Sostenibilità

Cosa accade quando scade il brevetto

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di Redazione

Allo scadere dei vent’anni, il farmaco può essere commercializzato da un’altra azienda, ma a un prezzo inferiore di almeno il 20%La scoperta di un nuovo farmaco è il risultato di una complessa attività di ricerca e di sviluppo, onerosa sotto il profilo economico finanziario e con risultati non sempre certi. Infatti non tutte le molecole scoperte nel corso delle ricerche diventano alla fine dei farmaci. Quando però la nuova molecola ha superato tutti i test che ne accertino l’efficacia, la sicurezza e l’utilità farmacologica, l’azienda chiede l’autorizzazione presso le agenzie all’immissione in commercio di quel principio attivo come specialità medicinale conferendogli un nome di fantasia e concordando un prezzo che consenta all’azienda di recuperare le spese sostenute nella ricerca. Per tutelare il nuovo nato da possibili copie viene registrato il brevetto presso l’apposito ufficio in modo tale che nessuna azienda concorrente possa sintetizzare lo stesso principio attivo e commercializzarlo autonomamente con un nome di fantasia diverso. Nella maggior parte dei Paesi, i brevetti garantiscono a chi trova qualcosa di nuovo e utile di commercializzarlo in esclusiva per almeno 20 anni. Allo scadere della copertura brevettuale, altre aziende autorizzate potranno produrre e commercializzare lo stesso prodotto come equivalente. Quando il brevetto decade, se il farmaco ha ancora interesse terapeutico può essere copiato e commercializzato da un’altra azienda farmaceutica, che non avendo investito anni e risorse nella ricerca della molecola, può lanciarlo sul mercato ad un prezzo inferiore di almeno il 20% rispetto all’originale. Questo farmaco non potrà avere un nome di fantasia, ma gli si attribuirà il nome “generico” del principio attivo che contiene seguito dal nome dell’azienda farmaceutica che lo produce.
Il farmaco equivalente deve dimostrare un’uguale bioequivalenza rispetto al cosiddetto originator, cioè di essere capace di raggiungere lo stesso effetto farmacologico alla stessa dose. Secondo l’Emea, l’Agenzia europea del farmaco, sono bioequivalenti prodotti che, alla stessa dose, hanno profili di concentrazione nel tempo così simili da non avere differenze in efficacia e sicurezza. Ciò vuol dire che i due prodotti devono essere praticamente identici nel comportamento, nell’efficacia e nella forma farmaceutica (fiale, compresse, gocce, etc.)
Il mercato nazionale attuale su 13 milioni di euro di spesa farmaceutica annuale complessiva, vede attestarsi l’utilizzo dei medicinali equivalenti intorno al 25%. I dati Aifa si riferiscono però al mercato complessivo “equivalenti puri” più unbranded, ovvero farmaci che hanno perso il brevetto. Il mercato degli equivalenti puri è fermo invece al 6% della spesa complessiva.


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