Non profit

Cooperanti liberati: le prime parole

Jolanda Occhipinti e Giuliano Paganini erano stati rapiti il 21 maggio a 65 chilometri da Mogadiscio.

di Emanuela Citterio

“La mamma e’ l’unica che ci ha parlato, le ha detto che sta bene. Era lucido, sembrava tranquillo, per noi questa e’ la fine di un incubo lunghissimo, sono cosi’ felice che quasi non ci credo”. Lo ha dichiarato Valentina Paganini, figlia dell’agronomo di Pistoia liberato in Somalia, in un’intervista rilasciata al quotidiano la Repubblica. “E’ atterrato a Nairobi – ha raccontato Paganini – la mamma nemmeno si aspettava di sentirlo e invece l’ha chiamata alle cinque. Lei continuava a chiedergli ‘sei proprio tu, sei tu?’, non le pareva possibile. Ha spiegato di non poterle raccontare molto di più sulla sua situazione ma ha detto che arriverà qui da noi nel giro di pochi giorni”. “La linea del silenzio – ha aggiunto Paganini – è una decisione che abbiamo maturato insieme alla Farnesina, ci siamo completamente affidati a loro e la liberazione di mio padre dimostra che abbiamo fatto la cosa giusta. Non finirò mai di ringraziare la dottoressa Belloni, il dottor Romano e tutto il team che ha lavorato nel silenzio per ottenere questo risultato. Li ho sentiti sempre vicini, anche quando sono andata a Roma. Ci dicevano che era meglio non dare troppa pubblicità al rapimento, gli appelli che ho fatto sono sempre stati improntati solo alla richiesta di solidarietà. E anche quelli erano concordati con la Farnesina”

La liberazione

I due cooperanti  Jolanda Occhipinti e Giuliano Paganini, erano stati sequestrati lo scorso 21 maggio ad Awdhegle, 65 chilometri a sud di Mogadiscio. I due italiani sono già in volo per Nairobi (Kenya) in discrete condizioni fisiche.

Il Cins (Cooperazione Italiana Nord Sud), l’organizzazione non governativa per cui lavorano i due cooperanti, interpellato da Vita.it per ora preferisce non commentare la notizia. «Siamo molto felici che questa vicenda si sia conclusa in modo positivo» afferma Sergio Marelli, presidente delle ong italiane. «Le prime notizie ci dicono che i due cooperanti sono già in volo verso la capitale del Kenya. E’ presto per fare dei bilanci, per ora non possiamo che augurarci che sia tutto vero e che loro stiano bene».

Chi sono Giuliano e Jolanda

Giuliano Paganini si trovava in Somalia dai primi di marzo, ma non è nuovo a esperienze di cooperazione nel Sud del mondo: lavora in Africa dall’età di vent’anni. L’anno scorso è stato a Nairobi, in Kenya, sempre per un progetto di cooperazione agricola. A fine febbraio è rientrato in Italia e dopo una settimana, a marzo, è ripartito per la Somalia, dove da dottore agronomo si occupava di un progetto di studio genetico delle sementi e seguiva anche attività di formazione per le popolazioni locali. Quando è stato rapito sarebbe dovuto rientrare a Pistoia, dove vivono la moglie Fulvia (64 anni) e la figlia Valentina (30 anni).

Jolanda Occhipinti invece è originaria di Ragusa, ha 51 anni, è infermiera professionale ed era partita per la Somalia l’inverno scorso. La donna, che è sposata e ha due figli, nel 2007 è stata insignita del titolo di Cavaliere della stella della solidarietà italiana e, in Somalia, si occupa soprattutto dell’aspetto amministrativo del progetto.

I rapimenti degli ultimi mesi

Sono ancora 9 i cooperanti sotto sequesto oggi in Somalia, teatro negli ultimi due mesi di un susseguirsi di rapimenti e attacchi nei confronti degli operatori umanitari. Tra gli altri, sono ancora nelle mani dei rapitori i cinque operatori umanitari somali dell’organizzazione non governativa italiana Water for life (Acqua per la vita), fondata dal geologo italiano Elio Sommavilla, prelevati il 30 giugno scorso a Mogadiscio. «A Mogadiscio basta viaggiare su un’auto con il logo di un’organizzazione non governativa, com’era il caso dei collaboratori Water for life, per diventare immediatamente un bersaglio» dice dalla Somalia un operatore umanitario che chiede l’anonimato. «Spesso lo scopo è la richiesta di riscatto, e in Somalia un riscatto è anche 3mila dollari, dipende da chi ti rapisce». Un’ipotesi, quella del rapimento a scopo di estorsione, che si è fatta strada subito anche nel caso del rapimento dei due cooperanti italiani del Cins (Cooperazione italiana nord sud). Poi è calato il silenzio stampa, rischiesto dalla Farnesina, dal Cins e dai famigliari. Una linea che nel caso di Jolanda e Giuliano si è rivelata vincente.

 

 


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