Economia
Coop 29 giugno, «Confocoop si costituisca parte civile»
Parla Giuseppe Guerini, portavoce delle cooperative sociali italiane e presidente di Federsolidarietà: «Il danno reputazionale è enorme: questa è una vicenda da schifo». Buzzi? «Non l'ho mai conosciuto, ma che la sua coop fosse senza scrupoli era cosa nota»
di Redazione
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Di fronte «a questa vicenda provo schifo. Sì schifo non mi viene in mente altro termine se non questo». Giuseppe Guerini, portavoce dell’Alleanza della cooperative sociali italiane e presidente di Federsolidarietà-Confcooperative parte da qui commentando quella foto del 2010 (che campeggia su molte delle prime pagine di questi giorni) che ritrae il presidente della coop sociale 29 Giugno, Salvatore Buzzi a cena con, fra gli altri, Gianni Alemanno e Giuliano Poletti. «Quell’immagine, se vogliamo, è anche la raffigurazione del perché le nostre cooperative di Roma erano praticamente bandite. Ma non è questo il solo tema, trova altrettanto grave la mercificazione del lavoro sociale e il fatto che pare che quello stesso ambiente che lucrava sui campi rom si era reso protagonista di aggressioni e manifestazioni per provocare la "deportazione" dei Rom!»
E allora partiamo da Buzzi, lei l’ha mai conosciuto?
No, mai. Non sono uno che frequenta molto le cene e i palazzi romani. E forse questo, per qualcuno, non è un buon modo di fare rappresentanza. Oggi dico che invece è una forma di distinzione.
E della 29 Giugno, mai sentito parlare?
Le nostre "cooperativette sociali" (come le definiva qualcuno in modo sprezzante) di Roma e del Lazio me ne parlavano come di una realtà che faceva man bassa di commesse senza scrupoli: del resto un coop che in tre anni passa da 3 a 60 milioni di fatturato, qualche interrogativo lo genera.
Adesso sì, ma fino a ieri nessuno sembrava essersene accorto…
Un risultato della retorica di chi vuole spingere questo mondo verso i grandi numeri. Ci sono ormai realtà enormi con “filiali” distribuite in tutta Italia che gestiscono centinaia di servizi che poi ai dipendenti applicano il contratto della cooperazione sociale e ai dirigenti quello dell’industria. Ecco io dico che quella non è più cooperazione sociale. L’articolo 1 della 381 dice che «le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità». Dimensione sproporzionate sono inconciliabili con questo scopo. È venuto il momento di dircelo. E invece come ha notato anche Vita ci sono anche banche che cercano di proporre quello come modello di sviluppo.
E a chi dice di non fidarsi della teoria delle mele marce cosa risponde?
Che è un atteggiamento da qualunquismo di bassa lega, facile anche in questo caso dirlo dopo. Eviterei di sparare nel mucchio. Certo è che questa vicenda sta producendo un danno reputazionale molto rilevante. Per questo chiederò a Confcooperative di costituirsi parte civile nel processo.
Ritiene che anche da parte vostra, intendo da parte degli enti di secondo e terzo livello, ci sia stato un deficit di attenzione rispetto a certe dinamiche?
Sì, senz’altro. Qualcosa dovrà cambiare, penso per esempio a un codice dei comportamenti o all’introduzione dell’aggravante se certi reati come la corruzione vengono compiuti da imprese sociali piuttosto che da altre forme di impresa. Però stiamo attenti…
A che cosa?
Va bene mettere la lente di ingrandimento sulla cooperazione sociale, e questo può anche essere salutare, ma teniamo anche presente che in questo scandalo sono coinvolti – e in misura anche maggiore- amministrazioni pubbliche e imprese for profit. Ma non mi pare che finora nessuno sia andato a presentare il conto alle rappresentanze delle imprese pubbliche o private che siano.
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