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Cooperazione degli enti autorizzati: perché il sistema italiano è differente
Lo sapevate che gli enti autorizzati alle adozioni internazionali fanno anche attività di cooperazione? Perché è tanto importante? Le riflessioni di Daniela Russo (Ciai), Marco Rossin (Avsi) e Cinzia Bernicchi (AiBi) a margine del nuovo bando della CAI, che stanzia quasi 9,8 milioni di euro, il doppio del bando precedente
15 progetti, per 9.787.500 euro. Sono questi i numeri del nuovo Bando per il finanziamento di progetti di cooperazione internazionale pubblicato dalla Commissione Adozioni Internazionali, con risorse più che raddoppiate rispetto al bando del 2020. Bando che, lo ricordiamo, era stato atteso dagli enti per più di dieci anni. Quali sono le novità del bando? E soprattutto, qual è il significato della cooperazione internazionale degli enti autorizzati? Una riflessione a più voci, nei giorni in cui a Roma è in corso la seconda edizione della Conferenza Nazionale della Cooperazione allo Sviluppo (SDC)
Daniela Russo, Responsabile Adozioni e CIAIPE – Centro Psicologico ed Educativo del CIAI
La pubblicazione del bando della CAI per il finanziamento di progetti di cooperazione internazionale era stata preannunciata e noi enti autorizzati l’attendavamo speranzosi da tempo. Si tratta di una misura che consentirà di implementare interventi a favore dei sistemi di protezione dell’infanzia all’estero e di interpretare così in modo concreto il principio di sussidiarietà richiamato dalla Convenzione de l’Aja.
Tra gli effetti positivi del bando confidiamo nell’opportunità che possano proseguire quelle attività e quei programmi iniziati con il Bando CAI 2020 e tuttora in corso, che altrimenti rischierebbero di doversi interrompere proprio nella fase in cui si cominciano a raccogliere i primi risultati. Sappiamo infatti che per provocare un impatto di cambiamento efficace la variabile “tempo “, e quindi la durata di un progetto, può fare la differenza.
Il Bando prevede inoltre il lavoro di rete e questo aspetto crediamo rappresenti uno dei punti di forza, pur con le complessità che ne possono derivare, della proposta della CAI. Integrare competenze, esperienze e risorse, condividere strumenti, buone prassi operative e metodologie, consentirà non solo di trasferire nei Paesi questo bagaglio per offrire maggiori risposte ai tanti bisogni dei bambini soli, ma accrescere le conoscenze degli stessi Enti Autorizzati, contribuendo in questo modo a rafforzare il sistema adozioni Italia.
Marco Rossin, responsabile adozioni internazionali di Fondazione AVSI
Per gli Enti Autorizzati per le adozioni internazionali è un’occasione, l’ennesima, per dimostrare che la nostra funzione non è solamente quella di accompagnare bambini e famiglie nuove con l’adozione e sopravvivere a tutti i costi in un momento di crisi, ma rilanciare iniziative di cooperazione che contribuiscano a offrire la possibilità a molti bambini di crescere nel proprio Paese.
Nelle finalità del bando vengono richiamati i principi della Convention on the Rights of the Child (CRC) nella quale l’adozione internazionale viene citata come “un mezzo alternativo di custodia del bambino, se il bambino non può essere affidato a una famiglia adottiva o non può essere curato in modo adeguato nel Paese di origine”. Sebbene possa apparire un richiamo banale e quasi dovuto, è fondamentale fermarsi a riflettere se è quello che stiamo facendo quotidianamente. Se stiamo, noi Enti Autorizzati, arrancando anno dopo anno attraverso riduzioni del personale, ridimensionamento della qualità del nostro supporto alle famiglie, erogazioni di contributi pubblici, o piuttosto provando a contribuire veramente al benessere dei bambini nei loro Paesi di origine.
Solo quando ci troviamo di fronte, quotidianamente, Haja, Samuel, Vytautas, Esmel o Emy e siamo assolutamente certi di aver messo in campo tutti gli strumenti perché possano crescere nel loro Paese, perché lì possano avere un futuro, una vita decorosa e qualcuno che si prenda cura di loro in maniera adeguata, da genitore, perché possa essere rispettato il loro diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo (CRC, art. 6); solo in quel momento potremmo essere ragionevolmente sicuri di stare facendo la cosa giusta trovando loro una famiglia lontana migliaia di chilometri, geograficamente e culturalmente.
Il bando propone progetti per 3 aree geografiche: America Latina, Asia e Africa. Oltre alle fisiologiche differenze che Paesi dello stesso continente portano con sé, dovremo fare i conti con differenze abissali tra i continenti e con le situazioni che queste differenze ci porranno davanti. Non sarà semplice seguire i principi insindacabili che sono il nostro faro in ogni Paese. Troveremo interlocutori più competenti di noi e interlocutori che faticheranno a comprendere l’utilità del nostro intervento in un contesto dove “le cose sono sempre andate bene così”. La nostra sfida rimane sempre questa, ossia porci come soggetti consapevoli sia del contesto in cui operiamo, sia della nostra possibilità di apportare un valore aggiunto, un supporto a chi si impegna per fornire ai propri bambini le cure migliori di cui dispone.
La Commissione sta dimostrando di poter essere un “donatore stabile” nel rispetto delle sue funzioni. Ora la palla passa a noi Enti che siamo chiamati a dimostrare come 20 anni di esperienza nel settore non si possano ridurre a una quarantina di boccheggianti agenzie intermediarie per le adozioni.
Cinzia Bernicchi, staff di Presidenza di Ai.Bi.
Nella presentazione del nuovo bando per i progetti di cooperazione avvenuta mercoledì 23 giugno, la Commissione per le adozioni internazionali ha auspicato una sempre maggior collaborazione tra gli enti autorizzati: l'invito della CAI è quello di avere un numero sempre maggiore di enti che, insieme, presentino dei progetti verso un determinato Paese.
Dire che "l'unione fa la forza" può sembrare scontato, ma di fatto è la verità, visto anche come la cooperazione risulti essere il fiore all’occhiello del nostro sistema e come questo bando punterà molto sulla qualità degli interventi che verranno presentati.
La novità messa in campo riguarda in particolare il nuovo sistema per la presentazione stessa dei progetti, per la rendicontazione e per il monitoraggio, che vedrà la maggior parte della documentazione presentata in formato digitale, semplificando e accelerando l’intera procedura.
A dimostrazione di quanto sia ritenuto importante da tutti gli attori del sistema credere in una cooperazione di qualità, che possa sostenere e superare quelle gravi difficoltà che l’infanzia in difficoltà purtroppo vive nei vari Paesi, c'è l'investimento fatto che ha raddoppiato lo stanziamento dell’anno scorso. Gli enti autorizzati, da parte loro, hanno già iniziato a confrontarsi per individuare come e dove presentarsi, così da ottimizzare risorse e obiettivi e rendere davvero efficace questa importante occasione.
Foto Unsplash
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