Welfare

Cooperative, quel che il governo finge di non sapere

Gli utili portati a riserva sono stati messi sotto tiro. Ma è un’idea punitiva e del tutto illegittima.

di Carlo Borzaga

L?idea di eliminare le agevolazioni fiscali previste per le cooperative, recentemente riproposta da Maurizio Leo, di Alleanza Nazionale, non è nuova. Prima che questo governo ci pensasse, la Confindustria aveva avanzato una simile richiesta, anche presso l?Unione europea, sostenendo che le agevolazioni previste dalla normativa italiana erano lesive del principio di concorrenza, poiché avvantaggerebbero, senza una precisa ragione, le cooperative. L?idea si è fatta strada soprattutto negli ultimi anni, dopo che la cooperazione, considerata tradizionalmente una forma di impresa poco più che marginale, ha ripreso a svilupparsi, soprattutto in alcuni settori, quali quelli dei servizi alla persona e alle imprese. Stando al dibattito e alle notizie di stampa, l?agevolazione più contestata è quella che riguarda gli utili destinati a riserva. Fino al 2002 essi erano intensamente detassati, dal 2002 l?accantonamento esente da tassazione è limitato al 39% degli utili non distribuiti. Sembra ora che il governo intenda continuare a tassare parzialmente gli utili accantonati sia per cooperative a mutualità prevalente che, in misura maggiore, per le altre cooperative (ancora sostanzialmente inesistenti). Una cosa molto logica I sostenitori della tesi favorevole alla tassazione degli utili accantonati a riserva affermano che anche le altre imprese accantonano una parte (o la totalità) degli utili, ma devono pagare ugualmente le tasse come se li distribuissero. Perché allora mantenere una diversità di trattamento che determinerebbe un ingiustificato vantaggio a favore delle cooperative? In realtà la ragione è molto semplice e precisa, almeno dal punto di vista della razionalità economica. Essa non va tuttavia ricercata in una generica ?funzione sociale? della cooperativa (spesso tutta da dimostrare) o nella sua vocazione mutualistica, e neppure nel fatto che gli utili accumulati contribuiscono alla crescita del patrimonio aziendale (succede lo stesso nelle spa e nelle srl). Piuttosto, ciò che non solo giustifica, ma rende del tutto logica e razionale la non tassazione degli utili non distribuiti, è il carattere di indivisibilità (per legge) della riserva creata dalle cooperative, che fa di questo tipo di impresa una ?non profit? a tutti gli effetti. Tra l?altro, questo obbligo è previsto solo dalla normativa italiana, visto che nella maggior parte degli altri Paesi esiste sì l?obbligo di creare una riserva, ma senza obbligo di indivisibilità. Cosa significa indivisibilità? Significa che tutti gli utili accantonati a riserva non possono essere distribuiti, né durante la vita della società, ai soci che restano o a quelli che lasciano la cooperativa, né in caso di suo scioglimento. In caso di scioglimento della cooperativa, il patrimonio accumulato (tutto, non solo la riserva indivisibile) fino al 1993 era destinato a ?beneficenza?, oggi deve essere devoluto ai Fondi mutualistici per lo sviluppo della cooperazione. Ciò, in concreto, significa che il socio che fonda una cooperativa e contribuisce con il proprio lavoro alla sua crescita, anche rinunciando ad appropriarsi degli utili (come potrebbe fare invece costituendo una srl o una snc), quando decide di licenziarsi o va in pensione può pretendere dalla cooperativa soltanto la quota di capitale sociale versata, eventualmente aumentata nella misura del tasso di inflazione. Se si guarda al problema da questa prospettiva, la differenza con il socio di una società di capitali è evidente. Quando questi decide di vendere le proprie quote, esse vengono valutate non al valore iniziale in qualche modo rivalutato, ma al valore finale, che corrisponde al valore economico-commerciale dell?impresa diviso per il numero di azioni o di quote. Ciò significa che, se gli utili eventualmente accantonati sono stati investiti correttamente, e hanno quindi fatto crescere il valore dell?impresa, il socio o l?azionista in uscita ricevono un ammontare comprensivo della quota parte degli stessi utili. Non solo. Se l?impresa di capitali ha avuto successo e il valore è cresciuto più del capitale complessivamente investito, il socio o l?azionista che lasciano ricevono un valore superiore (a volte anche molto superiore) a quello investito. Tassare un bene pubblico Tutte queste possibilità sono del tutto precluse al socio di cooperativa. Il patrimonio accumulato rimane di proprietà degli altri soci o dei subentranti e, più in generale, del gruppo sociale o della comunità locale cui la cooperativa appartiene. E in questo sta una delle componenti della funzione sociale delle cooperative. Questo e non altro giustifica la non tassabilità degli utili accantonati a riserva indivisibile e rende poco razionale ogni ipotesi di tassazione perché graverebbe su un bene pubblico. Si può quindi concludere che il governo italiano, probabilmente unico al mondo, è riuscito a tassare anche le non profit e vuole proseguire in questa direzione. Quanto fin qui affermato vale ovviamente solo per le cooperative per le quali è previsto il vincolo di indivisibilità della riserva, non per le altre. Secondo il nuovo ordinamento, questa particolare agevolazione fiscale dovrebbe essere quindi limitata alle cooperative a mutualità prevalente. Le altre, avendo solo l?obbligo di costituire ed alimentare la riserva, ma senza che questa abbia carattere di indivisibilità, dovrebbero essere tassate come le altre imprese. Ma per ora si tratta solo di un?ipotesi teorica, visto che di queste cooperative non mi pare che ne siano già state costituite.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA