Welfare

Corano e Bibbiabdanno buoni bond

marketing & finanza la grande crisi fa scoprire che...

di Redazione

La banca islamica non è destinata solo ai musulmani
o agli arabi, è aperta a tutti. E offre prodotti che si basano
su principi morali universali… «Non farai al tuo fratello prestiti a interesse, né di denaro, né di viveri, né di qualunque cosa che si presta a interesse».
(Deuteronomio 23,20)
«O voi che credete, temete Allah e rinunciate ai profitti dell’usura se siete credenti». (Corano, Al-Baqara, 278)

di Imane Barmaki
L a finanza islamica si ispira alla religione musulmana attraverso la scelta di strumenti che riflettono la preferenza per la partecipazione azionaria rispetto ai finanziamenti basati sul debito e la preferenza per il divieto di interesse. In base a questo approccio, il denaro deve essere investito in business produttivi e non su derivate che promettono crescita solo sulla carta.
La banca islamica, quindi, non è una banca destinata solo ai musulmani o agli arabi. La banca islamica è aperta a tutti: musulmani, cristiani, ebrei, buddisti e atei. È un prodotto universale perché i prodotti dell’islamic banking a disposizione della clientela si basano su principi morali universali, che hanno il loro riferimento in alcuni dettami etici della religione islamica come il divieto di farsi pagare gli interessi, di effettuare speculazioni, oppure ancora di non partecipare al rischio dell’investimento.
Divieti espressi anche nella Bibbia, in particolare nell’Antico Testamento: in Ezechiele , (18, 8), si esprime il divieto del prestito con gli interessi. Nel IV secolo l’usura è stata definita dai padri della Chiesa come «un peccato diabolico» proprio in base a un passo del Vangelo di Luca (6, 34ss).
Nel libro Ritorno alle virtù di monsignor Gianfranco Ravasi, emerge un ottimo e semplice spaccato delle interpretazioni delle virtù cristiane. Da questo si desume che le quattro virtù cardinali dei cristiani hanno una totale assonanza e comunità di valori con la finanza islamica: la prudenza (che rispecchia il rifiuto della speculazione); la giustizia (che rispecchia la conpartecipazione al rischio); la fortezza (che è intesa dai cristiani anche come bontà e che rispecchia l’impegno alla solidarietà) e la temperanza (la giusta misura, l’equilibrio, il controllo ma anche la condivisione).
A monte di queste precisazioni e poiché il mercato di potenziali consumatori italiani non è di fede islamica, per piazzare gli islamic bond nel mercato italiano, secondo me, può essere utile comunicare alle clientele interessate e anche a quelle scettiche come l’aggettivo “islamico” non è l’asset portante di questo tipo di finanza. Non è infatti la religione per sé che conta, ma la sua componente di “giustizia economica” che fa la differenza rispetto ai prodotti offerti dalle grandi banche di affari. Le attuali crisi finanziarie stanno rendendo la finanza islamica e il suo concetto di giustizia economica la nuova ricetta contro il crollo dei mercati o meglio la nuova alternativa etica al capitalismo liberale.

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