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Cooperative/1: ai ferri corti con tremonti
Il ministro dell'Economia è sceso in campo con un decreto per anticipare gli effetti fiscali della riforma. Marzocchi: «Si vuole marginalizzare la cooperazione»
Dopo una calma apparente, il mondo cooperativo è di nuovo in fibrillazione. Lo scorso 15 novembre, il ministro Giulio Tremonti ha presentato il testo di un decreto esplosivo, volto ad anticipare gli effetti fiscali della riforma del diritto societario sulle cooperative. Un provvedimento che dovrebbe entrare in vigore entro l’1 gennaio 2002 e che fissa un rigido sistema di parametri per distinguere le cooperative che continueranno a godere di agevolazioni fiscali da quelle che dovranno sottomettersi a un regime fiscale non agevolato. «Siamo di fronte al tentativo di marginalizzare la cooperazione in modo ormai indiscriminato» commenta Franco Marzocchi, presidente di Federsolidarietà. E il professor Stefano Zamagni, che è stato tra i firmatari dell’appello per la cooperazione, aggiunge: «Questa riforma imposta dall’alto penalizza a priori le cooperative di grandi dimensioni. Un sistema inaccettabile in una società che vuole dirsi liberale».
La commissione Vietti è sempre al lavoro, nessun cambiamento sul fronte civilistico: la distinzione tra cooperative “costituzionalmente riconosciute” e non riconosciute, verrà fatta. Però, in attesa che i decreti delegati vengano scritti e approvati, il ministero dell’Economia rilancia, e prepara un decreto di tre paginette in cui si anticipano gli effetti fiscali della riforma. In poche parole, le cooperative verranno prima tassate e poi qualificate. Confcooperative, che per tutto il periodo del dibattito parlamentare sulla legge delega (366/2001) aveva assunto una posizione di mediazione, ora non nasconde la preoccupazione e lo scoraggiamento: «Non si comprende il perché di tanta fretta, né i motivi per cui il ministro Tremonti abbia deciso di anticipare una parte della delega» dice Franco Marzocchi, presidente di Federsolidarietà, l’anima sociosanitaria di Confcooperative. «A meno di non individuarli nella necessità di raccogliere soldi per l’imminente varo della Finanziaria. Comunque sia, questo provvedimento svuota il lavoro che sta facendo la commissione Vietti, perché nel determinare i parametri fiscali cui assoggettare le cooperative, di fatto ne costruisce anche la definizione civilistica». E c’è di più: nella bozza del decreto Tremonti si stabilisce, ad esempio, che la condizione di prevalenza dell’attività della società cooperativa in favore dei soci (alla base del principio mutualistico) si realizza se l’ammontare complessivo dei ricavi nei confronti dei soci è superiore al 66 per cento del totale dei ricavi conseguiti. Questi e altri fissati nel provvedimento «sembrano quasi fatti apposta per far rientrare il minor numero possibile di cooperative nell’alveo della protezione costituzionale» continua Marzocchi, «Basti pensare che persino le cooperative d’inserimento lavorativo, che esprimono tassi di solidarietà altissimi, con questi parametri finirebbero per risultare non mutualistiche».
Assolutamente contrario a distinzioni facili e indiscriminate anche il professor Zamagni: «Sembra che la filosofia di fondo sia quella di punire le grandi cooperative e lasciar vivere solo quelle piccole» commenta. «Una linea inaccettabile, perché in Italia c’è bisogno di cooperative, grandi e piccole. Le forme degenerative ci sono, ma non si può scardinare tutto il sistema per eliminare una parte malata: su temi di questo tipo, sarebbe giusto dare spazio ai protagonisti, lasciare che siano le cooperative stesse a darsi delle regole». Sotto questo punto di vista, finora i passi mossi dal governo sembrano andare nella direzione contraria. Ora il decreto è sul tavolo del Consiglio dei ministri e dovrà essere discusso a breve, presumibilmente entro l’approvazione della Finanziaria: «Se sarà approvato il testo in circolazione, non potremo che prendere atto di un attacco indiscriminato al mondo cooperativo, che va ben oltre le esigenze di mettere ordine nel sistema» conclude Marzocchi. (Be.Ve.)
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