Mondo

Cooperazione allo sviluppo e sicurezza, le nuove linee guida

Presentati dal ministro Paolo Gentiloni il Dossier e i Principi generali per la collaborazione tra Ong e MAECI: «Viviamo in contesti sempre più delicati e difficili ma alla complessità non si può rispondere con la rinuncia, con il tirarsi indietro».

di Vittorio Sammarco

“La sicurezza è una cosa seria”, e richiede risposte serie. Come quelle che, per garantirla agli oltre seimila cooperanti italiani nel mondo, si sono preoccupate di dare l’Unità di crisi e la DG per la cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale in collaborazione con le Reti di Ong AOI (http://www.ong.it ), CINI (http://www.cininet.org/), LINK 2007 (http://www.link2007.org/), praticamente quasi tutto il mondo italiano della cooperazione internazionale.

«Viviamo in contesti sempre più delicati e difficili», ha detto il ministro Paolo Gentiloni presentando oggi le nuove linee guida in apertura del Convegno alla Farnesina, ma «alla complessità non si può rispondere con la rinuncia, con il tirarsi indietro, perchè più che mai queste situazioni hanno bisogno sia dei governi che delle organizzazioni non governative». E aggiunge: «ancor meno possiamo accettare che chi svolge attività in queste aree ibride, possa essere considerato a livello mediatico, non un vanto di cui il Paese può essere orgoglioso, ma un'attività di cui gli italiani debbano vergognarsi e temere, degli irresponsabili. Per questo abbiamo il dovere (ed è un dovere condiviso) di ridurre l'area di scarsa responsabilità e di allargare quella della maggiore responsabilità. Questo non è un mondo che, pur animati dalle migliori intenzioni, si può esercitare un'attività di questo tipo senza professionalizzazione e responsabilità. E di professionalità, chi opera in questi territori, ne ha davvero tanta. Ma bisogna fare scuola in modo tale da essere esempio per tutti». Non abbiamo bisogno di eroi, insomma.

E il Dossier predisposto e i Principi generali per la collaborazione tra Ong e MAECI (il Ministero in sigla), vanno proprio in questa direzione.

Il Dossier contiene i “Suggerimenti per la gestione di rischi e la sicurezza degli operatori”. In quattro capitoli (Sicurezza personale; Norme di comportamento; Gestione delle crisi e Attività delle unità di crisi), ci sono numerose e preziose indicazioni su come comunicare, gli spostamenti, la prevenzione su casa, albergo, lavoro nei campi e i comportamenti da evitare (abbigliamento, foto, alcol, relazioni sessuali e precauzioni igienico sanitarie; comportamenti da tenere in seguito a eventi pericolosi o calamità naturali). Ampio spazio a informazioni pratiche nel caso in cui si venga fermati da check point (regolari o irregolari); per evitare sequestri di persona e nel caso in cui si venga sequestrati; come instaurare rapporti con le famiglie dei rapiti; quelle per evitare aggressioni sessuali, o in caso d’incidenti stradali, e il supporto da dare alle vittime di violenze e traumi. Infine: Analisi dei rischi e Cosa fare in caso di emergenza, anche grazie all’aiuto di nuovi prodotti della tecnologia informatica, e una più stringente organizzazione (ogni Ong che opera in quelle situazioni dovrà avere un unico referente per la sicurezza, idoneo a interagire con le istituzioni locali e il Ministero).

I Principi rappresentano una sorta di Protocollo, o un Codice di autoregolamentazione a cui dovranno attenersi le organizzazioni che aderiscono. “Imparzialità, neutralità, non discriminazione, indipendenza sono riferimento primario e costituiscono la premessa per la collaborazione con il Maeci” (anche per la futura partecipazione a eventuali gare per l’assegnazione di fondi). Ma soprattutto, è stato ribadito, per non dare ai Paesi ospitanti in alcun modo l’idea che l’attività di cooperazione venga fatta solo per aiutare parte della popolazione, o, peggio, con secondi fini. Proposta aperta (s’invitano le singole Ong ad aderire mediante la registrazione sul sito www.dovesiamonelmondo.it).

E’ chiaro: l’osservanza dei codici e la maggior attenzione non possono da soli assicurare l’incolumità, ma rappresentano validi strumenti per tutelare la sicurezza degli operatori e prevenire guai. Solo 2014 nel mondo, in 329 attacchi hanno perso la vita 120 operatori, 121 sequestrati e 88 feriti (fonte www.aidworkersecurity.org).

Eppure le Ong sono coscienti che spesso la loro è la sola presenza italiana nelle aree di emergenza umanitaria a soccorso delle vittime inermi, dei più vulnerabili, di quanti fuggono per salvarsi e salvare la propria dignità umana. E in questi giorni vediamo l’effetto critico provocato dall’aver abbassato l’attenzione dei governi in questo senso. I governi italiani hanno fatto progressivamente calare l’apporto del nostro Paese, assestatosi nell’anno passato su un misero 0,16% del Pil, quando l’Ocse chiede da tempo almeno di raggiungere lo 0,7%. Ma cresceremo ha detto di recente il presidente Renzi, diventeremo i quarti nella classifica europea (almeno lo 0,25?), e lo ha ribadito oggi il ministro Gentiloni: «l’impegno del governo all'incremento delle risorse verrà mantenuto a partire proprio dalla prossima legge di stabilità, e consentirà al nostro Paese di tornare nel gruppo di testa dei paesi che contribuiscono, cosa che la qualità della nostra cooperazione merita».

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