Manca solo qualche giorno all’avvio della ormai famosa “fase due” dell’azione di governo che consisterà, in buona sostanza, nelle altrettanto famose liberalizzazioni soprattutto nei servizi. Un campo quest’ultimo, che l’attuale capo di governo aveva avuto modo di criticare per l’eccessiva rigidità a una maggiore concorrenza in un documento redatto su incarico del presidente della Commissione Europea. In attesa degli eventi, in questo stato di calma apparente nel quale governo, politica e lobbies affilano le armi prima dello scontro, può essere utile interrogarsi sul ruolo delle imprese cooperative. Sono agenti di libertà economica o strumenti di conservazione dello status quo? A un primo sguardo le cooperative potrebbero essere ascritte al campo del conservatorismo. Poteri più o meno forti adottano infatti questa forma giuridica: dalla Coop di “Falce e carrello” ai radiotaxi, fino ai servizi di welfare. Sistemi di gestione e di controllo che, in maniera più o meno esplicita, mirano a “incapsulare il mercato” per massimizzare l’interesse dei propri soci. Ma, va ricordato, che da oltre trent’anni a questa parte le imprese cooperative hanno reso esplicito il loro “coinvolgimento nella comunità” che significa apertura a uno spettro di portatori di interessi spesso più articolato e vasto anche della propria compagine sociale. Inoltre si puo’ aggiungere che in molti casi le cooperative organizzano l’attività di unita’ economiche che singolarmente non riuscirebbero ad accedere e a operare con efficacia nel “libero mercato”. Due buoni motivi dunque per riconoscere a queste imprese un ruolo importante per favorire una maggiore libertà economica. A patto pero’ che questi stessi punti qualificanti vengano adeguatamente gestiti e rendicontati, promuovendo intorno ad essi una maggiore e piu’ qualificata concorrenza.
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