Non profit

Coop sociali a marchio doc

Un manuale per definire gli standard di qualità del Terzo settore. Rispettarli significa garantire un servizio a “regola d’arte”.

di Massimiliano Franceschetti

Sarebbe bello poter scegliere il servizio offerto da una cooperativa sociale con la sicurezza che sia più efficace ed economico di altri apparentemente simili. Così come è augurabile che vengano incrementate le stipule di convenzioni tra pubblica amministrazione e organizzazioni non profit ?doc?, scelte in base a un sistema di selezione diffuso per ora solo nel campo industriale.
Insomma, sarebbe bello poter progettare un futuro della solidarietà che partisse non dall?emergenza, ma dalla qualità e dalla soddisfazione dell?utente.
Ebbene, il sogno sta per diventare realtà. Entro i primi mesi del 1998 anche la cooperazione sociale avrà infatti il suo ?Iso? su misura, ovvero un insieme di parametri scientificamente determinati che misureranno la qualità dei processi e degli elementi che concorrono alla fornitura di beni e servizi alla persona.
A disegnare il progetto del marchio di qualità è stato il consorzio Solaris (Solidarietà e lavoro realizzano impresa sociale) delle Acli, che nei giorni scorsi ha ricevuto da Bruxelles un finanziamento di circa 2 miliardi nell?ambito dell?iniziativa comunitaria Adapt. Un?idea nata sull?onda di una direttiva comunitaria in vigore dal prossimo anno che obbligherà alla certificazione, così come già avviene in via sperimentale nella sanità, tutti i soggetti che offrono beni e servizi: coop sociali e organizzazioni non profit comprese.
La prima tappa a gennaio: Solaris produrrà per quella data un manuale sulla qualità che sarà il punto di riferimento per tutti i processi di certificazione. «Non solo», sottolinea Antonio Mazzarotto, amministratore delegato del Consorzio. «Cercherà anche di sensibilizzare gli enti locali, spesso orientati al ribasso nelle aste per appaltare i lavori, verso una maggiore considerazione degli aspetti qualitativi della produzione».
L?iniziativa punta anche sulla partnership con organizzazioni e associazioni internazionali per creare in breve tempo una società europea di certificazione attenta al non profit e capace di confrontarsi con il mercato. «I criteri di qualità avranno infatti valenza», continua Mazzarotto, «nella misura in cui saranno adottati da altre realtà e in altri Paesi, non solamente dalle nostre 150 cooperative su cui avvieremo la sperimentazione».
Quali saranno le regole da rispettare per una qualità ?solidale?? «Occorrerà fare attenzione alle dinamiche relazionali, ignorate in campo industriale, dove ciò che conta sono solo gli aspetti tecnici. E poi lavorare sui processi di lavoro, più che riflettere sui risultati».
La qualità della cooperativa potrà essere garantita e misurata, per esempio, dal numero di assemblee che si svolgono e quindi dal grado di democrazia interno, oppure dalla qualifica professionale degli operatori che vi lavorano. Ma anche dal modo in cui l?organizzazione seleziona il personale, dal tipo di remunerazione dello stesso, dalla genuinità dei pasti somministrati – per fare un esempio – agli anziani o ai portatori d?handicap assistiti.
L?iniziativa – assicura il consorzio Solaris – sarà adeguatamente supportata da un programma di costante informazione e, laddove necessario, da corsi di formazione e da consulenze mirate. «Tutte attività», precisa Antonio Mazzarotto, «che rientrano nei nostri compiti istituzionali».
Intanto sarà subito costituito un comitato scientifico internazionale che lavorerà per la messa a punto di modelli econometrici e di indici e standard qualitativi. ?

L?opinione di Andrea Petrucci

Il nodo è la trasparenza

Il tema della qualità è una sfida per il Terzo settore. Non so come si svilupperà il progetto del consorzio Solaris ma mi auguro che grande importanza sia data all?utente finale. Quando si parla di certificazione nella fornitura di beni e servizi sociosanitari alla persona occorre non pensare a schemi qualitativi rigidi, come quelli adottati in campo industriale, né inventare nulla di nuovo. Il punto di partenza è semplice: è il cittadino che deve poter scegliere, esprimere un giudizio positivo o negativo, eventualmente influenzare il lavoro futuro delle organizzazioni non profit. La qualità non può prescindere dal concetto di ?monitoring?, che precede la certificazione della qualità. Negli Stati Uniti ci sono appositi enti autonomi che vigilano e studiano l?operato degli attori sociali e fanno poi conoscere i risultati agli utenti, che quindi scelgono liberamente e con cognizione di causa. La definizione di qualità deve arrivare dall?esterno. Perché, per esempio, negare al cittadino di sapere il costo effettivo del servizio scelto? Prima di ogni altra cosa, quindi, pensiamo alla trasparenza.
segretario generale Summit della Solidarietà

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