Famiglia

Coppia dell’acido, adozione inevitabile

Per il bambino di Martina Levato la richiesta del pm milanese fa leva su molti elementi oggettivi: 14 anni sono tanti e non c’è stato nessun pentimento. Intervista al magistrato minorile Laura Laera, presidente del tribunale per i minorenni di Firenze

di Giuseppe Frangi

«In casi eccezionali come questo il pregiudizio causato al bambino dal fatto stesso di avere quei genitori è maggiore del pregiudizio che gli deriva dal perderli. Anche quando ciò avviene a scapito dell’interesse a conoscere le proprie origini». Così ha scritto Annamaria Fiorillo, il pm milanese che era di turno nella notte tra venerdì e sabato quando è nato il piccolo, figlio di Martina Levato e Alex Boettcher, la “coppia dell’acido” condannata a 14 anni per aver sfregiato l’ex fidanzato della ragazza.

Ieri i giudici del tribunale per minorenni di Milano hanno deciso che Martina Levato potrà vedere suo figlio una volta al giorno, ma solo in presenza di operatori sanitari. La visita dovrà essere di durata contenuta e il piccolo non potrà essere allattato al seno. Gli stessi giudici hanno anche aperto il procedimento di adottabilità del minore, come ha richiesto il pm Annamaria Fiorillo.

Sul caso Vita.it ha intervistato Laura Laera, presidente del tribunale per i minorenni di Firenze ed ex presidente dell’Associazione italiana magistrati per i minorenni e la famiglia.

Giusto procedere subito con la richiesta di adottabilità?
«Ho molto stima della collega Fiorillo. Sa quello che fa, e per come la conosco, non ha piacere a farlo… Credo quindi che abbia in mano elementi oggettivi per avanzare questa richiesta di procedura di adottabilità. Del resto esistono anche elementi oggettivi che portano a pensare che sia una scelta corretta, anche vista dall’esterno. Non a caso tutti i commenti, come quello di Massimo Recalcati su Repubblica, giustificano la decisione».

Quali elementi?
«Ad esempio la condanna a 14 anni. La mamma potrà godere anche di qualche beneficio, ma questo significherebbe per il bambino stare in una struttura carceraria sino a sei anni. Vuol dire sottoporlo a una prova pesante, con tutta l’incertezza che pesa sulla condizione psicologica della donna. Mi ha colpito ad esempio anche il fatto che probabilmente quando ha compiuto quel gesto Martina Levato nei confronti del suo ex fidanzato lei sapesse di essere incinta».

Colpisce il fatto che il bambino non sia stato neanche fatto vedere alla madre…
«Quelle sono modalità discrezionali e soggettive, anche se è facile capire come la separazione sia emotivamente crudele. Ma in questo momento dobbiamo pensare a qual è il bene del bambino come priorità. Se è meglio procedere con l’adottabilità o se c’è spazio per un affido, nel senso che si ritiene che nel tempo ci sia spazio per un suo rientro in famiglia. Ma, ripeto, 14 anni sono tanti. E poi ricordiamoci sempre che questa situazione è stata determinata deliberatamente dai genitori, non è frutto di condizioni esterne».

Si può pensare ad un affidamento ai nonni?
«Bisogna avere più elementi. Si dovrà procedere con delle perizie, che possono esser fatte solo ora, perché il fascicolo per la giustizia viene aperto nel momento della nascita del bambino. Anche in questo caso si dovrà valutare la loro capacità di essere sostituti genitoriali. Ma al centro ci deve essere sempre l’interesse del bambino. Teniamo poi presente che a quel che sappiamo la mamma non ha mostrato nessuna presa di coscienza rispetto a quanto ha fatto. Anche questo è un elemento oggettivo che pesa. È giusto lasciare un bambino a una donna che ha compiuto quel gesto e non ha nessuna consapevolezza delle proprie azioni e delle sue conseguenze? Sarà il tribunale per i Minorenni di Milano a dircelo dopo aver compiuto tutti gli approfondimenti necessari».


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