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Cooperazione allo sviluppo: 6 proposte per non abbandonare i beneficiari
«Sono ipotesi a portata di mano (alcune a costo zero), ispirate a un criterio di fondo: essere anticiclici, quindi pronti ad avviare misure che possano dare liquidità per dare continuità ai progetti. Che è il nostro scopo ultimo». L'intervento del segretario generale di Avsi
Mentre molti in questa stagione inedita si dedicano alla previsioni, noi di Avsi preferiamo investire energie in proposte operative, fondamentali per non far crollare il sistema della cooperazione allo sviluppo in Italia. Proposte a portata di mano, ispirate a un criterio di fondo: essere anticiclici, quindi pronti ad avviare misure che possano dare liquidità al nostro sistema, per sostenere i progetti e continuare a raggiungere i beneficiari con beni e servizi. Che è il nostro scopo ultimo. Le decisioni già prese dall’Agenzia italiana della cooperazione allo sviluppo in collaborazione con le ong , su estensioni, varianti e altri provvedimenti vanno nella giusta direzione, ma non bastano. Ci sono altre azioni che si possono mettere in campo. Provo a elencarne alcune sia di tipo gestionale, che economico.
Misure gestionali
- Nel primo ambito rientra la proposta di accelerare l’esame dei rendiconti che giacciono presso l’Aics di Roma o nelle sedi locali, in modo che possano essere effettuati più rapidamente i pagamenti che permetterebbero alle ONG di avere risorse (che spesso hanno anticipato) per continuare i progetti.
- Allo stesso modo si potrebbe accelerare il processo di valutazione delle proposte presentate alle call sia a livello centrale che periferico, in modo da garantire alle ONG assegnatarie l’utilizzo degli anticipi previsti per avviare i progetti.
- A questo si potrebbe affiancare il lancio adesso dei bandi (soprattutto a livello periferico) già in programmazione: considerato che in media ci vogliono un mese per la preparazione di una proposta (in molti paesi gli assessment si possono ancora fare) e un altro mese per la valutazione (che si può fare anche da remoto), i progetti potrebbero essere pronti per l’implementazione senza ulteriori ritardi proprio quando la fase acuta dell’emergenza del Covid-19 sarà superata.
Solo questi tre passi, che sono a costo zero, metterebbero in moto un circolo virtuoso con grande impatto positivo sul sistema.
Posso confermarlo per esperienza: ad oggi dei circa 120 progetti che abbiamo in corso, ne abbiamo sospesi solo 4 (sia in America Latina che in Africa e Medio Oriente); per tutti gli altri in alcuni casi stiamo orientando in modo nuovo alcune attività per fronteggiare la pandemia, in altri stiamo cercando soluzioni innovative (per esempio la formazione a distanza). In alcuni casi gli stessi donatori ci chiedono idee su come continuare le attività.
Misure economiche
- Per quanto riguarda le proposte di taglio economico, vorrei partire dal cofinanziamento Ong ai progetti Aics: l’ideale sarebbe che l’Aics stessa coprisse la quota residua della Ong, di fatto finanziando il progetto al 100%. Ma nel caso in cui questo non fosse possibile, rilancerei l’indicazione di Mario Draghi di annullare il debito privato: questo per noi vorrebbe dire che l’Agenzia accetterebbe che all’Ong- al netto di quello che ha già messo di risorse proprie nel progetto – venga cancellato il debito, o al limite che sia trasformato in un contributo valorizzato dell’ong, opzione che risolverebbe un problema economico e finanziario per le stesse ONG. La cooperazione norvegese sta già procedendo in questa direzione.
- A proposito poi del cofinanziamento Ong a progetti finanziati dalla UE, si potrebbe chiedere all’Aics di utilizzare una parte delle risorse che ha disponibili per i bandi ong 2019 e 2020 per coprire il cofinanziamento residuo delle ong italiane sui progetti in corso, e forse 10-15 milioni di euro potrebbero essere sufficienti. Il problema è come fare: servirebbe una procedura straordinaria che dovrebbe passare in comitato congiunto. Forse la modalità che tutelerebbe di più l’Aics e non sarebbe troppo invasiva per le ong potrebbe essere quella per cui l’organizzazione presenta il progetto in forma semplificata, allegando il contratto con la UE e l’ultimo rendiconto presentato (se il progetto è alla seconda o terza annualità) e chiede il contributo proprio residuo. Ma ci sono mille possibili strade percorribili, occorre rifletterci insieme e trovare quella più adeguata.
- Per favorire la liquidità del sistema, un ruolo importante potrebbe essere giocato dalla Cassa Depositi e Prestiti: potrebbe utilizzare una parte del fondo rotativo per anticipare – tramite prestiti – risorse alle ONG, sulla base dei progetti in essere a condizioni molto vantaggiose con piani di rientro molto lunghi; oppure potrebbe fornire garanzie alla banche che a sua volta possono anticipare i fondi alle ONG. In questo caso sarebbe necessaria una modifica all’articolo 26 delle legge 125, apportabile con un emendamento nel prossimo decreto.
A corollario di questa serie di proposte aggiungerei la necessità di sostenre la campagna di Vita per chiedere il pagamento del 5 per mille del 2018 e del 2019 va proprio in questa direzione: puntare a immettere liquidità nel sistema ed essere anticiclici.
Infine un appello alla “liberazione”: da settimane lo staff in Italia lavora in smart working e i flussi di scambi, azioni, meeting e progettazione non si sono fermati.
Ma da “smart” sta tramutandosi in “hard” working: poter ricominciare a riaprire i nostri uffici, recuperare la dimensione dell’incontro personale con tutte le misure di sicurezza necessarie, renderebbe il nostro lavoro più efficace. E di questo ora abbiamo estremo bisogno.
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