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Cooperazione internazionale, ecco i nuovi criteri per accedere ai bandi
Il ministero degli Affari esteri e l'Aics, Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, hanno modificato le regole che erano state redatto nel gennaio 2016. "Ci siamo resi conto che erano troppo restrittive e numerosi enti rimanevano fuori. Ci siamo riuniti con loro e dopo sei mesi di lavoro abbiamo concordato i cambiamenti necessari", spiega Mario Giro, viceministro degli Esteri
Cooperazione internazionale, si cambia. Dal 21 dicembre 2017 sono operativi i nuovi criteri di accreditamento all’Aics, Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, ente del Ministero Affari esteri. "Quelli emanati nel 2016 sono stati criticati da molte organizzazioni perché troppo restrittivi, ispirati ancora alla logica della legge 49/87. Da qui la necessità di un cambiamento, concordato con la stessa società civile”, spiega Mario Giro, viceministro degli Esteri. “Ci siamo resi conto che i criteri tradivano lo spirto della nuova legge e c’erano troppe barriere all’entrata, molti soggetti non riuscivano a iscriversi. Per questo nel maggio 2017 abbiamo redatto un libro bianco per l’allargamento dei criteri e da luglio a dicembre si è riunito un tavolo di lavoro con gli enti coinvolti che ha portato alla revisione finale”, aggiunge Giro. Il nuovo documento è disponibile integralmente sul sito dell’Aics (a questo link).
Gli enti coinvolti erano gli esclusi della prima ora che non rientravano nei parametri stabiliti ma erano comunque stati inseriti nella legge 125, la nuova legge sulla cooperazione internazionale: soprattutto associazioni di sostegno a distanza, varie organizzazioni del forum del Terzo settore e della diaspora (associazioni di immigrati in Italia). “E’ stato un momento intenso di confronto, con un buon metodo di lavoro che ha portato a cambiamenti condivisi”, aggiunge il viceministro degli Esteri. In particolare, “la sede che ogni ente deve dimostrare di avere non deve essere più di proprietà come nella prima stesura; si è alzata la soglia di deficit di bilancio massimo per accedere ai bandi, arrivata al 20%; è di 120mila euro anziché 150mila il quantitativo minimo di risorse già impiegate nei progetti di cooperazione per ciascuna organizzazione; si è inserita la possibilità di riconoscere filiazioni qualificate e partenariati strutturali nei luoghi di svolgimento del progetto”.
In fin dei conti, un passo in avanti “che fornisce ai nuovi soggetti di cooperazione della società civile una prospettiva di medio termine per essere iscritti”. Il testo, tra l’altro, avrà forse un’ulteriore revisione una volta entrata in vigore la legge sul Terzo settore. E c’è da segnalare che non tutti i nodi sono stati sciolti. Per esempio per molti enti medio-piccoli che non riescono ad accedere all’albo nazionale Aics si presenta un problema a livello di bandi di cooperazione regionali: potrebbero partecipare a tali bandi perché le soglie economiche di accesso sono basse, ma non riescono perché nei requisiti c’è anche il vincolo di essere iscritti allo stesso albo Aics. “Questo accade in Lombardia e Lazio, per esempio: abbiamo avuto un incontro con loro per presentare il problema”, conclude Giro.
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