Economia
Cooperative: la metà rischia di non sopravvivere
Ad evidenziarlo l'analisi di CFI-Cooperazione Finanza Impresa. Il 72% delle cooperative , (fonte Swg-Legacoop), indica una sostanziale riduzione dell’attività; 3 aziende su 4 la considerano quella attuale una crisi grave e di lunga durata con un profilo più pessimista della media degli italiani. La metà delle imprese afferma di aver riscontrato grandi difficoltà nel pagare gli stipendi
di Redazione
Un 2019 all’insegna della transizione e un 2020 carico di incertezze per il futuro, caratterizzato da un forte grido dall’allarme del mondo cooperativo. È all’interno di questa cornice che si è svolta l’assemblea dei soci di CFI-Cooperazione Finanza Impresa, per la prima volta in videoconferenza nel rispetto delle misure anti-Covid. L’anno passato è stato contrassegnato dal raggiungimento di alcuni importanti obiettivi, che hanno permesso a CFI di rafforzarsi e assumere ancora di più il ruolo di agenzia di sviluppo e promozione della cooperazione, aprendole nuove opportunità. La società è diventata così un investitore istituzionale specializzato, in grado di gestire direttamente le risorse che il pubblico destina alla promozione dell’impresa mutualistica.
La crisi delle cooperative e i settori più colpiti
Il 2020 è un anno cruciale, anche e soprattutto per l’emergenza economica derivata da quella sanitaria per il Covid-19. Il mondo delle cooperative lancia un Sos. Il 72% delle cooperative , (fonte Swg-Legacoop), indica una sostanziale riduzione dell’attività; 3 aziende su 4 la considerano quella attuale una crisi grave e di lunga durata con un profilo più pessimista della media degli italiani. La metà delle imprese afferma di aver riscontrato grandi difficoltà nel pagare gli stipendi.
Le maggiori criticità si riscontrano nel Sud Italia. I problemi principali emersi riguardano: la liquidità a breve termine, la riduzione di commesse e ordini e la difficoltà nel mantenere costante l’offerta dei servizi. I settori più colpiti sono il turismo, sociale, le costruzioni e il manifatturiero. Il 58% delle realtà indica un’immediata necessità di cassa integrazione. Più di un terzo delle imprese prevede una riduzione dell’organico. Un quadro, quindi, a tinte fosche provocato principalmente dalla forte caduta della domanda estera, dei flussi turistici internazionali e della domanda interna, dei redditi e dei consumi delle famiglie.
«Cfi era arrivata ai 35 anni della legge Marcora dopo il compimento di alcuni processi straordinari», ha affermato Mauro Frangi, presidente di Cfi, ad apertura dell’assemblea. «È stato un anno che ci ha consentito di raggiungere obiettivi che aprono alla società alcune opportunità. Solo per citare alcuni esempi, l’incorporazione di Soficoop, il perfezionamento dell’accordo con il Fondo Europeo degli investimenti, che ha permesso di ottenere un plafond di garanzie dell’80% sugli investimenti a sostegno del recupero di imprese in crisi e delle cooperative sociali, l’avvio della gestione del fondo Regione Basilicata per l’occupazione e lo sviluppo della cooperazione». «Questo ha permesso alla nostra, società», ha concluso Frangi, «di assumere un nuovo ruolo: un’agenzia di sviluppo e promozione dell’impresa cooperativa, un attuatore delle politiche pubbliche finalizzate alle promozione dell'impresa cooperativa e un investitore istituzionale in possesso delle competenze tecniche e finanziarie necessarie».
Le linee di intervento di Cfi
Lo scenario in cui CFI è chiamato a operare è profondamente cambiato rispetto a cinque mesi fa e ha imposto una completa revisione degli obiettivi. In questo contesto la Società ha deciso di mettere in campo un grande piano di investimenti di 44 milioni di euro per dare ossigeno alle realtà cooperative messe in ginocchio dalla crisi finanziaria. Un progetto che si svilupperà in due fasi: nei mesi giugno-agosto saranno deliberati interventi per 24 milioni a sostegno di un primo gruppo di quaranta imprese. Nella seconda fase, da settembre a dicembre, è previsto un secondo pacchetto di interventi per 20 milioni complessivi, destinato a sostenere progetti di riconversione produttiva e workers buyout, nella convinzione che il massimo degli sforzi debba essere fatto in questo secondo periodo per contenere gli effetti della crisi e contribuire a salvaguardare l’occupazione. Soprattutto le piccole e medie imprese, se non adeguatamente sostenute nella fase di ripartenza rischiano di vedere compromessa la continuità aziendale. CFI vede quindi la necessità di indirizzare velocemente e con modalità trasparenti risorse in contesti che permettano di ottenere rendimenti economici e sociali più elevati.
«Lo scenario in cui stiamo operando in questo momento di crisi è di grande incertezza e con evidenti segnali di recessione. In questo momento», ha affermato l’amministratore delegato Camillo De Berardinis, «occorre dialogare con le imprese e con i lavoratori, mettendo loro a disposizione competenze, assistenza e il massimo delle risorse disponibili, in tempi rapidi e con procedure semplici e trasparenti. Oltre al piano di intervento straordinario, continueremo a perseguire i nostri obiettivi prioritari: l’impegno per il recupero delle aziende confiscate, per il rafforzamento della cooperazione sociale, l’integrazione della gestione di fondi regionali con quelli della legge Marcora per migliorare le capacità di intervento sul territorio e sostenere la patrimonializzazione e lo sviluppo delle imprese».
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