Economia

Cooperative, artefici di sviluppo

L'intervento del presidente Marino all'assemblea annuale

di Maurizio Regosa

Si è svolta a Roma, l’assemblea annuale di Confcooperative (oltre 20mila imprese aderenti, più di tre e mezzo milioni fra soci e addetti, un fatturato che supera i 60 miliardi). Un appuntamento cui hanno partecipato circa 2500 fra cooperatori e delegati delle unioni provinciali e regionali, nonché i rappresentanti dei diversi settori (Federsolidarietà, Fedagri, la neonata Federsanità, Federcoopesca, FederCultura Turismo Sport, Federlavoro e Servizi, Federabitazione e Federconsumo). Un’occasione per fare il punto sulla situazione della cooperazione italiana nel contesto socio – economico attuale, confrontandosi con le istituzioni e le forze politico parlamentari e di governo. I lavori sono stati aperti dalla relazione del presidente Luigi Marino.

La relazione del presidente

Un intervento a tutto campo, quello di Marino, che ha affrontato tutti i nodi che riguardano il mondo cooperativo, partendo dagli effetti della crisi, che «morde, ma le cooperative non mollano sull’occupazione: nel 2009 gli occupati sono a + 2%. Ogni anno nascono 8.000 cooperative». Si è confermata così la tradizionale (e troppo misconosciuta) vocazione anticiclica: «due anni fa, all’apparire della crisi», ha spiegato il presidente, «avevamo invitato le cooperative a sacrificare gli utili, se necessario, ma a salvaguardare l’occupazione. Gli utili, nel biennio della crisi, si sono quasi dimezzati. Ci sono purtroppo gli effetti collaterali: meno utili, meno patrimonializzazione». «Chi ha denigrato e sparlato delle cooperative è servito. Le cooperative hanno svolto la funzione sociale tutelata dall’art. 45 della Costituzione ed operano effettivamente con finalità mutualistiche. Nelle cooperative aderenti a Confcooperative il livello medio di prevalenza mutualistica si assesta all’82%. Alle assemblee partecipa oltre la metà dei soci. E le cooperative con un tasso più elevato di mutualità e di forte partecipazione dei soci, sono quelle che crescono di più».

Alcuni temi affrontati

Oltre a molte questioni di interesse generale (la necessità delle riforme, il federalismo fiscale, il superamento della precarietà, ad esempio), Marino ha analizzato molte tematiche specificamente connesse al sistema Confcooperativo, alle sue necessità, alle sue priorità. Ecco alcuni passaggi.

Conti pubblici e giustizia sociale

«Il nostro debito pubblico va dimezzato.. avere conti pubblici in ordine, alleggerire il debito pubblico, contenere il disavanzo, è una condizione di giustizia sociale. È una necessità di protezione dei deboli… i giovani, gli anziani, specie non autosufficienti, e gran parte delle famiglie».

Le politiche di sviluppo

«Dobbiamo vivacizzare lo sviluppo, senza aumentare la spesa pubblica. Nessuno può risolvere il problema del nostro debito pubblico in una o due legislature: siamo sopra il 115% del PIL, lontanissimi dal traguardo di Maastricht (60% del PIL)… Solo una responsabilità bipartisan, che si prolunghi nel tempo, può vincere la partita del debito pubblico. Per questo maggioranza e governo debbono chiamare le opposizioni. E non tutte le opposizioni sono uguali. Ci sono in Parlamento forze propense a interloquire lealmente nel cantiere della responsabilità».

Crescita, equità sociale

«Ad alcuni gruppi sociali è chiesto meno che ad altri per superare la crisi. Sarebbe ragionevole chiedere un contributo maggiore a chi si è avvantaggiato di rendite finanziarie ed immobiliari. L’obiettivo è che i “ricchi” investano, spendano, concorrano attivamente a generare crescita. Anche quella contro l’evasione fiscale non è una battaglia che si vince in una legislatura. Esige un mutamento del costume e una maturazione etica nella società civile».

I ritardi della PA nei pagamenti

«Il fenomeno di malcostume quasi criminale dei ritardi di pagamento della Pubblica Amministrazione, si va estendendo a territori finora immuni e, come una pandemia, si è diffuso anche nei rapporti tra privati. Le cooperative sociali danno voce alla preoccupazione dei propri lavoratori e degli assistiti, che temono di essere le vittime predestinate di riduzioni di spesa nei servizi sociali. Ma ad essere colpite sono tutte le cooperative che hanno committenti pubblici».

Crisi, tempo delle riforme

«Discutiamo di politiche industriali, di liberalizzazioni e di privatizzazioni (evitando che monopoli privati sostituiscano monopoli pubblici). Affrontiamo il fenomeno della sottocapitalizzazione e del sottodimensionamento delle imprese italiane. Incoraggiamo il Ministro Sacconi a trasformare in interventi legislativi le proposte del Libro Bianco sul futuro del Welfare, rispetto al quale confermiamo sintonie e aspettative dichiarate un anno fa».

La Banca del Mezzogiorno

«La necessità di infrastrutturare il Mezzogiorno resta una priorità. Il funzionamento delle Pubbliche Amministrazioni e il rispetto della legalità restano il cuore del problema. Spetta allo Stato sanzionare. Spetta ai partiti suscitare la qualità della classe dirigente. Spetta agli attori sociali far crescere, far integrare, far connettere tra le loro le imprese. Alla Banca del Mezzogiorno attribuiamo soprattutto un significato: rilanciare come protagonisti nel mondo del credito gli imprenditori e le comunità locali del Mezzogiorno».

Ue contro le cooperative

«Apprezziamo il leale e intelligente sostegno del Governo italiano circa il contenzioso presso l’Unione europea sull’ordinamento cooperativo italiano. Un’amara considerazione: se riflettiamo sui drammatici avvenimenti che hanno scosso l’Europa, sulla responsabilità degli Stati, delle istituzioni finanziarie e bancarie e poi sulle vicende che interessano le cooperative, si può a ragione dire che Bruxelles è debole con i forti e forte con i deboli».

Coop: ancora difficile il rapporto con il credito

«Le aspettative dei cooperatori sono orientate alla ripresa. La vedono lenta, graduale, con traiettorie differenti da settore a settore. Le aspettative a breve migliorano. La fiducia lentamente si risolleva. Il rapporto con il credito non si è normalizzato. Anzi costituisce tuttora una criticità diffusa per le piccole e medie imprese. La marginalità si è assottigliata – per esempio nella cooperazione di lavoro – in modo impressionante. Si soffre la debolezza della domanda e il sovradimensionamento della capacità produttiva. L’aumento dei costi non è trasferibile sui prezzi. Molte cooperative invocano una tregua salariale. La crisi grava meno su chi ha perseguito politiche di crescita dimensionale, su chi esporta, su chi è inserito nella rete associativa e si avvale di conoscenze e servizi. Guardiamo con fiducia al futuro delle cooperative che rappresentiamo».

Federsanità

«Nel 2010 abbiamo dato vita a una nuova Federazione nazionale, nel mondo della sanità. Cooperative tra medici, tra farmacisti, mutue sanitarie, cooperative di lavoro e sociali specializzate nell’assistenza primaria, protagoniste del nuovo welfare e della medicina del territorio. Altri vivai del futuro comprendono cooperative che operano nelle energie da fonti rinnovabili, cooperative di professionisti e di mestieri intellettuali (cioè cooperative della conoscenza), cooperative per servizi innovativi alle imprese e alle persone».

Cooperfidi Italia

«Abbiamo fuso nove confidi cooperativi regionali (insieme a Legacoop e Agci) in un Cooperfidi nazionale, che si rivolge già alla maggioranza della cooperazione italiana. E meraviglia noi stessi la fecondità dei settori cooperativi ultrasecolari: nascono nuove cooperative agricole e nuove cooperative di credito».

Rappresentanza e cooperazione

«Mentre ci inoltriamo nel secolo attuale dobbiamo anche scrivere nuove pagine nella storia del movimento cooperativo italiano. Sulla premessa di una piena autonomia, del rispetto dei valori fondativi di ognuno, dobbiamo riprovare a costruire nell’ambito del movimento cooperativo forme di collaborazione più stringenti e più potenti, come altri stanno facendo con Rete Impresa».

 Cooperative, artefici di sviluppo

«Nel nostro Paese c’è chi gioca nella squadra del declino e chi gioca in quella dello sviluppo. Noi siamo, e vogliamo essere artefici di sviluppo. È il dinamismo naturale della cooperazione. È l’impegno che sorge dal nostro legame con la dottrina sociale della Chiesa. L’Enciclica Caritas in Veritate ci ha ricordato che lo sviluppo non è un lusso ma un dovere. È così che in 10 anni le microimprese, in Confcooperative, sono scese dal 77% al 57%. Le cooperative esportatrici sono passate da poche decine a diverse centinaia. La composizione per genere (maggioranza di occupazione femminile), per età, per origine, sia dei soci, sia dei lavoratori, sia degli amministratori (più giovani di quelli delle società di capitali), è all’avanguardia nella modernizzazione della nostra società. Le cooperative riconducono il globale al locale, non delocalizzano, ma aprono al mondo il loro territorio. Legano il lavoro e l’impresa alla comunità locale e alla famiglia. Questa vocazione di sviluppo la mettiamo a disposizione di chiunque voglia fare impresa mutualistica. Noi siamo una parte coraggiosa e vitale che è sopravvissuta a dittature, a ubriacature capitalistiche, a strumentalizzazioni partitiche, a ripetute e gravi crisi economiche, sempre crescendo e mai arretrando. Questo è il nostro lievito per contribuire ad un futuro di sviluppo».

 

 

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