La legge anticorruzione è stata approvata; non entro nel merito delle valutazioni positive e negative che si possono leggere sui maggiori quotidiani. Mi pare utile invece sottolineare un elemento rimasto sullo sfondo. Il punto di partenza è che quando un fenomeno impatta, secondo le stime pubblicate, per 60 miliardi all’anno, per forza deve avere una diffusione rilevante (non possiamo imputarlo a poche mele marce) e di conseguenza deve godere di un certo grado di legittimazione culturale, quella mentalità furbetta e fatalista del “così fan tutti” (e chi non lo fa è più fesso degli altri) alla base dei fenomeni corruttivi e concussivi.
Conseguenza: accanto alla repressione dei fatti esplicitamente rilenvanti da un punto di vista penale dovrebbe svilupparsi un vero e proprio “cordone protettivo”, anche culturale, che isoli chi garantisce il perseguimento di un interesse pubblico da chi rappresenta interessi privati che dalla decisione del potere pubblico possono derivare vantaggi o penalizzazioni. Esemplifichiamo: ricordo anni fa la circolare che un comune diramò a funzionari e dirigenti per ricordare (è legge, ma anche buon senso) il divieto di accettare regali di Natale che non fossero chiaramente simbolici. Il panettone va bene, il Rolex o la settimanan bianca a Cortina no. E non perché in quel regalo vi sia un atto corruttivo esplicito (verrebbe fatto per altri canali e con altri importi) ma perché – senza bisogno che il soggetto privato richiami alcun credito – un regalo costoso può far nascere un “occhio di riguardo” per eventuali decisioni future; o magari solo il sospetto che questo occhio di riguardo esista e quindi il rafforzamento della mentalità che così fanno tutti e per competere ad armi pari bisogna fare lo stesso.
Buon senso. Ma a questo punto mi chiedo: come è possibile che in questo dibattito non siano entrati i contributi da privati a partiti o a soggetti ad essi connessi. Non sto parlando, ovviamente, di 50 euro che il militante dona al suo partito, in cui crede, cui dedicate tempo e passioni, né, in questo momento, ai casi di finanziamento illecito vero e proprio. Parlo di cose legali. Parlo dei gestori delle tratte autostradali che hanno trasferito risorse un po’ a tutti, dell’ILVA che a quanto pare si sente idealmente vicina sia a PD che a Forza Italia, parlo del bel lavoro di Altreconomia che racconta di come le fondazioni vicine ad uomini politici ricevano contributi da soggetti imprenditoriali, tra l’altro spesso in modo anonimo.
Se giustamente vietiamo al funzionario comunale il regalo da 500 euro, come mai accettiamo che possano ricoprire responasbilità pubbliche persone che hanno ricevuto direttamente o indirettamente decine o centinaia di migliaia di euro da soggetti privati aventi interessi espliciti nell’esito della regolamentazione pubblica?
Magari nulla di illegale e forse nulla di arginabile in via giudiziaria, ma si tratta di fenomeni che minano alla radice la credibilità della classe politica, alimentano i peggiori sospetti ma soprattutto, trasmettono il messaggio che è normale per il decisore pubblico essere permeabile rispetto agli interessi privati e che possa muovere il proprio interesse non sulla base dell’interesse collettivo, ma mosso dalla vicinanza con interessi particolari. E’ strano che tanta gente non vada a votare quando chi amministra la cosa pubblica accetta ingenti somme di denaro da soggetti che, a seconda delle scelte del decisore pubblico, possono guadagnare molti, molti soldi a discapito del mio portafoglio, della mia salute o dell’ambiente in cui vivo?
P.S.: Schienedritte non si limita a fustigare, ma testa anche i nostri anticorpi. Riterremmo ammissibile che – invece di affidarsi solamente alle armi della persuasione e della mobilitazione – il mondo cooperativo facesse donazioni / pubblicità sulle riviste / finanziamento ricerche / ecc., a fondazioni legate agli uomini politici che sostengono di non innalzare l’IVA ai servizi resi da cooperative? Quanti tentennamenti? Quanti “Ma in fondo anche negli USA patria della democrazia le lobby… ecc.,”? Pochi, vero?
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