Formazione

Coopi: quei campi fantasma

Il Darfur, area situata nell'estremità occidentale del Sudan, é chiuso da febbraio.

di Emanuela Citterio

“Sono arrivati i cavalieri mascherati dal nord del Ciad, con tanto di sciabole, e hanno detto che i profughi del Darfur non potevano rimanere. Nonostante avessimo preso accordi con il sultano e fossero già stati scavati i pozzi, è stato necessario individuare un nuovo sito dove allestire un nuovo campo”. Giacomo Franceschini, che coordina l?intervento di Coopi per i profughi del Darfur, è appena tornato dal Ciad. “È un mondo”, sottolinea, “dove un?azione umanitaria deve tenere conto di imprevedibili implicazioni”. Il Darfur, area remota nell?estremo ovest del Sudan, da febbraio è ?sigillato?. Le notizie arrivano con il contagocce: da una missione Onu, dalle poche agenzie umanitarie autorizzate. Oscilla anche il numero delle vittime: 10mila secondo le stime ufficiali, molte di più, fino a 30mila, per altre fonti. Gli unici testimoni sono i profughi, che a migliaia continuano a riversarsi nel vicino Ciad. Da febbraio, 115mila secondo l?Alto commissariato per i rifugiati, che in Ciad ha allestito sei campi profughi. Coopi ne gestisce uno e ne sta allestendo un altro nella stessa zona insieme all?Acnur. “I profughi riferiscono di essere attaccati da milizie arabe legate al governo sudanese, che saccheggiano i villaggi e depredano la popolazione del bestiame. Per sfuggire alle incursioni la gente si sposta prima sulle colline e poi, se non trova rifugio, varca il confine”. Già presente da sette anni con progetti sanitari e due medici nell?ospedale di Goz Beida, l?ong italiana ha inviato altri quattro cooperanti per l?emergenza profughi. “Il nostro campo era per 7mila persone, ma ce ne sono già quasi 13 mila”, racconta Franceschini. “La situazione sanitaria e alimentare dei profughi nella nostra zona è buona, mentre nei quattro campi più a nord si sono registrati casi di colera e di malaria”. Ma la missione di Coopi rischia di incontrare sempre più problemi dal punto di vista logistico. “L?arrivo dei profughi ha causato tensioni con la popolazione locale, che appartiene a una diversa etnia. Abbiamo dovuto individuare un altro sito per il nuovo campo, ma fra due settimane entreremo nella stagione delle piogge e le strade saranno impraticabili”, continua Franceschini. “L?unica soluzione è il ponte aereo: grazie a un accordo con Aviation sans frontieres ci sarà un aereo vicino al campo per le emergenze sanitarie e per l?approvvigionamento di viveri e medicine”. La crisi nel Darfur sta creando tensione fra il Sudan e il Ciad. All?inizio di maggio c?è stato uno scontro tra l?esercito ciadiano e i predoni arabi Janjaweed attivi nel Darfur, vicino alla frontiera. “Il Ciad sta spostando militari lungo il confine. Per questo il governo non vuole che ci siano profughi in quella zona”.


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