Convention Cgm

Cooperazione sociale: partire dai dati per arrivare all’impatto

Le imprese sociali sono sempre più esposte a flussi di big data. «Ma dobbiamo abbandonare la visione futurista: le trasformazioni stanno accadendo adesso. La nostra chiave di lettura deve essere il presente», spiega il sociologo Flaviano Zandonai, durante la Convention del Consorzio Cgm, “Direzioni –  Intelligenze collettive per una nuova economia sociale”.«Vogliamo affrontare la complessità mettendo in moto le nostre intelligenze collettive», dice la presidente di Cgm Giusi Biaggi

di Anna Spena

Siamo nel pieno di un’era “data driven” che influisce in maniera evidente su preferenze, scelte di consumo, esercizio del potere sia come persone che come organizzazioni e istituzioni. L’avvento dell’intelligenza artificiale come applicativo di uso comune mette al centro un ulteriore fattore di elaborazione, che sfida la “capacità di calcolo” degli esseri umani, in particolare se agiscono come intelligenza collettiva all’interno di team di lavoro, organi di governo, comunità di pratica.

Le  politiche del futuro saranno sempre più basate sulle evidenza e la cooperazione sociale dovrà, sempre più, essere capace di costruirle. La stessa impresa sociale è sempre più esposta a flussi di big data in grado di generare nuovi contesti tra l’analogico e il digitale, all’interno dei quali è possibile elaborare modelli innovativi di cura, educazione, inclusione. 

Dati, infrastrutture “phygital” e intelligenze collettive è uno degli scenari che si sta affrontando durante la XV convention di Cgm, Consorzio che opera su scala nazionale attraverso una grande Rete di consorzi territoriali, imprese e cooperative sociali. Titolo dell’evento in programma al DumBo di Bologna (20-22 giugno) è “Direzioni –  Intelligenze collettive per una nuova economia sociale”.  Al centro delle riflessioni della convention, insieme ai dati e alla loro costruzione e utilizzo, anche  l’implementazione del Social Economy Action Plan italiano e la Nuova Generazione al lavoro: un nuovo contratto sociale.

«Le cooperative sociali devono darsi una nuova direzionalità per diventare veri protagonisti del futuro. Quello che siamo ora non basta ad affrontare le sfide di oggi. Il nostro potenziale è più ampio di ciò che abbiamo espresso fino ad ora. Vogliamo affrontare la complessità mettendo in moto le nostre intelligenze collettive, e l’impresa sociale può fare la differenza solo se mette al centro la sua natura collettiva. Possiamo diventare motore del cambiamento solo se siamo consapevoli del valore che sappiamo generare. Anche per l’Unione Europea l’economia sociale ha il potenziale per cambiare il sistema economico di oggi. E sono quattro i pilastri sui cui lavorare: un nuovo investimento nel capitale umano, una sostenibilità perseguita per tutti, la cultura come leva trasformativa dell’impresa sociale, l’innovazione emergente», dice Giusi Biaggi, presidente di Cgm.

Ma come si diventa protagonisti del futuro? E in che modo i dati ci possono aiutare? Dobbiamo, paradossalmente, guardare indietro. Quella di volgere lo sguardo al passato è un’intuizione che è arrivata dal sociologo Flaviano Zandonai: «Pensate alle serie televisive», dice. «Ad un certo punto, quando queste hanno successo, i produttori scelgono di lavorare sui i prequel. Ovvero si vanno a ricostruire, e si raccontano, quelle situazioni che hanno portato alla serie di successo». Insomma si risponde a questa domanda: «Cosa ci ha portato qui?». 

«Guardare indietro», continua Zandonai, «guardare al passato, ci serve anche per togliere quest’aura di futurismo quando parliamo di infrastrutture, dati e intelligenze collettive. La chiave di lettura è il presente, non il futuro. Queste trasformazioni stanno accadendo adesso».

E allora cosa ci ha portato qua? Zandonai condivide un ricordo: «Quando ho iniziato a lavorare con Cgm riguardavo interi verbali, raccoglievo i dati, li inserivo nei file excel. Tutti quei dati, da un lato ci facevano conoscere un fenomeno, dall’altro lo descrivevano. Il database – la forza del dato – ci serve per generare conoscenza, la conoscenza del fenomeno è utile per sviluppare il modello di impresa». 

La cultura del dato (che non va contemplato e basta)

«Se io dovessi riscrivere la storia di Cgm», continua Zandonai, «e la sua cultura organizzativa, si vede, fin da subito, che in questa rete c’è la cultura del dato. Ma il dato non è solo “materia prima”, non è solo funzionale alla gestione delle attività. È qualcosa che ha accompagnato l’allargamento della rete». 

Ad oggi tutto questo può bastare? «No», ne è convito Zandonai. «Va tutto riportato sul piano del presente. E dal mio punto di vista sono tre le questioni interessanti: il modo in cui si costruisco i dati. Quanti cooperatori sociali sono costruttori di dati? Molto spesso sono proprio i cooperatori sociali che che li costruiscono insieme ai servizi, e quegli stessi dati ci dicono se quello che stiamo facendo è funzionale agli obiettivi che ci prefiggiamo. Siamo generatori di dati, siamo costruttori della risorsa dato».

E ancora: «Dobbiamo ragionare di più sul funzionamento delle intelligenze collettive. Siamo sfidati ad interpretare dati sempre più complessi e articolati.  Quindi dobbiamo anche concepirci come una comunità di pratiche che interagiscono con la risorsa dato. Altro elemento da sottolineare è che la rete cgm si è autocostruita su attività di ricerca».

In quest’ottica diventa quindi fondamentale mappare ciò che le imprese sociali stanno portando avanti. Motivo per cui l’obiettivo prossimo sarà quello di creare un Data Lab di Cgm, un progetto finalizzato a sviluppare la dimensione strategica del dato per le imprese sociali, un’iniziativa in cui tutte le realtà della rete possono contribuire allo scambio di informazioni rendendole disponibili e a servizio di tutti.

Una proposta concreta per rendere la tecnologia una vera risorsa per le imprese sociali e per la comunità è stata presentata dalla Cooperativa Sociale Ippocampo. Dopo la pandemia, i dati mostrano un sostanziale aumento del disagio giovanile, rappresentato in particolare da oltre 60 mila casi di grave ritiro sociale (i cosiddetti hikikomori) in tutta Italia. Per aiutare i ragazzi ad uscire da casa e ritornare a scuola, ad avere un dialogo e un incontro con l’altro, Ippocampo ha progettato un videogame: “A scuola con gli avatar“. Uno strumento pensato per agganciare i ragazzi nel loro isolamento parlando una lingua a loro nota. All’interno del gioco dovranno affrontare delle sfide legate alle materie scolastiche. Successivamente saranno coinvolti in attività manuali che li porteranno a poco a poco ad incontrare i propri coetanei. L’obiettivo è farli conoscere tra loro e farli uscire dall’isolamento creando un metaverso differente.

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