarema Musayeva, è stata sequestrata da agenti di polizia ceceni a Nizhnyj Novgorod il 20 gennaio 2022. È la moglie di un ex giudice federale ceceno, Saidi Yangulbaev, che, insieme ai suoi figli e alla figlia, si trova attualmente fuori dalla Russia. Zarema, che ha una grave forma di diabete, è stata arrestata con false accuse di presunta resistenza a un agente di polizia. È stata portata nel territorio della Cecenia e tenuta in custodia cautelare in attesa del processo, programmato per il 4 luglio di quest'anno. Di fatto il capo della Cecenia, Ramzan Kadyrov, l'ha presa in ostaggio. Il tribunale ha condannato Zarema Musayeva a 5 anni e mezzo di carcere.

Elena Milashina e Aleksandr Nemov non sono però riusciti ad arrivare in tribunale. All'uscita dall'aeroporto situato nella capitale cecena sono stati attaccati da sconosciuti che li hanno picchiati duramente, hanno rasato Elena Milashina, le hanno rotto le dita e le hanno cosparso la testa e il volto con un antisettico colorante, Aleksandr Nemov è stato pugnalato alla gamba. L’accaduto ha causato shock e una raffica di dichiarazioni di dura condanna, tra cui quella dell'addetto stampa di Putin Peskov e del presidente della Camera bassa del parlamento Volodin. Ramzan Kadyrov si è limitato a una breve dichiarazione: "Sistemeremo", e ha incaricato le autorità competenti di trovare gli aggressori. Ovviamente, questo è un nuovo, impudente attentato alla vita di giornalisti e attivisti per i diritti umani. Basti ricordare l'omicidio della giornalista della Novaya Gazeta Anna Politkovskaya e l'omicidio dell'attivista cecena per i diritti umani Natalia Estemirova. Come in questi due tragici casi, è improbabile che gli aggressori vengano identificati. Il capo della Cecenia, Ramzan Kadyrov, già nel gennaio 2022 aveva minacciato pubblicamente Elena Milashina.

Ciò che è interessante è l'alto livello di condanna dell'attacco da parte delle autorità russe. Sembra che l’ammutinamento di Prigozhin abbia costretto i funzionari del gruppo di potere a reagire pesantemente a qualsiasi incidente eclatante e contro la legalità.

La Cecenia è ormai da molto tempo un "buco nero" dal punto di vista legale nel sistema giudiziario russo in disfacimento. Vi stanno accadendo cose assolutamente incredibili, comprese uccisioni e rappresaglie contro oppositori delle autorità, sparizioni di persone: alla vigilia dell'arresto di Zarema Musayeva, quindici suoi familiari sono scomparsi. Secondo le inchieste di Novaya Gazeta, sono stati commessi omicidi, rapimenti su larga scala, detenzioni illegali e torture di omosessuali.

Come è successo che la Cecenia viva da tempo al di fuori dello spazio costituzionale della Russia? Per porre fine alla guerra con la Cecenia e mantenerne il controllo, Putin ha attuato un piano apparentemente astuto: tanto denaro. Enormi somme di denaro che arrivano in Cecenia da Mosca, prima per la ricostruzione nel dopoguerra e poi per l'effettiva manutenzione delle infrastrutture. È lo stesso metodo che Putin ha usato con Prigozhin. Grazie ad alcune inspiegabili “confessioni” di Putin, siamo venuti a conoscenza dell'importo di 80 miliardi di rubli [800 milioni di euro] stanziati solo quest'anno, e poi dell'importo di quasi 1 trilione di rubli [10 miliardi di euro] ricevuti dall’organizzazione di Prigozhin. Per lo stesso principio, il budget annuale stanziato per la Cecenia, una regione comunque molto piccola rispetto ad altre regioni russe, secondo lo stesso Kadyrov è di circa 300 miliardi di rubli [3 miliardi di euro].

La guerra in Ucraina ha rivelato due attori informali nel processo politico russo, Kadyrov, pubblicamente attivo e il quasi sconosciuto, prima della guerra, Prigozhin. Entrambi gestivano organizzazioni paramilitari. Per pacificare la ribellione di Prigozhin, durante la quale l'esercito, la polizia e i servizi speciali russi in realtà non hanno offerto resistenza e si sono ritirati, sono state inviate proprio unità speciali cecene. Non si sa dove fossero, non si sa se abbiamo raggiunto Rostov o meno, ma il fatto stesso che le truppe di un mercenario di Putin siano state dispiegate contro un altro mercenario di Putin dice molto dell’incapacità dello Stato di mantenere il controllo. È la disintegrazione dell'apparato statale.

Tornando al crimine commesso e ad oggi impunito contro la giornalista della Novaya Gazeta, Elena Milashina e l'avvocato Aleksandr Nemov, tutti i più noti manager e propagandisti di Putin, enfaticamente, nonostante il loro atteggiamento ideologico nei confronti della Novaya Gazeta e dei suoi giornalisti, hanno duramente condannato l’accaduto e hanno sollecitato a identificare, giudicare e punire i responsabili.

Perché? Perché hanno capito che anche per quanto riguarda il loro stesso futuro tutto è possibile. Hanno paura, e non solo di perdere il potere, ma di essere annientati, uccisi da una forza fuori dal loro controllo.

In merito all’incidente, la dichiarazione della redazione di Novaya Gazeta afferma: “La missione di Milashina era preparata, Elena e la redazione avevano ragioni sufficienti per non considerare rischioso questo viaggio. Qualsiasi conclusione potrà essere tratta solo dopo uno studio approfondito delle circostanze in cui si sono svolti gli eventi. Sta tuttavia diventando sempre più evidente la progressiva perdita del controllo da parte dello Stato sulle strutture paramilitari, le forze dell'ordine e i servizi speciali”.

Qui vale la pena prestare attenzione all’affermazione che la missione di Milashina era stata preparata e non prevedeva rischi.

Cosa significa? Il caporedattore di Novaya Gazeta, il premio Nobel per la pace Dmitryj Muratov, dopo l'omicidio di sei suoi giornalisti negli ultimi anni, tra cui Anna Politkovskaya, prende molto sul serio la sicurezza dei suoi collaboratori. Soprattutto durante una missione in Cecenia, che si trova al di fuori della giurisdizione russa. Significa che aveva ottenuto delle garanzie. Che però non hanno funzionato. E questo spiega anche l'ultimo paragrafo della dichiarazione, l’affermazione che lo Stato russo non è più in grado di controllare le strutture paramilitari, le proprie forze dell'ordine e i servizi speciali.

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