Politica
Cooperazione italiana allo sviluppo: il governo batta un colpo
Si chiama Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS). Composto dal Presidente del Consiglio e dai ministri coinvolti (da vicino o da lontano) negli aiuti allo sviluppo, dovrebbe riunirsi una volta all'anno per assicurare la programmazione e il coordinamento di tutte le attività dell'Italia in materia di cooperazione internazionale. L'ultima riunione risale al 2015, da allora più nulla. Ed è sconforto nella società civile. L'appello di Nino Sergi, Policy Advisor della rete di ONG Link 2007.
di Nino Sergi
CICS, Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo. È composto dal Presidente del consiglio e dai Ministri degli esteri e della cooperazione internazionale, dell’interno, della difesa, dell’economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Il legislatore, con la legge 125/2014, ha chiaramente definito i sui compiti: “assicurare la programmazione e il coordinamento di tutte le attività in materia di cooperazione allo sviluppo, nonché la coerenza tra queste e le politiche nazionali”.
Si tratta di un compito importante e di un’esigenza ritenuta indispensabile per (finalmente) evitare doppioni e sprechi, delineare una mirata strategia politica dell’Italia nelle sue articolazioni nazionali e regionali, coordinare le attività, assicurare maggiore forza ed efficacia agli interventi. E’ un’ambizione che l’intero arco parlamentare ha voluto ma che finora è ben lontana dall’essere realizzata.
Il CICS è indispensabile per (finalmente) evitare doppioni e sprechi, delineare una mirata strategia politica dell’Italia nelle sue articolazioni nazionali e regionali, coordinare le attività, assicurare maggiore forza ed efficacia agli interventi.
Chi ha visto il CICS?, verrebbe da dire con preoccupazione, segnalando a Rai3 la sua scomparsa. Dopo essersi riunito nel 2015 per approvare il proprio regolamento interno, il documento triennale di programmazione e di indirizzo 2015-17 e la relazione sulle attività di cooperazione allo sviluppo svolte nel 2014, è sparito. Da un anno e otto mesi non esiste più alcuna linea di indirizzo, alcuna programmazione, alcun tentativo di coordinamento, alcuna esigenza di valutazione politica complessiva.
I pensieri e le preoccupazioni della politica sono altrove, salvo ogni tanto, a convenienza, declamare che ‘l’Italia si presenterà al G7 tra i primi paesi impegnati nella lotta alla povertà e alle ingiustizie che bloccano lo sviluppo di molti paesi e aumentano la forbice tra illimitata ricchezza ed estrema povertà’, o che è ‘impegnata in efficaci partnership con i paesi di emigrazione per affrontarne le cause strutturali’ o cose simili.
Tutte balle? Nonostante la necessità e il dovere di distinguere tra chi, nella politica e nelle istituzioni – non sono pochi – crede veramente e cerca di battersi ed agire perché le declamazioni si trasformino in impegni reali e in programmi concreti valutati nella loro bontà ed efficacia, pare proprio che questa volta si debba riconoscere che il rischio di essere sommersi da una montagna di balle esista davvero.
Chi ha visto il CICS?, verrebbe da dire con preoccupazione, segnalando a Rai3 la sua scomparsa.
Perché mai alla specifica Agenzia (limitandoci a questo esempio che possiamo definire “la madre delle contraddizioni italiane in materia di cooperazione per lo sviluppo”), creata per dare maggiore impulso alla cooperazione, non viene permesso di dotarsi delle mani, le gambe, gli occhi e il cuore indispensabili per riuscire a partire ed essere efficiente e pienamente attiva?
Le leggi della pubblica amministrazione impediscono infatti che l’Agenzia possa dotarsi dell’organico stabilito per legge, come impediscono che possano essere assunti dirigenti generali e dirigenti capi-ufficio con alta specializzazione nel settore: con competenze cioè che non possono trovarsi tra le eccedenze di un’amministrazione provinciale o di qualche comparto ministeriale, ma normalmente in realtà di cooperazione – governative, non governative profit e non profit, di agenzie internazionali – al di fuori dello stretto sistema dell’amministrazione pubblica. Si tratta, in fondo, di poche persone ma indispensabili al funzionamento dell’Agenzia che, così limitata, continua a vivere in un comatoso limbo che solo le buone volontà stanno tenendo in vita.
Le leggi della pubblica amministrazione impediscono infatti che l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo possa dotarsi dell’organico stabilito per legge.
Un forte appello quindi – prima di dover essere obbligati a rivolgerci a “Chi l’ha visto” – al Presidente del consiglio Paolo Gentiloni ed al Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale Angelino Alfano perché, in coda ad uno dei due prossimi Consigli dei Ministri, il CICS dedichi almeno un’ora per deliberare sulle linee guida e la programmazione 2017-2019 e per affrontare il tema del limbo in cui stanno obbligando l’Agenzia a causa di leggi contraddittorie e lontane da quei criteri di qualità ed efficacia che il Parlamento ha voluto indicare come prioritari. Diano cioè alla cooperazione per lo sviluppo la dignità, e quindi l’attenzione, che merita.
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