Governi e difesa della Terra
Cop 29, chi diserterà la guerra al cambiamento climatico?
A Baku, in Azerbaijan, inizia oggi la 29^ Conferenza sul clima. Dalla finanza alla promessa di uscire dal fossile, dai sistemi per la compensazione di carbonio al fondo per le perdite e i danni: ecco i temi al centro dei negoziati, a cui partecipano circa duecento Paesi del mondo
La finanza climatica è al centro della Cop29, la Conferenza delle Nazioni unite sul clima, che inizia oggi a Baku, in Azerbaijan, e terminerà il 22 novembre. I circa duecento Stati del mondo che partecipano ai negoziati dovranno accordarsi sulla somma da trasferire ogni anno, a partire dal 2025, ai Paesi in via di sviluppo (così definiti al Summit della Terra di Rio de Janeiro nel 1992), per il taglio delle emissioni di gas serra e l’adattamento: il New collective quantified goal. A oggi, la cifra concordata è di 100 miliardi di dollari all’anno. Ma la questione è anche chi deve contribuire.
Chi paga per il clima
Secondo il portale britannico Carbon brief, la richiesta di molti Stati in via di sviluppo sarebbe un trilione all’anno entro il 2035, mentre i Paesi sviluppati non hanno ancora proposto nessun numero e, soprattutto, vorrebbero che a contribuire fossero anche le economie emergenti, come la Cina e gli Stati del Golfo: Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, tutti considerati “in via di sviluppo”. La Cina oggi è al primo posto per emissioni di gas serra e rappresenta la seconda economia globale, dopo gli Usa.
Non sarà facile trovare un accordo, soprattutto dopo la rielezione di Donald Trump, che considera il cambiamento climatico “una truffa” e ha già annunciato l’uscita, per la seconda volta, dall’Accordo di Parigi. L’Ue ha dichiarato che si opporrà a un obiettivo maggiore di 100 miliardi di dollari all’anno, a meno che non siano chiamati a partecipare anche gli Stati emergenti.
Transitioning away…
La Cop28 di Dubai, un anno fa, si è conclusa con l’impegno di uscire dal fossile: transitioning away, una formula che lasciava aperti spazi di interpretazione. Secondo quanto scrive The Guardian, Paesi come l’Arabia Saudita stanno cercando di defilarsi, sostenendo che l’impegno non sarebbe vincolante e che gli Stati sarebbero stati quasi obbligati ad assumerlo, senza avere il tempo di considerare in modo appropriato tutti i risvolti.
Bilancio globale
Oltre all’uscita dai fossili, un anno fa i Paesi si sono accordati per triplicare le rinnovabili e per raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030. Alla Cop29 dovranno riprendere la discussione. È un momento cruciale, perché a febbraio 2025 dovranno essere presentati i nuovi piani nazionali del clima, Nationally determined contributions, che saranno poi valutati alla Cop30 in Brasile, tra un anno. Dovranno necessariamente essere più ambiziosi degli attuali, se si vuole limitare il riscaldamento globale entro 1,5°C a fine secolo, come prevede l’Accordo di Parigi. Un recente report dell’Agenzia nazionale dell’Onu per l’ambiente – Unep, calcola che, mantenendo invece gli impegni assunti oggi quanto al taglio delle emissioni, aumento delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, la temperatura del pianeta salirebbe tra il 2,6 e il 3,1°C a fine secolo, mettendo a rischio il futuro dell’umanità, del pianeta e dell’economia,
Compensare le emissioni
Un obiettivo della Cop29, dopo anni di discussioni che non hanno mai portato a niente, è riuscire a stabilire i meccanismi di funzionamento dei mercati di carbonio, sia quello tra Stati sia quello internazionale, istituiti dall’articolo 6 dell’Accordo di Parigi. Non è ancora chiaro, infatti, quali progetti possano generare crediti di carbonio per compensare le emissioni di gas serra che non possono essere evitate. In generale, i negoziatori hanno molti dubbi sulla loro efficacia, anche per i vari scandali emersi in passato. E di recente, come quello dei crediti fantasma di Verra, il principale fornitore mondiale di compensazioni di carbonio a difesa delle foreste. Ma quest’anno a Baku potrebbe essere la volta buona per i mercati del carbonio, perché potrebbero essere inclusi nel capitolo della finanza climatica.
Perdite e danni
Il fondo Loss & Damage, istituito un anno fa a Dubai per sostenere perdite e danni irrecuperabili dovuti al cambiamento climatico, oltre a dipendere dalla generosità dei donatori, che non sono obbligati a contribuire, deve ancora diventare operativo. Molto probabilmente i Paesi più colpiti, come le piccole isole, faranno il possibile per chiederne l’attivazione. Ma c’è anche chi, come la Papua Nuova Guinea, ha deciso di non partecipare alla Cop29, considerandola «una perdita di tempo».
In apertura, un allagamento in Australia, foto di Grace Koo su Unsplash
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