Mondo

Coronavirus in Africa: la mappa per seguire l’evoluzione dell’epidemia

Stando ai dati ufficiali il continente africano sarebbe meno colpito rispetto al resto del mondo. Per l'Unione Africana il numero totale di morti è di 3348 e il numero totale di infezioni è di 111.348. Ma la situazione, avverte l'OMS, è esplosiva

di Marco Dotti

Nessuno sa davvero cosa stia accadendo nel continente africano. A dispetto dei numeri ufficiali, l'Africa e la diffusione del coronavirus restano un punto critico da osservare con attenzione e scrupolo.

Stando ai dati ufficiali il continente africano sarebbe meno colpito rispetto al resto del mondo. Per l'Unione Africana il numero totale di morti è di 3348 e il numero totale di infezioni è di 111.348.


Per monitorare la situazione, Jeune Afrique ha messo a punto una mappa che tiene conto di tre variabili: il numero di decessi legati al virus, il numero totale di casi segnalati dall'inizio dell'epidemia e il numero di guarigioni registrate.

Tuttavia, ha osservato Aurélie Didier, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha ripetutamente avvertito che Covid-19 è una bomba a orologeria per l'Africa: quando scatterà l'innesco, il Continente non sarà in grado di far fronte al virus, soprattutto a causa della mancanza di infrastrutture sanitarie. Ecco perché per il direttore dell'Organizzazione mondiale della sanità, l'Africa deve «prepararsi al peggio».

Secondo Catherine Linard, professore di geografia sanitaria «il grande problema in Africa è che abbiamo poche informazioni perché la capacità di test è ridotta. In Europa, la pandemia è già difficile da monitorare e in Africa lo è ancora di più: all'inizio della crisi, c'erano solo due laboratori in grado di effettuare test per tutto il Continente. Tuttavia, nel giro di poche settimane la capacità diagnostica è aumentata».

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.