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Cooperazione allo sviluppo nella legge di bilancio: com’è andata a finire?

L'Italia è ancora lontana dal dedicare lo 0,70% del reddito nazionale lordo agli aiuti pubblici e alla cooperazione allo sviluppo. Ci fermiamo appena allo 0,32. Ma vi è la percezione che ci sia da parte di molti esponenti del Parlamento e del Governo una maggiore attenzione verso questo impegno improcrastinabile del nostro Paese

di Ivana Borsotto

Lo scorso 30 Dicembre è stata approvata dal Parlamento la Legge di Bilancio 2024-2026, la seconda adottata dal Governo presieduto da Giorgia Meloni, la prima della quale l’Esecutivo ha avuto la piena responsabilità sull’intero ciclo. Bilancio che, come sempre, è un documento fondamentale che definisce scelte e indirizzi del Governo e le risorse impegnate in tutto lo spettro delle sue attività, e quindi anche per la Cooperazione allo sviluppo. 

Ricordiamo che la Campagna 070 – promossa da Focsiv, Aoi, Cini e Link 2007 con il patrocinio di ASviS, Caritas Italiana, Forum Nazionale del Terzo Settore e Missio e sostenuta dal Progetto Generazione Cooperazione – è finalizzata a richiedere al Governo e al Parlamento italiani il rispetto dell’impegno assunto 53 anni fa in sede ONU, firmando la risoluzione ONU che vincolava i Paesi sviluppati a dedicare lo 0,70% del loro reddito nazionale lordo agli aiuti pubblici e alla cooperazione allo sviluppo con i Paesi meno sviluppati. L’Italia ribadì questa responsabilità aderendo all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, adottata all’unanimità dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite nel 2015. Tuttavia, gli investimenti del nostro Paese per la Cooperazione internazionale allo sviluppo rimangono ancora lontani da quell’obiettivo e sono insufficienti a fronteggiare le esigenze internazionali in termini sia di emergenze umanitarie che di politiche di sviluppo e ancora di impegno per il contrasto alle emergenze climatico-ambientali. Ora siamo appena allo 0,32%.

In questa prospettiva, nella citata sessione di Bilancio, come Campagna 070 si era proposto un emendamento non oneroso da inserire come articolo 30 nella Legge 125/14, che disciplina la cooperazione internazionale per lo sviluppo del nostro Paese. In tale articolo si riportava l’indicazione di un percorso verso quel traguardo “[…] di graduale adeguamento e indica gli stanziamenti che saranno inseriti nelle previsioni del Bilancio annuale e pluriennale dello Stato, per ciascuno stato di previsione della spesa dei Ministeri interessati, a partire dalla Legge di Bilancio 2025.” 

Questa proposta da un lato rafforzava quanto già indicato dalla Legge, ma riallineandola ai nuovi obiettivi internazionali, dall’altro obbligava l’Esecutivo, sin dal prossimo anno, a prevedere una programmazione graduale e vincolante per il raggiungimento dello 0,70% del reddito nazionale (rnl) per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (aps) entro il 2030. 


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Sebbene si sia ancora ben lontani dagli obiettivi della Campagna stessa, avviata due anni orsono, vi è la percezione che ci sia da parte di molti esponenti del Parlamento e del Governo una maggiore attenzione verso questo impegno improcrastinabile del nostro Paese, già inserito in Agenda 2030 e sistematicamente riconfermato in alcuni summit internazionali. Nonostante ci sia stata la dichiarazione di inammissibilità formale di questo articolo e quindi il respingimento dell’emendamento in sede di ratifica della Legge di Bilancio da parte del Consiglio dei Ministri, l’articolo e l’emendamento sono stati oggetto di una positiva discussione sia tra i Capigruppo parlamentari di maggioranza e di opposizione che in sede governativa. Per di più, la Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato, nella Relazione sul Bilancio di previsione dello Stato 2024, ha richiesto che si “valuti l’opportunità di programmare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, un aumento graduale e di lungo periodo delle risorse complessive destinate alla cooperazione e allo sviluppo al fine di consentire, in un arco temporale definito, il pieno riallineamento dell’Italia agli impegni internazionali assunti in materia”.

Il Parlamento, inoltre, ha approvato la mozione presentata dalla maggioranza sulla COP28, svoltasi a dicembre scorso a Dubai, che impegna il Governo ad “adottare iniziative per il raggiungimento dell’obiettivo di una quota pari allo 0,70 % del Pil in aiuti allo sviluppo, destinando il 50% di queste risorse alla lotta per il cambiamento climatico”.

Tutto ciò è il primo tangibile risultato istituzionale del percorso avviato, in questi 24 mesi di Campagna, di dialogo con le Istituzioni e con le Rappresentanze politiche, finalizzato a definire a livello legislativo misure atte ad assicurare l’aumento delle risorse per l’Aiuto per lo Sviluppo (Aps), più che mai necessarie per far fronte alle crescenti sfide internazionali e alle cosiddette policrisi, dalle povertà alle disuguaglianze, dalle pandemie alle conseguenze del cambiamento climatico e delle guerre. 

Ed è anche il concreto e positivo esito delle molteplici iniziative di sensibilizzazione e advocacy realizzate da decine di Associazioni e Reti della società civile italiana, come i numerosi convegni nazionali e locali con la folta presenza di cittadini e giovani, l’interlocuzione con gli Enti locali, l’inserimento negli ordini del giorno approvati da Consigli comunali, le attività informative nelle scuole, i corsi per i crediti di formazione per giornalisti, i flash mob, gli articoli, le interviste e gli appelli e le richieste portate avanti anche grazie al Progetto Generazione Cooperazione, finanziato da Aics – Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Sicuramente c’è ancora tanta strada da fare, ma molti passi sono stati compiuti.

In tal senso il webinar “La Cooperazione e l’Aiuto allo Sviluppo nella Legge di Bilancio: com’è andata a finire?” organizzato dalla Campagna 070, appuntamento al quale hanno partecipato la Senatrice Stefania Craxi, Presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato, il Senatore Alessandro Alfieri, Capogruppo del Pd della Commissione Affari e Difesa del Senato, e il Cardinale Matteo Zuppi, Presidente Cei – Conferenza Episcopale Italiana. 

La presidente, Senatrice Stefania Craxi, ha sostenuto che vi sia la necessità di chiedere all’Unione Europea che i fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo, ad iniziare da quelli dei progetti europei, siano scorporati dal conto del rapporto tra deficit e Pil dei singoli Stati. Non solo, in quanto la stessa Commissione ha «impegnato il Governo ad aumentare il volume destinato alla cooperazione allo sviluppo di anno in anno» e ha evidenziato come l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo nel 2024 sia stato limitato allo 0,32%. Dato che, secondo la Senatrice, è ancora gravemente insufficiente alla luce delle «scelte drammatiche» necessarie a livello internazionale, per rispondere ai «bisogni sociali» e per il «supporto alla crescita economica».


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Altra questione affrontata nel Webinar è stato il Piano Mattei, che, secondo la Campagna 070, potrà essere valutato positivamente solo quando saranno resi noti contenuti operativi e linee guida principali. In questa prospettiva è importante, in primo luogo, dare vita a un sistema equilibrato di programmi e di progetti che distingua tra cooperazione allo sviluppo in senso specifico – quella riconosciuta dalla Legge 125/2014 come “parte integrante e qualificante della politica estera dell’Italia”  – e la promozione economica, quella delle esportazioni e degli investimenti, così come tra tutela dell’ambiente e adattamento ai cambiamenti climatici e l’approvvigionamento e “sfruttamento sostenibile” delle risorse naturali, come oggi indica il Piano Mattei. E deve essere evidente la consapevolezza che lo sviluppo non può fondarsi solamente sul capitale economico, ma necessita di capitale umano, di capitale relazionale e di capitale sociale ed istituzionale. 

E che è necessario sostenerne le politiche attuative con un budget adeguato, a partire dall’impegno dello 0,70%, corrispondente a circa 13 miliardi di euro annui, ed inaugurare una nuova stagione di politiche di sviluppo dell’Europa verso il Mediterraneo e l’Africa. La portata della Cooperazione italiana e del Piano Mattei potranno essere pienamente efficaci se coordinate con gli strumenti e le risorse comunitarie. Considerata la vastità dell’obiettivo è inimmaginabile che l’Italia da sola ce la possa fare. 

Secondo il Senatore Alessandro Alfieri, Senatore del Partito Democratico e Vicepresidente della Commissione Esteri e Difesa del Senato, per realizzare il Piano Mattei per l’Africa è fondamentale il contributo delle organizzazioni della società civile. In tal senso, ha proseguito il Senatore, si è lavorato con il Governo, affinché ammettesse nella Cabina di Regia le rappresentanze delle ong, capaci di coadiuvare e costruire insieme un progetto che sia “multidimensionale”.

D’altro canto il Cardinale Matteo Zuppi, Presidente della Cei – Conferenza Episcopale Italiana, ha sottolineato come ci sia la necessità, soprattutto, che si guardi al contenuto oltre al contenitore, evidenziando l’impegno della CEI nel dar credito al Piano Mattei anche come “un banco di prova”. Ci si deve porre “nello spirito della cooperazione” facendo diventare questa come “uno strumento verso il quale trasferire preoccupazioni e indicazioni e soluzioni concrete.” In particolare, “proviamo a mettere a fuoco cosa significa una cooperazione che tenga conto di queste preoccupazioni.” Sfuggire alla tentazione di “voler solo incassare risultati immediati” o di “posizionarsi piuttosto che trovare soluzioni”. E rivolgendosi al Governo si è appellato su come si debba “aiutare nel cammino dei prossimi mesi, per tradurre alcune di queste preoccupazioni in itinerari completi”. Il suo appello è che “su certi temi bisogna provare a sottrarsi alle inevitabili caratterizzazioni, a sfuggire alle polarizzazioni, lasciare a questi temi l’aspetto umanitario e al di sopra delle parti, di grande respiro, che è poi il modo migliore per affrontarli.”

Non si può pensare alla cooperazione allo sviluppo come ad un mero trasferimento monetario dall’alto in basso, che alla lunga può indurre dipendenza, una sterile assuefazione per chi dà e per chi riceve. Lo sviluppo, al contrario, è un insieme di investimenti concreti: nell’istruzione e nella formazione professionale, nell’accesso universale ai farmaci ed ai servizi sanitari, nella riqualificazione delle periferie urbane, nella disponibilità di acqua potabile, di elettricità e di servizi di telecomunicazioni e digitali, nella promozione della imprenditorialità locale in partenariato, nella cura dell’ambiente e delle risorse naturali, nei programmi di transizione green, nel superamento delle monoculture agroindustriali. L’Africa è un continente eterogeneo, composto da lingue, culture, storia, tradizioni, consuetudini diverse, che presenta diversità significative che richiedono letture non stereotipate e politiche multidimensionali. Vi è, quindi, la necessità di pianificare politiche e progetti su misura, coinvolgendo imprescindibilmente le giovani generazioni e la società civile africana, in primo luogo. E come Campagna 070 vi è l’impegno di monitorare affinché tali condizioni siano rispettate. 

Se i risultati prefissati dalla Campagna 070 non sono stati ancora raggiunti, il lavoro non si ferma, anzi eppur si muove. E in cantiere si sta prospettando anche l’ipotesi di promuovere un’iniziativa di Legge popolare. Il lavoro non ci manca. La tenacia nemmeno. I compagni di viaggio stanno aumentando. Di questi tempi, direi che non è niente male.

Ivana Borsotto, portavoce della Campagna 070

Credit foto Marco Palombi

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