Cultura

Corre nel guinness dei rinati

«Con la mia cecità», scherza la giovane fondista americana, «c’è sempre il rischio che sbagli strada, per questo devo sempre stare incollata ai primi».

di Federico Cella

Marla ha grosse difficoltà a leggere, a guardare la televisione, a vedere le facce delle persone con cui parla. Ma quando si tratta della linea d?arrivo, in questo caso proprio non ha problemi: la sente, la cerca, e ci arriva, velocissima, battendo tante sue colleghe atlete ?normali?. Stiamo parlando di Marla Runyan, velocista americana che negli ultimi Campionati mondiali di atletica, a Siviglia, si è piazzata decima nella finale dei 1.500 metri. Davani a lei c?erano nove donne ?vedenti?, mentre Marla è stata la prima atleta ufficialmente registrata come ?cieca? in una competizione internazionale di massimo livello come i Mondiali. È stato qualcosa di meraviglioso vederla arrivare in finale, dopo essersi sbarazzata facilmente delle batterie preliminari e aver battuto un buon numero di colleghe in semifinale. Così, a 30 anni, Marla Runyan da Eugene, Oregon, è approdata a un appuntamento importante per lei, ma non solo. Vederla concorrere e correre con le atlete top al mondo, prendersi sette secondi dalla vincitrice russa, Svetlana Masterkova, ma dopo aver condotto una gara in piena competizione, è stato a detta di molti un segno importante di integrazione possibile, di differenze che non vengono più valutate come qualitative, ma solo quantitative. E questo sicuramente grazie anche alla perfetta organizzazione spagnola, che ha predisposto tutta la cittadella degli atleti in modo da renderla perfettamente agibile sia agli abili che ai cosiddetti disabili. Nessuna strada, nessun oggetto o scritta (tutte anche in braille) hanno costituito un handicap per Marla – ma anche per i sedici atleti non vedenti che hanno partecipato alla cerimonia di inaugurazione. E così Marla ha voluto ripagare l?organizzazione di Siviglia, e il mondo intero, con immagini di una felicità che non poteva essere solo sua. La muscolosissima ragazza americana, un fisico da sportiva nata, aveva iniziato a utilizzare le sue doti giocando a calcio. Poi, a nove anni, i primi segni della sua malattia, la degenerazione maculare, una patologia genetica della retina molto rara (ne è affetta anche la nostra Annalisa Minetti, la bellissima vincitrice del Festival di Sanremo) che proprio per questo motivo non ha ancora un cura appropriata (la mancanza di un grosso business ha tenuto lontane le aziende farmaceutiche). «Quando avevo quattordici anni la malattia aveva quasi completato il suo corso», ci spiega Marla Runyan, «non riuscivo più a vedere il pallone, c?era poco da fare. Però devo dire che non ho mai vissuto momenti di sconforto, sapevo che la mia vita doveva essere quella di una sportiva. E così ho subito pensato a due cose, fondamentali per non cadere in depressione: che comunque avevo ancora l?abilità per fare qualunque cosa, e che ero davvero veloce». E la Marla non più calciatrice per forza, si è così buttata sulle piste di atletica. I cento metri, quindi i duecento (di cui detiene il record della versione paraolimpica, con 25,31 secondi, a soli quattro secondi dalla recordwoman Florence Griffith Joyner), per poi approdare ai 1.500, dove, a fine luglio, aveva vinto al foto finish i Giochi Panamericani. «Mi manca ormai quasi completamente la vista frontale, mentre riesco a distinguere i contorni ai lati della visuale», descrive Marla, che usa delle finissime lenti a contatto che le permettono una certa mobilità in spazi ristretti. «L?unico mio terrore è quando vado in giro da sola, ho sempre il timore di perdermi. Anche perché nessuno mi aiuta, dato che non sembro certo una persona che ne ha bisogno». E questo accade puntualmente ogni volta che la ragazza indossa la sua minuscola tenuta da gara, e si mette alla caccia della linea d?arrivo. Potendo anche contare sulla famosa necessità che diventa una virtù: «Quando sono in gara non posso assolutamente permettermi di perdere il contatto con le prime. Sai», scherza, «c?è sempre il rischio che sbagli strada. Quindi devo rimanere incollata a quelle che stanno davanti». Concedendosi anche il vizio, spesso, di superarle all?ultimo momento e vincere. E così la bellissima storia estiva di Marla Runyan si è imposta agli occhi di tutto il mondo, senza neanche avere bisogno di un ?pompaggio? mediatico. Ed è andata a porsi al fianco di altre storie come la sua (alcuni esempi potete vederli sintetizzati in questa pagina), dalle imprese di coloro che hanno combattutto e vinto il ?male oscuro?, come il ciclista Lance Armstrong o l?ostacolista svedese Ludmilla Engquist, alle storie del passato di molti altri atleti disabili. Come l?olimpionica Karoly Takacs, campionessa europea di tiro con la pistola con la mano destra fino al 1938, quando una granata le distrusse per sempre il braccio magico: la campionessa ungherese vinse l?oro olimpico nel ?48 e nel ?52 utilizzando la mano sinistra. Storie destinate a colmare le distanze, in grado di far rendere conto di come i ?disabili? non siano poi così diversi dai ?normali?. Un concetto che ben si spiega con una dichiarazione rilasciata da Marla Runyan all?atto di affrontare la finale di Siviglia: «Mi trovo qui perché nelle competizioni paraolimpiche ero ormai arrivata alla vetta, e per raggiungere il mio pieno potenziale di atleta avevo bisogno di scendere in competizione con le atlete top. Ma, soprattutto, perché non c?è nessun motivo, dato che me lo sono guadagnato con i tempi, perché io non sia qui».


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