Politica

Corsa al riarmo? L’Europa resti una potenza gentile

Per la destra suprematista al potere negli Usa il Governo di Netanyahu è un pilastro ideologico su cui poggiare il nuovo ordine mondiale in via di definizione con Vladimir Putin. Ora per l'Ue è il momento delle grandi decisioni: vale la pena tradire la natura di pace dell'Unione? Come sostenere attivamente il diritto internazionale? Perché non spostare la sede dell’Onu da New York a Strasburgo?

di Paolo Bergamaschi

È ancora presto per stabilire se il vertice fra il segretario di stato americano Marco Rubio e il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, tenutosi a Ryad lo scorso 20 febbraio, passerà alla storia come l’evento che segna il punto di svolta della situazione geopolitica globale della nostra epoca. A parte gli ammiccamenti e un impegno fra le due delegazioni a proseguire sulla strada verso la piena normalizzazione delle relazioni bilaterali quello che è certo è che la scelta del luogo dell’incontro riveste per Washington un’importanza primaria.

A Ryad non si è discusso solo di Ucraina. L’obiettivo era quello di abbozzare un nuovo assetto per una parte del globo sulla falsariga di quanto fu fatto a Yalta nel febbraio del 1945. A Ryad si è parlato di Europa senza l’Europa ma si è lanciato un segnale anche a chi ha fatto gli onori di casa ovvero all’Arabia Saudita impersonata dal principe ereditario, nonché primo ministro, Mohammad Bin Salman. Per la nuova amministrazione americana la guerra a Gaza e, più in generale, il conflitto israelo-palestinese, rappresenta una priorità assoluta e senza il coinvolgimento diretto dell’Arabia Saudita non può esserci alcuna soluzione duratura. Era stato Donald Trump nell’agosto del 2020 a promuovere gli accordi di Abramo che hanno sancito la normalizzazione delle relazioni fra Israele da una parte e Emirati Arabi e Bahrein dall’altra a cui, più tardi, si sono aggiunti Marocco e Sudan. Il presidente americano, allora, aveva corteggiato fino all’ultimo, senza successo, anche l’Arabia Saudita, il Paese di gran lunga più importante sia economicamente che simbolicamente del mondo arabo-islamico.

Una volta rieletto, adesso ci riprova. Dovrà riuscire nell’impresa, tuttavia, di fare digerire al regnante saudita la probabile annessione unilaterale da parte di Israele di buona parte della Cisgiordania oltre al progetto della “riviera” a Gaza con relativa pulizia etnica. Quello che si prepara per il Medio Oriente viene anticipato con la trattativa sul conflitto in Ucraina che, secondo i negoziatori americani, dovrebbe portare ad abbondanti concessioni territoriali per la Federazione Russa. E se le concessioni territoriali valgono da una parte devono valere anche dall’altra. Il voto di Israele insieme a quello degli Usa alle Nazioni Unite della scorsa settimana contro la risoluzione presentata da Kiev e dai Paesi europei a sostegno dell’integrità territoriale dell’Ucraina toglie ogni dubbio in merito. L’annuncio di Marco Rubio, lunedì, di un nuovo pacchetto di armamenti per Israele per 4 miliardi di dollari, oltre ai circa 17 già stanziati dall’inizio del conflitto a Gaza, ha preceduto di poche ore quello della sospensione degli aiuti militari americani all’Ucraina. Per Tel Aviv il sostegno militare è senza limiti e incondizionato; per Kiev tutt’altro.

L’ambasciatrice designata da Trump per l’Onu Elisa Stefanik ritiene che Israele vanti diritti “biblici” sulla Palestina; l’ambasciatore americano a Gerusalemme Mike Huckabee dichiara che non esiste nemmeno un popolo palestinese. Per la destra suprematista al potere negli Usa il Governo di Netanyahu è un pilastro ideologico su cui poggiare il nuovo ordine mondiale in via di definizione con  Vladimir Putin. In questo contesto anche l’Europa deve essere “normalizzata” e il modello è quello fornito dal fedele scudiero Viktor Orban, ospite gradito sia alla Casa Bianca che al Cremlino, cui spetta il compito di affermare la “democrazia illiberale”, ossimoro coniato da lui stesso, su tutto il vecchio continente. Per l’Ue è il momento delle grandi decisioni da prendere in tempi brevi dopo anni di scellerate illusioni. Risposte difficili per questioni complesse. Vale la pena imbarcarsi in una corsa al riarmo senza avere prima messo ordine in casa propria ottimizzando le ingenti risorse (326 miliardi di euro) che i Paesi membri già spendono ogni anno collocandoci al secondo posto a livello mondiale per spese militari? Vale la pena tradire la natura di pace dell’Unione che ci caratterizza come superpotenza civile sulla scena globale il cui ruolo sarà ancora più rilevante in qualità di maggior donatore di aiuti umanitari e alla cooperazione ora che gli Stati Uniti hanno sospeso i propri programmi? Come sostenere attivamente diritto internazionale e multilateralismo che sono obiettivi primari della Politica Estera e di Sicurezza Comune? Pensiamo in grande cominciando da fatti concreti. Visto le picconate alle Nazioni Unite da parte di Trump e Musk perché non offrire gratuitamente una nuova sede all’Onu spostandola da New York alla inutile e ciclopica seconda sede del Parlamento europeo a Strasburgo? Rafforzerebbe la nostra immagine di potenza gentile dando ossigeno alle organizzazioni sovranazionali e facendo risparmiare anche 114 milioni di euro all’anno al contribuente europeo.  

Foto Pixabay

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