Economia

Cooperatives Europe. A Bruxelles uniti per contare di pi

A Manchester a novembre si chiude la costituzione del nuovo organismo rappresentativo del mondo cooperativo europeo. Il suo direttore ci spiega perché si tratta di una rivoluzione

di Paolo Manzo

Manchester, 9-11 novembre. Segnatevi sull?agenda luogo e data perché, se tutto andrà come previsto con l?approvazione dello statuto di Cooperatives Europe, presto parleremo di un ?dopo? e di un ?prima? Manchester per la cooperazione europea. Esagerato? Affatto e sono i numeri del nuovo organismo a confermarlo. Rainer Schlüter è da vent?anni uno dei leader della cooperazione del Vecchio continente: non c?è carica che questo 53enne tedesco, laureato in ingegneria, non abbia ricoperto nel settore. Oggi ha però accettato una nuova sfida, diventando direttore di Cooperatives Europe e, proprio in questa veste, lo abbiamo intervistato, chiedendogli di guardare, dal suo osservatorio privilegiato, al futuro della cooperazione in Europa. SJ: Il processo di costituzione di Cooperatives Europe terminerà a Manchester. Cosa manca ancora, a pochi mesi da quell?appuntamento? Rainer Schlüter: Innanzitutto il consenso generale di alcuni, perché c?è sempre un po? di resistenza al cambiamento, e le cose che facciamo muteranno la visione del movimento cooperativo mondiale. Con Cooperatives Europe abbiamo avuto l?intuizione di creare una grande organizzazione rappresentativa intersettoriale del Vecchio continente, che deve avere la sua autonomia perché il nostro mondo non è uguale in Africa, Asia, America ed Europa: abbiamo condizioni istituzionali e sociali molto diverse. SJ: Dopo Manchester sarete l?unico organismo rappresentativo a Bruxelles. Non crede che si tratti di una vera rivoluzione? Schlüter: Dal punto di vista dell?organizzazione orizzontale intersettoriale i rappresentanti saremo noi. Ma resteranno le organizzazioni nazionali ed europee settoriali per quanto concerne la rappresentatività verticale. Questa è un?integrazione tra la parte professionale – banca, agricoltura, consumo sociale ecc. – e la visione complessiva cooperativistica a livello europeo. SJ: Che prospettive vede per lo Statuto di cooperativa europea, operativo a partire da agosto? Schlüter: Lo Statuto è una dimostrazione pratica dell?importanza del muoversi congiuntamente. Per questo è nata Cooperatives Europe. SJ: Che cosa accadrà, secondo lei, ai paesi che non recepiranno la normativa dello Statuto? Schlüter: Che si creeranno cooperative europee nei paesi che, invece, lo recepiranno entro la sua entrata in vigore. SJ: Quali sono i paesi già pronti? Schlüter: Germania, Repubblica Ceca, Polonia, Belgio e Danimarca. SJ: Potrebbe accadere che grandi cooperative creino uno spin-off di cooperative europee per lavorare anche fuori dai propri confini? Schlüter: Certo, e alcune lo faranno laddove ci sono legislazioni nazionali favorevoli. È un elemento positivo perché farà iniziare una certa competizione tra sistemi nazionali. SJ: A suo avviso, oggi, qual è il sistema nazionale in Europa che favorisce maggiormente il sistema cooperativistico? Schlüter: Se guardiamo i numeri, i sistemi più avanzati sono Spagna, Francia, Polonia e, da quando ha rinnovato la sua legislazione, la Germania. Ma bisogna guardare anche alla storia e alla cultura, e da questo punto di vista il mondo latino, Italia compresa, è più avvantaggiato.


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