Cultura

Cosa avrebbe detto Schulz di Haider

Ribadiamo una nostra antica convinzione: una domanda al giorno toglie l'idiozia di torno

di Riccardo Bonacina

È un invito ai nostri lettori e per noi un buon metodo di lavoro, porsi delle domande, cercare di capire oltre le apparenze, al di là dei messaggi e delle immagini con cui ci travolge il circo mediatico, attraversarli per cercare, carichi di domande, di guardare direttamente in faccia la realtà vera, le persone, le cose. È questo del resto uno degli insegnamenti più folgoranti di Schulz, il papà dei Peanuts scomparso, insieme ai suoi personaggi, questa settimana. Una delle più celebri battute di Charlie Brown, «Siamo informati su tutto ma non sappiamo niente», vale un ciclo di lezioni di qualsiasi grande intellettuale. Interrogare le informazioni è buona prassi per saper qualcosa in più, per provare a capire.
Questa la nostra domanda. Il pericolo di vedere sempre più crescere in Europa sentimenti e comportamenti razzisti è questione seria e reale. Lo testimoniano 10, 100, 1000 episodi di cronaca in tutti i Paesi dell’Unione. C’è razzismo negli stadi, nelle scuole, nelle direzioni d’azienda e tra i selezionatori di curriculum, nei quartieri. E i rimedi che si sono adottati sin qui non sembrano dare frutti visibili. C’è razzismo persino nelle politiche dei Paesi dell’Unione governati dalle sinistre: in Italia sono oltre 10 mila gli immigrati trattati come bestie nei Centri di permanenza temporanea e altrettanti sono i rom che vivono in condizioni disumane in campi che le amministrazioni comunali non vogliono vedere; in Francia la questione dei sans papiers è lungi dall’ essere risolta; in Danimarca si invoca una legge del 1902 per vietare agli stranieri di cambiare il cognome o almeno “danesizzarlo” per non essere discriminati nella ricerca di lavoro e di case; il Belgio da ormai due mesi, con un atto unilaterale del governo socialista, si è deciso di non ottemperare più agli accordi di Schengen chiudendo le frontiere e aumentando i controlli; in Austria i sentimenti razzisti che hanno prodotto gli episodi di cui i media ci hanno abbondantemente raccontato in questi giorni non sono frutto del Governo Shueffel-Heider, ma sono maturati in un regime socialista lungo trent’anni che ha inseguito e legittimato, come usano fare i governi d’ogni colore, egoismi d’ogni tipo. Mi chiedo allora perché questa mobilitazione, paradossalmente troppo tardiva e insieme troppo preventiva, di cancellerie, ambasciate, lobby finanziarie e intellettuali, e financo di tour operator abbia alzato tali e tanti scudi intorno al sin troppo noto Jörg Haider. Una mobilitazione e degli atti che sino ad oggi l’Europa aveva usato solo contro Milosevic e solo dopo 10 anni di nefandezze comprovate. Se ha ragione, come temiamo, il più grande scrittore austriaco, Thomas Bernhard quando scrisse che «l’individuo austriaco è per sua natura nazional-socialista-cattolico», tale mobilitazione e tali comportamenti non faranno altro che regalare argomenti, consensi e armi alle eventuali cattive intenzioni di Haider, non faranno altro che regalargli seguaci. Per questo continuiamo a non capire. Si tratta del fanatismo ideologico che già abbiamo conosciuto in Kosovo? Si tratta di una visione irrealistica, e perciò pericolosa, della politica? S’è urlato a Haider per nascondere qualcosa? S’è voluto creare un precedente? Se sì, per che cosa? Non abbiamo risposte. L’unica che azzardiamo è che tutto ciò pertiene più alla politica che alla lotta al razzismo. Per il resto teniamo aperte queste domande e continuiamo a cercare risposte. •

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