Economia

Cooperative, le banche alzano lo spread

La denuncia dal rapporto congiunturale di Confcooperative. Rallentano le richieste di rientro, aumenta la domanda di prestiti, ma gli istituti hanno appesantito le garanzie richieste. Il commento di Maurizio Gardini

di Redazione

«Il 2012 si chiude in affanno e l’orizzonte della ripresa si sposta ancora in avanti. La liquidità peggiora per: 4 cooperative su 10; 5 su 10 lamentano un aumento dello spread nell’accesso al credito; 6 su 10 non prevedono crescita della domanda; 9 su 10 non prevedono miglioramenti del contesto macroeconomico». È il commento di Maurizio Gardini, neo presidente di Confcooperative, ai principali indicatori emersi dalla XXIII indagine congiunturale sulle imprese aderenti, realizzata dal Centro Studi Elabora.

Il 33,8% dei cooperatori si dichiara stremato dai mancati incassi e dai ritardi nei pagamenti (percentuale che raggiunge il 50,5% nella cooperazione di lavoro e servizi). La liquidità è peggiorata per il 40,8% delle cooperative, è rimasta uguale per il 51%, è migliorata solo per l’8,2%.
Invece sul fronte del credito bancario, si attenua l’onda lunga delle richieste di rientro da parte degli Istituti di Credito. Tuttavia, a fronte di una ripresa della domanda di nuovi prestiti bancari, le condizioni di offerta permangono sempre scoraggianti, rigide e selettive. Il 52,7% dei cooperatori che ha ricevuto un prestito negli ultimi quattro mesi del 2012 ha segnalato un rialzo dello spread applicato dalle banche e il 34,6% ha registrato un appesantimento delle garanzie richieste.

Il fronte di Bruxelles
Lo stesso Gradini aveva commentato con toni molto severi l’accordo raggiunto a Bruxelles. ““Un brusco passo indietro: il virus dell’austerità che sta colpendo gli economisti di mezzo mondo ha infatti costretto a ridurre, per la prima volta nella storia d’Europa, la spesa programmata per il 2014-2020 di oltre 40 miliardi rispetto al periodo precedente. A prevalere sono state logiche nazionaliste: ogni paese ha portato a casa un pezzo d’Europa per esporlo gratuitamente all’elettorato nei prestigiosi musei delle loro capitali. Nessuno è arrivato a Bruxelles per rafforzare l’Unione. Ora dovremmo tutti fermarci a interrogarci su dove ci condurrà la strada dell’austerità. Agli economisti vorremmo chiedere: in quali paesi l’austerità ha dimostrato di funzionare? Forse in Irlanda? Nel nostro? In Grecia? A noi non risulta. È forse davvero arrivato il momento di iniziare piuttosto a preoccuparci del vero problema delle nostre economie, che è la disoccupazione, salita a livelli intollerabili, che si combatte solamente con maggiori investimenti in grado di creare sviluppo». Nonostante questo qualche decisione positiva è stata comunque presa: si è cercato di razionalizzare la spesa, mantenendo ad esempio i costi di amministrazione dell’Unione in linea con l’inflazione, aumentando il livello di competitività di oltre 30 miliardi e salvaguardando, seppure in minima parte la spesa per il secondo pilastro della Pac (Politica Agricola Comune), quella che finanzia lo sviluppo.


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