Viviamo in un Paese dove la corruzione è costume diffuso e piaga endemica dilagante. Secondo la classifica redatta annualmente da Trasparency International, nel 2012 l’Italia si colloca al 72° posto tra i 176 Paesi analizzati dalla famosa realtà non governativa che ha appena pubblicato il suo “Global Corruption Barometer 2013: Report”. Siamo ancora li a metà classifica, ben accodati a Paesi come ad esempio Porto Rico, Rwanda, Ghana, Cuba o la Bosnia Herzegovina. Un dato preoccupante, visto che ormai, posizione più posizione meno si conferma da anni, che se incrociato con quanto appena rilevato dallo stesso Barometro rispetto alle cause percepite dei fenomeni di corruzione dovrebbe allertare i nostri dirigenti politici e le nostre istituzioni, nonché innescare serie e urgenti contromisure.
Secondo il sondaggio, effettuato da TI su un campione di 114.000 interviste in 107 Paesi, infatti, il 54% delle persone pensa che i rispettivi governi siano largamente o totalmente controllati da circoli ristretti di persone che agiscono nel loro proprio interesse e uno su tre dichiara di aver pagato una tangente quando ha dovuto interagire con una istituzione pubblica del proprio Paese.
E in Italia ? Il 77% delle persone pensa che il Parlamento sia corrotto; l’89% pensa che lo siano i partiti politici; il 52% lo pensa delle imprese e il 61% della magistratura; il 45% dei media e il 39% delle realtà religiose. Si salvano a malapena le ONG che fanno registrare un “lodevole” 26% di persone che pensano che anche tra il volontariato sia penetrato il costume delle “mazzette” e dei favoritismi.
Ma il dato più preoccupante di tutti, è che ben il 39% dei nostri concittadini si sono rassegnati al fatto che la “gente comune” nulla può fare per rimediare a questa incresciosa situazione.
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