Economia

Cooperative all’anno zero

Il 95% delle cooperative della zona dell'Aquila sono ferme. Dalla voce di un protagonista, ecco come ci si prepara a ripartire. E a essere parte attiva della ricostruzione

di Lorenzo Alvaro

«La situazione delle cooperative aquilane è drammatica. Grossi danni sia strutturali che ai mezzi hanno di fatto azzerato le possibilità lavorative». Alfonso Cornelii, presidente di Federlavoro e Servizi Confcooperative Abruzzo, racconta come il terremoto abbia  reso tutti di sorpresa e impreparati ad una situazione d’emergenza. Nonostante le difficoltà però, grazie anche agli aiuti di Confcooperative si cerca di reagire. La priorità è riuscire a ristabilire le connessioni e far ripartire la macchina ma sempre con uno sguardo al futuro, con la speranza di poter avere un ruolo di primo piano nella ricostruzione post sisma.


Vita: Qual è la geografia delle cooperative a voi associate nella zona. Quante sono e  di cosa si occupano?
Alfonso Cornelii: Confcooperative Abruzzo ha 30 cooperative aquilane associate colpite dal terremoto. Ci sono cooperative di servizi, cooperative di produzione lavoro e cooperative sociali di tipo A e B.
Vita: Che danni hanno subito e qual è la situazione lavorativa?
Cornelii: I danni dovuti al sisma sono di varia natura. I danni dipendono dal tipo di attività e di situazione. Per chi aveva stabili di proprietà sono per lo più strutturali agli edifici mentre per chi aveva sedi non proprie i danni sono ai macchinari o ai mezzi. Attualmente le attività delle cooperative locali, che lavoravano nella conca aquilana, sono ferme al 95 per cento. Il bacino d’utenza di queste cooperative è tutto nella zona colpita che va da Montereale a Molina e Capestrano. Lavora solo chi per fortuna ha contatti esterni o a Pescara o nel Lazio. Qui da noi è tutto fermo.
Vita: Quali sono le problematiche principali da gestire?
Cornelii: Le problematiche principali sono di tre tipi: logistiche, di personale e sulla gestione delle nuove attività. Logistiche perché non abbiamo basi dove portare avanti le attività o semplicemente per comunicare. Sui dipendenti c’è grossa incertezza, non sappiamo come comportarci perché l’unica possibilità allo stato attuale è la cassa integrazione. Infine per le nuove attività la difficoltà è proprio capire come muoverci. La verità è che non eravamo preparati ad una situazione del genere. Non abbiamo mezzi per reagire e abbiamo difficoltà a trovare interlocutori.
Vita: Ma che tipo di strategie state pensando per trovare una risposta a queste difficoltà?
Cornelii: Ci siamo immediatamente rivolti a Confcooperative, che dobbiamo ringraziare per tutto quello che sta facendo e per la prontezza, che ci aiutato ad allestire in un’area un campo privato in cui sono presenti tutte le cooperative operanti nel territorio. Ci sono sette container, abbiamo i servizi primari grazie alla Protezione Civile come acqua, luce e telefono e da oggi siamo operativi. Dunque possiamo perlomeno comunicare con gli enti con cui normalmente abbiamo a che fare come Inps, Inail, Banche, Poste e Comune.
Vita: Dal momento che ad oggi state riuscendo ad avviare una certa organizzazione pensate ad avere un ruolo nella ricostruzione?
Cornelii: Certo noi vorremmo essere attori protagonisti della ricostruzione sia come Confcooperative per quanto riguarda le nostre competenze locali che sono per lo più di servizio, ma anche a livello regionale con le nostre cooperative edilizie. Prima di tutto però i nostri sforzi continueranno ad essere rivolti al garantire ai nostri associati una situazione il più possibile vicino alla normalità.


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