Economia

Coop sociali, ecco chi pagherà davvero l’aumento dell’Iva

Se non verrà fatta marcia indietro da parte del Governo l'anno prossimo per anziani non autosufficienti, diversamente abili e minori sarà un disastro: 500mila di loro rimarranno senza servizi. Il quadro regione per regione

di Francesco Agresti

Novantunomila in Emilia Romagna, 80mila in Lombardia, oltre 70mila in Piemonte, 42mila nel Lazio fino ad arrivare, sommando i dati delle altre regioni, a 500mila in gran parte  anziani non autosufficienti, diversamente abili e minori.
Sono coloro che rischiano dal prossimo 1 gennaio di non avere più accesso ai servizi socio sanitari ed educativi garantiti dalle cooperative sociali a causa dell’aumento dell’Iva dal 4 al 10%.
 
A sostenerlo è l’Alleanza delle cooperative sociali che ha messo a punto una mappatura regionale dei tagli e delle persone a cui non potranno essere più garantiti i servizi (che potete scaricare in allegato insieme alla mappa degli utenti totali delle coopsociali). Tra le categorie di utenti a rischio ci sono 1 milione di anziani non autosufficienti e quasi mezzo milione disabili che oggi usufruiscono dei servizi delle cooperative sociali e dei consorzi. Ma l’impatto maggiore in termini numerici sarà, secondo le stime dell’Alleanza delle cooperative sociali, nei servizi all’infanzia. In molti casi le famiglie che compartecipano alla spesa dovranno fare i conti con un maggiore esborso di 50 euro in più l’anno per la retta dell’asilo.

«È necessario mantenere l'Iva per le prestazioni di servizi socio sanitari ed educativi resi dalle cooperative sociali al 4% abrogando i commi 488, 489 e 490 dell’art. 1 della legge di stabilità 2013», sostiene Giuseppe Guerini, portavoce dell’Alleanza delle Cooperative Sociali 
«L’unico effetto sarà quello di spostare risorse dagli enti locali alle casse statali, senza alcun vantaggio reale, riducendo del 6% le prestazioni di welfare territoriale che i Comuni oggi garantiscono. Gli enti locali, infatti con le medesime risorse del 2013, nel 2014 forniranno meno servizi sociali agli italiani. Saranno tagliati i servizi di inclusione sociale proprio alle fasce più deboli della popolazione: almeno 500.000 persone rimarranno senza servizi».


L’aumento dell’IVA dal 4% al 10%  si applicherebbe, infatti, alle prestazioni sociosanitarie ed educative rese dalle cooperative sociali in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale. Il provvedimento è stato assunto nella legge di stabilità 2013 ha previsto che a partire dal prossimo anno passi dal 4 al 10% l’aliquota IVA di asili, RSA, assistenza domiciliare, comunità per minori, centri per disabili gestiti dalle cooperative sociali.
 
«Un’operazione di mera tecnocrazia contabile sganciata dalla realtà» aggiunge Guerini, «se pensiamo che, quest’anno, l’Unione Europea varerà una riforma complessiva del regime Iva focalizzata proprio sui regimi degli enti pubblici e delle organizzazioni senza scopo di lucro e, quindi, bisognerà intervenire, nuovamente, a livello nazionale. Farlo ora, sbagliando, tra l’altro, aumenta il clima di incertezza».
 
«Le cooperative sociali e i Comuni», conclude Guerini «sono in prima linea nel fronteggiare le ricadute della crisi sui cittadini e nel garantire i livelli essenziali di assistenza territoriale». In Italia ci sono oltre 12.200 (+ 98.5% in 10 anni) che occupano oltre 365 mila persone (+130 in 10 anni%) con una media di 20.000 nuovi occupati l’anno. Con i loro servizi, raggiungono oltre 7 milioni di cittadini».
 
Il quadro dei tagli ai servizi che ne esce regione per regione sta togliendo il sonno a molti amministratori locali, già alle prese coi mancati introiti dell’Imu, e che ora si vedono portare via dallo Stato il 6% delle risorse sul welfare. Non a caso tra i primi a chiedere una revoca dell’aumento ci sono state le Associazioni dei Comuni di Lombardia, Piemonte e Veneto con un accorato appello a Parlamento e Governo.
Le regioni del Centro Nord sono quelle dove c’è una maggiore concentrazione di cooperative sociali e dove quindi si dovrebbero registrare i maggiori aumenti dei costi.
Tra gli interventi più a rischio ci sono quelli per l’inclusione e la coesione sociale destinati a chi ha più bisogno e spesso è escluso a tutte le altre reti di welfare. Proprio quei servizi essenziali di assistenza che dovrebbero invece essere garantiti a tutti i cittadini.
 

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