Non profit
Cordone, servono più donatori
Parte una campagna per far aumentare le donazioni di cordoni ombelicali, “serbatoi" di cellule staminali utili per combattere malattie come la leucemia
di Redazione

Generosi si nasce. Fin dal primo vagito si può imparare ad aiutare chi soffre, e le mamme italiane dovrebbero insegnarlo ai loro figli donando al momento del parto il sangue del cordone ombelicale: in soli 100 centimetri cubi si nasconde una miniera di cellule staminali adulte salvavita, da condividere con «un gesto di solidarietà che poi ‘torna indietro’. Perche’ mettere qualcosa a disposizione di tutti significa poterne usufruire anche in prima persona in caso di necessità». Con questo messaggio parte da Milano la campagna Informare per educare.
L’obiettivo è triplicare le donazioni di sangue cordonale tra i genitori della Penisola. Anzi di più: dalle circa 25 mila donazioni utili al trapianto che già oggi si registrano in Italia (11mila solo in Lombardia) bisogna salire a 100mila, è l’appello. A promuovere l’iniziativa di sensibilizzazione, sostenuta dalla Regione Lombardia, sono le Cord blood bank di Milano e di Pavia, rispettivamente ospitate dalla Fondazione Policlinico Mangiagalli e dalla Fondazione Policlinico San Matteo.
La campagna mira a incentivare la donazione «allogenica» (quella cioè a disposizione di tutti) per creare una riserva di staminali adulte da utilizzare per curare malattie come le leucemie. Nelle prossime settimane saranno distribuiti opuscoli e locandine negli ospedali lombardi, nei consultori, negli ambulatori dei medici di famiglia e dei pediatri, così come nelle scuole e nelle università, «per aiutare i genitori a conoscere ed essere consapevoli dell’importanza della donazione, e per fornire indicazioni utili sui centri a cui rivolgersi».
Quelle ricavate dal cordone, spiega Paolo Rebulla, direttore del centro risorse biologiche del Policlinico «sono cellule valide e capaci di curare il midollo osseo ad esempio nei malati di leucemia, con dati di efficacia simili a quelli del trapianto di midollo. Alcuni studi hanno visto che, se queste cellule vengono trapiantate due volte, la sopravvivenza del malato a 18 mesi passa dal 20% al 43%: un dato che andrà consolidato nel tempo, ma che fa ben sperare». Ma una cultura della donazione su questo fronte fa fatica a farsi strda: a fronte di 500mila nascite in Italia ogni anno, ad oggi in tutta la Penisola si contano solo 20-25mila donazioni. Nelle due più grandi banche del cordone in Italia, quella di Milano e quella di Pavia, sono conservati rispettivamente 7.500 e 3.500 campioni. Il traguardo delle 100 mila donazioni servirebbe, spiega Rebulla, «ad avere una fonte di staminali adeguata per curare gravi malattie del sangue e del sistema immunitario come leucemie, linfomi o talassemie, e per le quali certi pazienti non dispongono un donatore compatibile di midollo osseo».
LE BIOBANCHE
Se la cultura della donazione è poco diffusa, sono sempre di più le mamme (tra cui alcune vip, come Federica Panicucci ad Ambra Angiolini, Federica Fontana, Justine Mattera) che al momento del parto scelgono di stoccare a caro prezzo in biobanche estere le cellule staminali del cordone ombelicale per un eventuale, futuro uso autologo: una sorta di ‘assicurazione biologica’ sulla vita del proprio bebè, che in Italia attualmente è prevista soltanto per i neonati che potrebbero aiutare fratellini o sorelline colpiti da malattie genetiche. Pur inconsapevolmente, queste madri rischiano di diffondere un falso messaggio, e cioè che la conservazione delle staminali ombelicali per ‘uso privato’ si fondi su evidenze scientifiche definite. «Non è cosi», ha detto l’ex ministro della Salute e presidente dell’Associazione ‘Amici del Policlinico e della Mangiagalli donatori di sangue’, Girolamo Sirchia, durante il lancio della campagna. «Trovo la conservazione autologa di staminali cordonali sia eticamente discutibile», spiega l’esperto di immunoematologia e trapianti. Soprattutto perché, mentre la classica conservazione cosiddetta allogenica solidaristica «è gratuita», quella autologa «costa caro». Le banche commerciali straniere che offrono questo servizio «chiedono un pagamento iniziale di circa 1.000, 2 mila euro», dice Rebulla, «a cui vanno poi aggiunte quote annuali” anche superiori ai 100 euro. Bisogna resistere alla tentazione di pagarsi un’assicurazione biologica di cui non si conoscono i reali benefici», avverte Rebulla. «Non è detto che in futuro la scienza non produrrà risultati positivi, ma per il momento l’unico punto fermo è un lavoro pubblicato in luglio da uno scienziato neozelandese. L’autore elenca tutta una serie di malattie, rilevando che la conservazione solidaristica è utile contro un lungo elenco di patologie, mentre quella autologa per nessuna». In attesa di un contrordine basato su evidenze ben definite, dunque, l’invito resta «donare per tutti e non per sé».
Nella foto, una banca del cordone a ShangaiNessuno ti regala niente, noi sì
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